Una storia dal sapore dickensiano, una bella fiaba che unisce l’affresco di vita di un villaggio di campagna insieme ad intenti etico-didascalici. Una di quelle che farebbe piacere ascoltare vicino ad un bel caminetto accesso in una sera d’inverno, magari in crepitante atmosfera natalizia, sotto l’ala rassicurante degli dei del focolare che tanta parte hanno avuto nelle alterne vicende del povero Silas Marner.
Marner abbandona il luogo dove è nato e cresciuto dopo essere stato accusato ingiustamente e a tradimento (perché proprio da parte di chi gli era più amico) di furto. Si sposta quindi in un’altra regione e arriva a stabilirsi a Raveloe che non è esattamente un posto arcadico, i cui abitanti sono poco socievoli e disposti ad accogliere tra loro sconosciuti e solitari forestieri.
Ma “Odiava il ricordo del passato; non v’era niente che lo muovesse a pensieri d’amore e di simpatia per gli estranei fra i quali era venuto a stabilirsi, e il futuro era solo oscurità, poiché non v’era amore invisibile che avesse cura di lui. La facoltà di pensare era impedita dallo smarrimento completo, ora che si era chiuso lo stretto sbocco dei pensieri, e ogni possibilità di affetto sembrava distrutta dal colpo che l’aveva stroncata”
Marner quindi, nella solitudine della sua casupola ai margini del villaggio, nei pressi di una cava, vive del suo lavoro al telaio e dei proventi ricavati da esso, unici suoi compagni. Ciò nonostante la sua esistenza è destinata ad intrecciarsi con quella dei figli dello squire Cass della Casa Rossa. Una sera Silas viene misteriosamente derubato di tutti i suoi denari e disperato per quello che gli appare un accanimento nei suoi confronti, cerca aiuto e solidarietà presso i compaesani che, riuniti alla taverna dell’Arcobaleno, decidono di promuovere un’inchiesta.
Proprio quando Silas sta per perdere ogni speranza ecco che l’oro gli viene restituito non sotto forma di monete ma di una cascata di riccioli biondi sulla piccola testolina di una bimba abbandonata. Diventerà lei la ragione di vita dello sfortunato tessitore e della sua salvezza.
Il lieto fine non riesce a dissipare del tutto le nebbie dei sacrifici e degli scotti pagati dalle cattive condotte; in definitiva però i buoni sentimenti intervengono a sanare le divergenze con il contributo pacificante dei semplici principi contenuti nella saggezza popolare.
Silas infatti trae molto più conforto e sollievo dai modi pacati e modesti di una brava donna, la signora Winthrop, sua aiutante nell’allevare la sua bambina, piuttosto che dagli opposti schieramenti in cui si divide il coro delle voci discordi nella taverna dell’Arcobaleno cui inizialmente si rivolge in cerca di una giustizia che gli uomini non sanno raggiungere.
Eh, ce ne son di guai in questo mondo, e ci sono cose che non si capiranno mai! E tutto ciò che dobbiamo fare è aver fiducia, mostro Marner: fare ciò che è bene secondo il nostro intendimento e aver fiducia. Perché, se noi che siamo tanto ignoranti, possiamo giudicare in parte ciò che è bene e ciò che è male, possiamo esser sicuri che c’è un bene e c’è un male, molto più grande di quanto possiamo immaginare: sento dentro di me che dev’essere così…
No, no, -la rassicurò Silas, -voi avete ragione, signora Winthrop, avete ragione. C’è del buono in questo mondo, ora lo sento; e questo fa pensare che possa esserci dell’altro bene che non si vede, nonostante i dispiaceri e le cattiverie. Quel tirare a sorte fu brutto, ma la piccina mi è stata mandata. C’è una certa considerazione per noi, sì, c’è davvero.
Quello che ci viene chiesto è un incondizionato atto di fede verso la generale compensazione di tutti i mali secondo un superiore disegno, accettato con fiduciosa speranza, che ristabilisca comunque il bene.
Utopistico sarebbe pensare, in un mondo governato dagli uomini, al riscatto dai torti subiti, ad una riparazione che sia terrena; ciò non toglie che la semplice accettazione del destino e delle sue apparenti incongruenze con rassegnazione quasi manichea, sia l’atteggiamento spassionatamente raccomandato.