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Corteggiando Jo March – Vintage Editore

Titolo: Corteggiando Jo March

Autore: Trix Wilkins

Editore: Vintage Editore

Traduttore: Daniela Mastropasqua

Pagine: 466

Trama

Jo March, scrittrice, sente di aver perso la sorella maggiore, Meg, da quando si è sposata. Lo stesso destino sembra dover toccare anche alle sorelle minori Beth e Amy, e persino al suo più caro amico, Laurie. Eppure, nonostante gli sforzi della prozia March, Jo è determinata a non rinunciare alla propria libertà per nessun essere mortale.

Theodore “Laurie” Laurence, è nato con un bell’aspetto, talento e ricchezza e Jo è convinta che avrà un futuro promettente di cui lei non farà parte. Ma è testardo come la stessa Jo e la ama dal primo momento che l’ha vista. Cosa toccherà fare a una donna che non vuole sposarsi né per amore né per denaro?

RECENSIONE

La storia del coraggio e del corteggiamento di Jo March.

Variazione molto romantica di Piccole Donne, il finale che abbiamo sempre sognato come lettrici e ammiratrici di Jo March.

Avvolte nella rassicurante atmosfera già conosciuta, pur tra qualche mash-up tra le citazioni, ritroviamo i personaggi cari con una loro personale evoluzione.

Beth, anche se sempre più sfortunata rispetto alle altre, ne esce valorizzata e dimostra una insospettabile forza di carattere e di reazione nelle prove più difficili che il destino comunque le riserva.

Amy e Meg rimangono più da contorno, i signori March addirittura da sfondo con qualche sporadico saggio intervento, mentre Jo diventa protagonista assoluta della sua storia d’amore e di scrittrice, con le idee sempre più confuse: molto, troppo indecisa.

Theodore Laurence subisce una maturazione per diventare un volitivo e propositivo uomo d’affari che non dimentica la sua passione per la musica.

Il nuovo connubio che caratterizza Corteggiando Jo March è proprio quello che lega indissolubilmente i libri alla musica, e individua nella bellezza dell’arte la ragione di vita da cui farsi indirizzare.

Una vera scoperta e una risorsa i Vaughn che rafforzano decisamente la loro tiepida comparsa precedente conquistando più di una posizione.

Il signor Laurence e persino la zia March appaiono nella loro versione migliore e sorprendono con un finale speciale e tutto per loro.

La new entry, Tommy Chamberlain, che da figlio del droghiere diventa promettente giornalista, si colloca a nuovo vertice del triangolo e scalza decisamente il prof. Bhaer per raggiunti limiti d’età.

Per essere stata sempre la ragazza che assicurava che non si sarebbe mai sposata, Jo March, una volta a New York, riesce a vedere la cose da un’altra prospettiva.

Corteggiando Jo March è la seconda possibilità che Louisa May Alcott non ha voluto dare ai suoi personaggi ormai imbrigliati nella rete del suo ostinato e ragionevole progetto.

Ci siamo sempre chiesti se il rifiuto di Jo fosse stato abbastanza convinto o che cosa sarebbe successo se Laurie ci avesse riprovato e questa volta abbiamo la risposta a tutte le nostre più segrete e romantiche speranze di vedere finalmente coronato quell’amore che sembrava destinato sin dall’inizio.

Ci sono quei momenti preziosi della vita in cui si è così completamente pieni di sicurezza e certezze negli affetti di una persona amata, quei momenti che costringono a compiere atti di coraggio che altrimenti non si sarebbero mai potuti immaginare. Per Jo, quello fu uno di quei momenti.

Le pagine perdute di Jane Austen

Tutti coloro che amano Jane Austen sanno che I Watson e Sanditon non sono nati sotto la stessa buona stella di Ragione e sentimentoOrgoglio e pregiudizioMansfield ParkEmmaPersuasione e L’abbazia di Northanger. In questo volume Romina Angelici ci presenta i due frammenti austeniani nell’eccellente traduzione di Giuseppe Ierolli, intervallandoli a parti di narrativa nate dalla sua penna. Le pagine perdute di Jane Austen è infatti un’opera in cui l’autrice immagina un potenziale finale per I Watson e una fittizia avventura di Jane Austen che sarebbe stata poi la fonte di ispirazione per Sanditon. Attraverso questo gioco letterario, Romina Angelici crea un collegamento tra i due romanzi incompiuti dando loro nuova linfa vitale. Omaggia così un’autrice immortale come Jane Austen e regala a ogni Janeite la possibilità di trascorre qualche ora nel mondo Regency rivivendo ancora una volta l’incanto austeniano.

Disponibile dal 1 aprile 2023

Ebook in offerta lancio € 1,99

Cartaceo a € 15,00

La sorella minore di Catherine Austen Hubback

Titolo: La sorella minore 

Autore: Catherine Austen Hubback 

Editore: Vintage Edizioni 

Volume Primo – Volume II 

Traduzione a cura di Maria Elena Salvatore 

Trama

Volume I

Cresciuta dai suoi ricchi zii, Emma Watson ha vissuto una vita molto diversa dalle sue sorelle e dai suoi fratelli. Ma dopo la morte dell’amato zio e le seconde nozze della sconsiderata zia, si troverà costretta a far ritorno nella più modesta casa paterna, dove avrà modo di conoscere la propria famiglia e confrontarsi con uno stile di vita e una mentalità completamente diverse dalle sue. In una famiglia di umili condizioni, in cui il matrimonio sembra essere l’unica speranza di salvezza per le sorelle, l’orgoglio di Emma non mancherà di creare stupore e ammirazione. La sua bellezza e il suo carattere deciso la metteranno fin da subito sotto gli occhi attenti dei giovanotti del circondario, arrivando a stuzzicare l’interesse anche dei membri della society. Ma se gli occhi possono essere accecati dal bagliore dello sfarzo, al cuore a volte basta un sussurro sincero per cedere definitivamente…

Volume II

Anche nel secondo volume di questa storia sarà la morte di un personaggio a rimescolare le carte e definire la sorte degli altri. La morte del vecchio Mr Watson, infatti, oltre a spezzare il cuore dei propri cari, porterà inevitabilmente a rivoluzionare il destino già incerto dei figli, in particolare quello delle quattro figlie ancora senza marito. Con la morte del padre, Emma rivive lo stesso dolore della perdita dell’amato zio e ne subisce le identiche drammatiche conseguenze. Ancora una volta tutto è destinato a cambiare e di nuovo nulla può essere certo per una fanciulla in età da marito che non è disposta a cedere al dovere e che reclama la propria indipendenza. In una società rinomata per le proprie rigide e insindacabili regole, però, potrà mai una giovane donna decidere del proprio destino con uno spirito d’indipendenza completamente sconosciuto all’universo femminile del tempo?

RECENSIONE

La sorella minore è la prosecuzione del frammento incompiuto I Watson di Jane Austen, da parte della nipote della stessa autrice. Come ben sottolineato nell’introduzione è esso stesso un pezzo di storia perché l’opera è stata scritta nel 1850 ancora prima che venisse alla luce il manoscritto tramite il pronipote James Austen-Leigh curatore del Ricordo di Jane Austen. 

La Casa Editrice Vintage dedica giustamente di rispettare la consueta suddivisione in tre tomi del romanzo, come già era avvenuto per le altre opere di zia Jane. Si tratta di una prosecuzione dell’incompiuto di Jane Austen, ma Catherine Hubback, proprio perché non ne esisteva ancora copia pubblicata, non riscrive i capitoli abbozzati, anzi, basandosi su quanto ha conosciuto e ascoltato in famiglia a proposito del romanzo iniziato dalla zia, li rielabora dando loro la propria impronta, il proprio stile e creando un unicum assolutamente prezioso. Perché anche se non ritroviamo esattamente le parole, la forma, di Jane Austen, il senso generale della storia è pienamente rispettato e la narrazione acquista un’uniformità e un ritmo ininterrotto godibilissimi e che ne ricordano molto lo stile. 

Guardato a se stante, il romanzo può essere considerato un prezioso documento storiografico perché registra e rendiconta abitudini, alimentazione, vestiario, giochi di società in modo molto dettagliato: laddove zia Jane sorvola, la nipote fornisce descrizioni precise e accurate dei capi di abbigliamento indossati, degli orari, delle pietanze, delle usanze e dello stile di vita dell’epoca. 

Dire che la lettera e lo spirito e finanche lo humour di Jane Austen sono stati rispettati, è poco. Lo si percepisce benissimo da questa osservazione ironica riferita all’atteggiarsi vanesio di Tom Musgrove: 

Era evidente che il suo non aver cenato gli dava una felice consapevolezza di superiorità mentale sui suoi compagni (Volume I) 

Sembra di leggere uno dei suoi romanzi, di riconoscere i suoi inconfondibili personaggi, tanto le sue tipiche atmosfere e situazioni sono state ben ricreate. Non solo Emma è tale e quale alla protagonista originale, ma gli altri personaggi sono assolutamente coerenti e riconoscibili nel loro sviluppo naturale e logico, senza stravolgimenti o colpi di testa da parte di alcuno. 

Bisogna dare atto a Mrs Hubback che man mano che prosegue la narrazione si rende più visibile la sua mano sia per alcune dichiarazioni più indipendenti e “moderne”, sia per precisi riferimenti all’età vittoriana in corso (come ad esempio l’accenno alla frenologia, nel volume II). Così Emma non viene lasciata a crogiolarsi nei suoi pensieri contemplanti solo il matrimonio ma oi suoi progetti possono riguardare anche altro:  

Il suo piano per il futuro era di cercare un posto come insegnante in un collegio o come istitutrice privata. Qualsiasi cosa che le permettesse di sentire che si stava guadagnando da vivere, piuttosto che diventare, come diceva suo fratello, un peso per la sua famiglia (Volume II) 

Questo brano in particolare, riferito alla nostra eroina, la dice lunga sul temperamento della sua autrice che sembra volerle infondere la sua tenacia e la sua forza d’animo: 

Stava imparando a vedere la vita, i suoi doveri e le sue prove , sotto una nuova luce: aveva scoperto che la sofferenza non era una circostanza accidentale, come una malattia passeggera, da curare e dimenticare al più presto, ma era la condizione della vita stessa, la pace era l’eccezione, e lei aveva già goduto della sua parte. Da quel momento in poi avrebbe dovuto guardare avanti verso prove e resistenze, lottare, come milioni di persone avevano fatto prima di lei, e imparare a trarre soddisfazione non dalle circostanze ma dal temperamento della mente (Volume II) 

La scelta editoriale di riproporre la suddivisione in tre volumi tipica dell’epoca, da parte della Vintage Editore,  mi ha piacevolmente sorpreso e pur recando entrambi i primi due libri segni evidenti di appartenenza a un medesimo progetto grafico, ho apprezzato maggiormente, ai fini della lettura, il formato maneggevole e il nitido carattere tipografico del secondo.

Chi ha ucciso Mr Wickham di Claudia Gray

Sinossi

Un irresistibile giallo regency che è anche un gioco letterario in cui figurano tutti, ma proprio tutti, i personaggi più amati di Jane Austen.

Il mondo regency si tinge di giallo. Il romanzo che sarebbe stato scritto se jane austen e agatha christie avessero preso un tè insieme. E se i più famosi e amati personaggi di Jane Austen si scoprissero detective… o magari assassini? È un’estate molto calda a Donwell Abbey, residenza di Emma Knightley e marito, che, ormai sposati da sedici anni, si godono la meritata felicità, su cui nessuno avrebbe scommesso. Nonostante il caldo, però, i doveri della vita sociale non si fermano: Mrs e Mr Knightley stanno organizzando un summer party, i cui invitati, ivi compresi Elizabeth Bennet e il marito, Mr Darcy, sono pronti a godersi chiacchiere e socialità, conditi naturalmente di tè e buone maniere. Ma c’è qualcuno che non è affatto bene accetto: Mr Wickham, il personaggio più cattivo di Orgoglio e pregiudizio, l’odioso amico di Darcy, che gli altri ospiti, in barba al bon ton, sarebbero ben felici di vedere morto. Eppure restano tutti a bocca aperta quando si ritrovano davanti nientedimeno che il suo cadavere. Adesso che ci è scappato il morto, gli invitati sono tutti nella lista dei sospettati, e tutti sono ugualmente prigionieri della splendida casa di campagna dei signori Knightley, consapevoli che tra loro c’è un assassino. Tra EmmaL’abbazia di NorthangerRagione e sentimento e naturalmente l’intramontabile Orgoglio e pregiudizio, un irresistibile giallo regency che è anche un gioco letterario in cui figurano tutti, ma proprio tutti, i personaggi più amati di Jane Austen.

Recensione

Come in un revival incontriamo vecchie conoscenze austeniane riunite a casa dei coniugi Knightley, a Donwell Abbey. Tute le coppie formatesi nei romanzi di Jane Austen vengono invitate da Emma e consorte per trascorrere un mese di vacanze. Hanno tutte un legame particolare tra di loro, legami che servono a tessere l’intreccio della storia il cui bandolo è tenuto da quel furfante di Mr Wickham.

Quest’ultimo, vedovo di Lydia, è ben lungi dall’essersi redento e si presenta non atteso per reclamare prestiti e ricatti per cui tiene sotto tiro alcuni degli ospiti, compresi i coniugi Darcy, con i quali non è mai scorso buon sangue.

Una lettura estremamente piacevole che fa ritrovare intatti e coerenti protagonisti austeniani amati, con le loro caratteristiche e idiosincrasie. La cura dimostrata verso di essi tradisce l’amore dell’autrice per Jane Austen di cui conosce benissimo tutte le opere.

Alcuni dei protagonisti si mantengono intatti nel loro carattere originale, altri li scopriamo affetti da piccole manie: Wentworth è piuttosto collerico, Fanny è ipersensibile, Brandon recrimina in continuazione.

Divertente scoprire come le coppie “storiche” hanno impostato i rispettivi ménage coniugali senza rinunciare ad alcuno dei prevedibili sviluppi caratteriali. Per fare un esempio: i coniugi Darcy sono così diversi, eppure così complementari da scontrarsi con lo stesso trasporto con cui si amano. E con quale pudica delicatezza l’autrice ce lo ricorda:

Forse è meglio se li lasciamo qui, nell’intimità dei loro sentimenti. Ci basti sapere che la distanza tra moglie e marito è finalmente superata. Non sarà certo l’ultima incomprensione tra di loro -hanno due temperamenti troppo diversi per poter vivere in perfetta pace- ma non saranno mai più tanto distanti.

L’omicidio che avviene a casa Knightley e che rovina il ritrovo dei loro ospiti aggiunge il tocco di mistero da risolvere, come nella migliore tradizione inaugurata da Agatha Christie. L’immancabile ballo però, supremo avvenimento sociale, è l’ennesimo tributo a Jane Austen.

La morte è una delle più gravi preoccupazioni umane. Il ballo no. Verrebbe dunque logico pensare che l’idea di un ballo non sarebbe bastata a distrarre e svagare gli ospiti di Donwell Abbey, incupiti com’erano dall’omicidio irrisolto del signor Wickham. Ma niente è logico in un ballo.

Inoltre, inserto non meno importante, i due personaggi nuovi, ossia i rampolli Darcy e Tilney, conferiscono quel sapore di novità che mancava e il collante che cementa la storia.

Le premesse ci sono tutte per più di un seguito che sinceramente mi auguro.

Piacevolmente sorpresa e decisamente conquistata.

A maggio uscirà in inglese il seguito:

Le lettere segrete di Jo

Gabrielle Donnelly

Edizioni Giunti

Uno dei rari derivati di Piccole Donne basato su un’operazione di finzione molto spinta dall’autrice Gabrielle Donnelly, solita pubblicare anche con lo pseudonimo di Julia Barrett.

Dobbiamo compiere un gran salto di ben tre generazioni per ritrovare la famiglia Atwater discendente nientepopodimeno della grande Jo Bhaer.

La storia delle tre sorelle è apparentemente senza legame e scopo con Piccole Donne se non fosse per la predominante componente familiare femminile. Nel proseguo del libro la scena si anima di molti altri personaggi fino a diventare troppo affollata. La confusione è dietro l’angolo per gestire nomi, sovrapposizioni temporali, realtà e finzione. Sophie, Emma, e Lulu sembrano uscite da una sit-com televisiva, sono ragazze spigliate, vivaci, indipendenti, alla ricerca della propria strada nella vita. Incappano anche loro in situazioni analoghe a quelle che hanno visto protagoniste le sorelle March ma naturalmente la trasposizione è molto libera e tiene conto della distanza temporale.

Il passato era sicuro e non riservava sorprese, il passato, sapeva, aveva un lieto fine. Era moto più facile, per esempio, concentrarsi sulle lettere e notare quanto poco Jo sembrava aver scritto a Meg nel 1868 rispetto a quanto avesse invece scritto a Amy nello stesso anno. Però aveva senso, pensò immergendosi con sollievo nel mondo ormai familiare della vita della trisnonna.

Le lettere della trisnonna Jo rinvenute in soffitta, durante la ricerca di un vecchio ricettario, dischiudono a Lulu un mondo che diventa la sua realtà parallela, un porto sicuro in cui rifugiarsi e dove non è necessario prendere decisioni e fare scelte.

Considerato nella sua autonomia il romanzo è carino e divertente, tenero per quanto riguarda i legami familiari, sia nei rapporti tra sorelle che tra genitori e figlie, senza dimenticare l’amicizia e l’amore. Trovano infatti spazio molti tempi e tanti personaggi che potrebbero confondere un po’. Resta comunque una piacevole storia tutta al femminile.

Jo e Laurie

Titolo: Jo e Laurie

Autori: Margaret Stohl e Melissa de la Cruz

Edizioni: Vintage Editore

Traduttore: Daniela Mastropasqua

Pagine: 333

Trama

1869, Concord, Massachusetts. Dopo la pubblicazione del suo primo romanzo, Jo March è esterrefatta nel rendersi conto che la sua storia scritta tanto per guadagnare qualche soldo gode di una fama inaspettata e il suo editore e i suoi lettori chiedono a gran voce un seguito, ma non un seguito qualsiasi: il seguito giusto in cui tutte le piccole donne sono appagate, innamorate e felici..

Per questo Jo è sotto pressione per scrivere il suo finale e Laurie la porta a New York per una settimana alla ricerca dell’ispirazione: musei, opere e persino una lettura pubblica di Charles Dickens in persona!

Ma mentre Jo pensa a quello che sarà il destino dei suoi personaggi, Laurie ha in mente un finale ben preciso per sé e per la donna che ha scoperto di amare: una donna con un tale desiderio di indipendenza da non rendersi conto che la vera indipendenza viene da un cuore appagato.

RECENSIONE

Tutti quelli che leggono Piccole Donne vorrebbero che Jo sposasse Laurie e questo non solo ancora oggi ma accade sin dalla prima uscita del libro. Louisa May Alcott riceveva tantissime lettere delle lettrici che reclamavano a gran voce quel finale per il secondo volume.

Il libro di Margaret Stohl e Melissa de la Cruz non è un sequel di Piccole Donne crescono ma si inserisce temporalmente, quanto ai fatti narrati, tra il primo e il secondo volume. Ma non solo; attraverso un’operazione un po’ ardita questo libro si basa su una circostanza assai immaginaria della completa identificazione di Jo March con Louisa May Alcott. A sua volta Jo e le sorelle March si sdoppiano tra i personaggi della vita quotidiana e la loro versione che va a finire nel seguito che l’editore Niles commissiona a Jo. 

Operazione ardua e ardita.

Ecco quindi che entrare nel punto di vista della storia può risultare abbastanza difficile perché presuppone di dimenticare sia il dato autorale che la trama originaria. Ci aiutano però i personaggi rimasti inalterati e che ritroviamo intatti, nella loro caratterizzazione

Il risultato è un vero mash-up in cui le vicende biografiche di Louisa sono rimescolate tra realtà e finzione letteraria e incontri ed esperienze sono asserviti all’enorme sforzo creativo da parte di Jo che non perde occasione di ribadire il suo bisogno di libertà e indipendenza prendendo le distanze da una storia che l’editore vorrebbe farle intitolare “Brave mogli”.

Come Jo deve fare ordine tra i personaggi del suo libro, così nella vita reale deve sistemare le sue priorità.

Sulla pagina, Jo poteva essere spiritosa, premurosa, romantica. E se non ci riusciva poteva sempre rivedere e ricominciare da capo. Di persona, però, era fortunata se riusciva a mettere insieme due parole correttamente e Laurie lo sapeva.

Ben presto ci rendiamo conto, e Jo con noi, che la ricerca dell’amore è ancora più complicata della ricerca del finale giusto per il seguito tanto atteso di Piccole Donne. Quel seguito che non solo l’editore vuole, ma anche le tante lettrici reclamano con le lettere che piovono in grande quantità a Orchard House. Quel finale che noi che abbiamo letto e amato il classico di Louisa May Alcott abbiamo sempre desiderato che si avverasse.

Con sensibilità tutta moderna Margaret Stohl e Melissa de la Cruz scandagliano l’animo inquieto di Jo, perennemente in lotta con gli altri, con il mondo, con la vita, e fondamentalmente con se stessa.

Con la fortuna di avere una famiglia allargata come quella dei March, Jo scoprirà che la libertà può essere anche quella di amare e le due cose non sono necessariamente incompatibili.

Era quello il motivo per cui aveva scritto il suo primo libro, vero? Essere libera? La libertà, dopotutto, era il punto centrale, non è vero? Essere libera? La libertà di creare, di fare ciò che le piaceva. Libertà dalla povertà e dalla servitù. Libertà dai debiti di guerra, dalla preoccupazione di chi avrebbe pagato il carbonaio e il macellaio. Libertà dal dover essere il tipo di ragazza cresciuta per scrivere solo liste della spesa.