Archivio | gennaio 2022

Pattini d’argento: film e/o romanzo?

Pattini d'argento - Film (2020) - MYmovies.it

La visione di questo film mi ha offerto lo spunto per prendere in mano questo classico della letteratura per ragazzi.

L’autrice mi è cara perché ha avuto rapporti amicali e professionali con Louisa May Alcott perché quest’ultima ha lavorato per la sua rivista e si sospetta che la scena sul laghetto ghiacciato in cui Amy cade, Louisa l’abbia ispirata proprio alle atmosfere di Pattini d’argento di Mary Mapes Dodge.

Il film si dice ispirato al famoso romanzo.

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L’ispirazione se c’è è molto generica. Ambientazioni ed epoche sono completamente diverse.

Il film decide di trattare la storia d’amore impossibile tra un figlio del popolo e una ragazza nobile.

L’unico punto di contatto è l’abilità sui pattini che il ragazzo protagonista cerca di sfruttare per far curare il padre malato. Ma le analogie finiscono qui.

Il film è ambientato nella San Pietroburgo dell’inizio secolo e l’ingiustizia sociale che ne è alla base mette due classi a confronto: quella con i privilegi e quella indigente e costretta a vivere e a rimanere nella miseria ma nessuna delle due può considerarsi felice o fortunata.

La trama del romanzo invece è apparentemente meno complessa: ci sono due fratellini, che curiosamente si chiamano Hans e Gretel, e vivono in Olanda. L’autrice si premura di inserire un capitolo introduttivo su questo paese europeo dalle abitudini e stile di vita così lontano e diverso da quello americano.

I ragazzini hanno solo i pattini come svago perché per il resto devono aiutare la madre ad andare avanti e a far curare il padre che in seguito a un incidente sul lavoro ha perso la memoria ed è diventato violento.

Sulla storia di Hans e Gretel si innestano le avventure di un gruppo di ragazzi sicuramente più fortunati, che vanno sui pattini per diletto e intendono partecipare alla gara non tanto per il premio quanto per amore della competizione.

Pattini d'argento - Wikipedia

Frequenti diventano le digressioni che inseriscono usanze e costumi di vita olandesi, cartoline inviate da un paese particolare, non solo per la sua conformazione geografica, ma anche per le sue tradizioni e la sua storia, di cui però non si perde occasione di sottolineare la grande dignità e solidità di valori. Alleggeriscono anche la drammatica situazione dei due ragazzi, la malattia del padre, gli atti violenti, la disperazione della madre che è anche moglie.

Pattini d'argento (2020) - Streaming, Trama, Cast, Trailer

Il film ambientato a cavallo del Nuovo Secolo è più emozionante, il libro, privo di sovrastrutture, più edificante: il periodo in cui si svolgono i fatti è quello di Natale,  la storia di Santa Klaus e la descrizione delle tradizioni natalizie affascinano sempre ragazzi e adulti e le buone azioni risaltano decisamente.

La lezione di vita per cui i sacrifici e l’amore vengono sempre premiati costituisce un indubbio lieto fine. Ma in questo, anche il film non è da meno.  

Mary Mapes Dodge, I PATTINI D'ARGENTO, Ediz. Integrale Mursia, 1969. | eBay

Mary Mapes Dodge è un’autrice americana, newyorkese, classe 1831, molto importante per la letteratura per ragazzi. Ha aperto la strada ai romanzi educativi e come direttrice di un giornale per bambini St Nicholas ha creato e promosso questo filone narrativo: per il suo giornale lavorarono infatti Harriet Beecher Stowe, Mark Twain, Jack London, Robert Louis Stevenson, e come dicevamo all’inizio, anche Louisa May Alcott, la specialista del genere.

In particolare questo romanzo è importante perché inaugura un nuovo modo di intendere la letteratura per ragazzi nella misura in cui si distacca dl filone precedente didattico-moralistico per intraprendere un tipo di narrazione, dai contenuti sempre morali ed educativi, ma anche di intrattenimento e maggiore coinvolgimento del lettore.

Infatti, in questo romanzo non ci sono eroi né avventure strabilianti ma semplici episodi di vta quotidiana, non per questo meno degni di essere chiamati prove, con cui i personaggi si devono cimentare. Sebbene ci si affezioni sin da subito ai protagonisti del racconto, le caratteristiche e i comportamenti degli altri che fanno da corollario, sanno instaurare un altrettanto subitaneo e immediato rapporto di simpatia o ammirazione con loro, facendone risaltare il più delle volte il lato positivo.

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Ricordo di Jane Austen

Ricordo di Jane Austen e altri memoir familiari

James Edward Austen-Leigh

Traduzione G. Ierolli

Elliot edizioni

La biografia del nipote, per quanto ammantata di perbenismo vittoriano, è una pietra miliare nella ricostruzione di fatti e circostanze inerenti la vita di Jane Austen.

A lui dobbiamo la collocazione cronologica della bibliografia e la diffusione delle prime curiosità che diventeranno peculiari delle abitudini quotidiane della scrittrice.

Era una gran camminatrice, abile nelle attività manuali, una affettuosa quanto precoce zia, una persona timorata di Dio e nel tempo libero, aveva come passatempo scrivere grandi romanzi!

La semplicità dello stile di vita condotto nonché l’ordinarietà delle sue esperienze, non fanno che evidenziare la straordinarietà del suo genio che fluiva immediato e spontaneo come una sorgente limpida e cristallina.

Preziose e interessanti le annotazioni delle nipoti che l’hanno conosciuta di persona e i loro ricordi sono ancora più affascinanti.

La sua calligrafia resta a testimoniarne l’eccellenza, e ogni suo biglietto o lettera era scritto in modo splendido. A quel tempo ripiegare e sigillare le lettere era un’arte, non c’erano buste incollate per rendere tutto più facile; le lettere di alcuni apparivano sempre fissate male e sciatte, ma i suoi fogli erano certi di prendere la giusta piega e la sua ceralacca di cadere nel punto giusto.

Commoventi e toccante la descrizione degli ultimi momenti, quelli relativi alla prova finale cui Jane ha dovuto sottostare:

La rassegnazione e la compostezza di mia zia furono tali da andare al di là di quanto si fossero aspettati quelli che la conoscevano bene (Caroline)

Per il loro naturale riserbo i nipoti ci parlano poco della sua formidabile arguzia ma a saper leggere bene tra le righe, siamo sicuri di riconoscerne i segnali evidenti.

James Edward si affretta a eliminare qualsiasi collegamento autobiografico tra le opere e l’autrice

In nessuna circostanza della sua vita ci fu una qualche somiglianza tra lei e la sua eroina in Mansfield Park.

I suoi sono accuratissimi affreschi di vita familiare non solo degli Austen ma anche della società di quel tempo: le abitudini casalinghe, la preparazione dei pasti, i piccoli ricevimenti, i balli, la caccia.

Vanno registrati gli approfondimenti estremamente utili in nota curati dal traduttore.

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La fattoria dei gelsomini di Elizabeth von Arnim

La fattoria dei gelsomini

Ah quella tavolata esilarante che ci attende all’apertura de La Fattoria dei Gelsomini! Che strampalata congerie di ospiti Lady Daisy Midhurst ha radunato nella sua dimora di Shillerton. E come è divertente scoprire i pensieri che si nascondono dietro alla facciata di buone maniere degli invitati che faticano a rispettare le regole della buona creanza, messi così a dura prova da un menù ripetitivo a base di aspra uva spina!

L’invito in una delle dimore di Lady Midhurst era garanzia di qualità, come il marchio per l’argento, e certificava nel tempo il valore delle persone. Eppure, nonostante ciò, ciascuno di loro sentiva che la misura era colma. Ma in cosa consistesse realmente quel senso di disagio, nessuno sapeva dirlo. Naturalmente il clima aveva la sua parte di colpa…

L’avvio è scoppiettante come al solito, la penna di Elizabeth von Arnim trabocca ironia e buon gusto a sazietà, senza le complicazioni gastriche del conte tedesco, del vescovo indolente, dell’annoiato Mr. Torrens e dell’incantevole Rosie. Che poi tanto incantevole sotto sotto non è…

Ma il prosieguo è, se possibile, ancora più incredibile.

Carmela Giustiniani, nel suo “Chiamatemi Elizabeth. Vita e opere di Elizabeth von Arnim” (Flowered, 2017) lo definisce “il testo più politicamente impegnato dell’autrice. Vi si trova infatti riprodotta la situazione politica dell’Europa di quegli anni: l’indolente e placida Inghilterra è rappresentata dall’eterogeneo gruppo di persone che si ritrova a pranzo presso l’aristocratica dimora di Lady Midhurst” e il conte tedesco impersona l’insidiosa Germania che si sta già rivelando appunto, anche alla tavola dei nobili inglesi, elemento di disturbo.

La storia presenta infatti sviluppi inaspettati, mentre sin dall’inizio grava sull’incipit del libro, una nuvola greve come l’afa estiva presaga di complicazioni. Dalle pieghe di pagine così divertenti e leggere da far dimenticare il dramma alla base della vicenda, trapelano amarezza per la difficoltà a essere madre, insofferenza verso i ménage matrimoniali che non si rivelano sempre buoni affari e la sconsolata consapevolezza degli imperativi ipocriti del bel mondo. Poi l’anima e lo sguardo si allargano sulla profumata e soleggiata campagna del sud della Francia e sulla splendida Fattoria di Gelsomini che riserverà sviluppi ancora più sorprendenti.

Regnava una calma assoluta in quel sonnacchioso pomeriggio estivo. Sulle colline si stendeva una cappa di immobilità. Il cipresso solitario, anch’esso immoto, sembrava scolpito nella pietra nera. Luce e ombra giocavano sull’erba dell’oliveto ai piedi del muretto e il gelsomino ricopriva i campi.

Un libro squisito, da gustare dalla prima all’ultima pagina, un tocco elegante, ironico ma compassionevole, delicato e sagace. Veramente bellissimo. Solo un rimpianto: che sia finito.

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Una principessa in fuga di Elizabeth von Arnim

Una principessa in fuga - Elizabeth von Arnim | Fazi Editore

Anche una fiaba in mano a Elizabeth von Arnim diventa materia originale e ironica e in questo caso è la principessa Priscilla a farne le spese.

Stanca di vivere tra gli agi e le regole di un granducato sperduto tra le montagne, la principessa decide di fuggire verso l’Inghilterra, patria di ogni libertà. Al suo fianco il fedele bibliotecario che da sempre l’ha nutrita a forza di libri e ideali e che da artefice diventa strumento della sua ribellione.

Priscilla, invece, era una sognatrice, una poetessa che non scriveva poesie, dotata di un’anima che non riusciva a esprimersi ma che era colma dei desideri e degli amori da cui nasce la poesia. Come le sorelle, non aveva conosciuto altra vita, eppure sognava continuamente un’esistenza diversa, la desiderava, la trovava nei libri. Solo una persona la incoraggiava, ma basta poco per spianare la strada a chi è determinato a ribellarsi. Questa persona – un uomo anziano – fu all’origine dello scompiglio che seguì.

Nell’incantevole cottage immerso nella idilliaca campagna inglese, Priscilla si sente rinascere, non più soffocata dall’etichetta che imbrigliava ogni suo pensiero e movimento:

Non c’è posto migliore di Symford per chiunque cerchi un luogo pittoresco dove le case sono coperte di rampicanti; un luogo ove trascorrere anni tranquilli in lento cammino sul sentiero della pace. Symford è uno dei villaggi più graziosi dell’Inghilterra. Incarna e possiede tutte le qualità che ci si aspetta di trovare in un villaggio ideale: innanzitutto è nascosto come un nido tra le pieghe delle colline; è minuscolo e isolato; vi si trovano cottage antichi e con il tetto di paglia; la locanda sembra uscita da un libro di fiabe, con un’insegna pittoresca e un locandiere dall’aspetto cordiale; la chiesa si erge meravigliosamente al sommo di una collinetta tra alberi secolari, veneranda come il suo parroco, uomo dallo sguardo così mite che incrociarlo equivale a ricevere una benedizione.

Ma non tutto va come sognato: lei continua a comportarsi, ahimè, come una principessa generosa e magnanima verso i suoi nuovi vicini e la cosa risulta alquanto strana nella vita di tutti i giorni.

Inoltre, Priscilla e il fedele Fritzing si accorgono presto che le principesse costano e hanno bisogno di soldi per il sostentamento. Quando finisce la riserva di denaro che dava loro da vivere, i rapporti tra i tre mal assortiti -c’è anche una cameriera tuttofare- inquilini del cottage si fanno improvvisamente tesi e complicati.

Come nella più classica delle fiabe: chi arriverà a salvare la principessa?

Divertente, come sempre, il modo di narrare di von Arnim la cui voce ogni tanto fa capolino tra le righe della storia con qualche commento sornione e pungente:

Tuttavia la mia storia non tratta della distruzione dell’anima, perciò non indugerò oltre su un argomento tanto nefasto. Noi, che come Priscilla siamo accoccolati sotto l’ala della Fortuna e godiamo del suo tepore, possiamo permetterci di fare le boccacce a quella grigia sorella che ci passa vicino zoppicante e scura in volto. Forse un giorno sentiremo il morso dei suoi artigli? Quando accadrà cerchiamo almeno di non sobbalzare per il dolore; colui che pur soffrendo riesce a fare le boccacce e a ridere sarà come il principe delle fiabe, capace grazie al suo coraggio di trasformare quella vecchia megera in una splendente ricompensa e le proprie pene in una scintillante pioggia di benedizioni.

Inevitabilmente spettacolari le sue descrizioni sia che si tratti di caratterizzare un personaggio che un ambiente:

Dove viveva la nostra principessa? Il granducato di Lothen-Kunitz si trova nell’Europa meridionale, in una ridente regione di fertili pianure, colline boscose e vasti fiumi. Quando la primavera risale dall’Italia verso nord, per prima cosa si ferma nel granducato; mentre l’autunno, scendendo da nord, vi si attarda dorato dal sole e carico di frutti maturi, con le sue giornate serene e senza vento che continuano a indugiare quando altrove sassoni e prussiani hanno già acceso le stufe e indossato le pellicce. È un luogo dove i fichi si colgono dall’albero in giardino e i vigneti splendono sulle colline.

Anche stavolta, però, dietro alle ultime pagine, nasconde un finale amaro e si congeda senza alcuna allegria:

Ma non crediate che una persona sempre sincera come me scada nella facile menzogna proprio alla fine, e vi racconti che Priscilla visse per sempre felice e contenta. Non andò così. Ma in fondo, ditemi: esiste qualcuno che riesca a vivere per sempre felice e contento?

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Da Mary Ann a Elizabeth

Elizabeth Von Arnim, i libri e la vita della scrittrice – ilLibraio.it

La carriera di scrittrice iniziò nel 1899 con la pubblicazione de Il giardino di Elizabeth, opera semi-autobiografica anonima in cui l’io scrivente si chiamava “Elizabeth”, senza cognome.
L’autrice pubblicò a breve distanza altri due romanzi semi-autobiografici: The Solitary Summer (1899) e The Benefactress (1902). I successivi diciotto volumi vennero pubblicati con la dicitura «by the author of Elizabeth and her German garden.
Ecco come diventò Elizabeth von Arnim.
Scrisse tantissimi romanzi, di genere diverso. Ne contiamo 21 nella bibliografia che comprende anche una autobiografia, sul finale (1936): I cani della mia vita (All the Dogs of My Life).

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Il giardino di Elizabeth (Elizabeth and Her German Garden, 1898)
Un’estate da sola (The Solitary Summer, 1899)
April Baby’s Book of Tunes (1900)
Il circolo delle ingrate (The Benefactress, 1901)
Elizabeth a Rügen (The Adventures of Elizabeth in Rügen, 1904)
Una principessa in fuga (Princess Priscilla’s Fortnight, 1905)
Una donna indipendente (Fräulein Schmidt and Mr Anstruther, 1907)
La memorabile vacanza del barone Otto (The Caravaners, 1909)
La moglie del pastore (The Pastor’s Wife, 1914)
La storia di Christine (Christine, 1917) (pubblicato con lo pseudonimo di Alice Cholmondeley)
Due gemelle in America o Cristoforo e Colombo (Christopher and Columbus, 1919)
Uno chalet tutto per me (In the Mountains, 1920)
Vera (Vera, 1921)
Un incantevole aprile o Incanto di aprile (The Enchanted April, 1922)
Amore (Love, 1925)
Vi presento Sally (Introduction to Sally, 1926)
Colpa d’amore (Expiation, 1929)
Il padre (Father, 1931)
La fattoria dei gelsomini (The Jasmine Farm, 1934)
Mr Skeffington (Mr. Skeffington, 1940)

Prima di allora, e per la precisione dal 31 agosto 1866, c’era Mary Annette Beauchamp nata a Sydney, in Australia, ultima di sei figli. Suo padre, Henry Herron Beauchamp, era un uomo d’affari inglese di successo che fece fortuna a Sydney; sua madre, Elizabeth Weiss Lassetter, di origine britannica, è nata in Australia. Nel 1870 Henry Herron e la sua famiglia tornarono in Inghilterra. Qui Mary, o May come la chiamavano in famiglia, studiò musica e aveva dimostrato anche un discreto talento nel suonare l’organo.

Poi un viaggio a Roma con il padre deviò la sua già precaria carriera musicale. Il soggiorno romano infatti sarebbe dovuto servire, tra l’altro, a coltivare il suo talento (oltre che, nelle intenzioni dei genitori, a cercare un marito adatto).

Tra le fontane, i giochi d’acqua e le terrazze romane Mary capitolò subito al primo corteggiamento messo in atto dal conte tedesco Henning August von Arnim-Schlagenthin.

The hidden dark side of 'Elizabeth and Her German Garden' | Financial Times

E’ lei stessa a raccontare come si svolse la romanticissima dichiarazione del Conte.

Era il 23 gennaio 1889, aveva ventidue anni e Mary rimase decisamente incantata dall’Italia e dalle sue bellezze. Partecipando alle serate organizzate dal celebre compositore Giovanni Sgambati ella incontrò il Conte prussiano di cui avrebbe preso il nome: aveva quindici anni più di lei e oltre a presentarsi come un gentiluomo colto, e intelligente, seppe farsi aiutare dal fascino delle atmosfere italiane per fare breccia nel cuore della fanciulla inesperta. Lo si capisce da come racconta l’inaspettato momento della proposta:

Mentre, un po’ ansimante perché, come tutti i bravi tedeschi di quei tempi che avevano smesso di essere giovani, non era esile, mi seguiva su per i gradini del Duomo di Firenze, in cima ai quali mi stava portando per farmi vedere il panorama, mi si rivolse in questi termini: “A tutte le ragazze piace l’amore. È una cosa molto gradevole. Anche a lei piacerà. Mi sposi e vedrà” .

Elizabeth von Arnim – a note on the name | Elizabeth von Arnim

Lo sposò quindi a Londra due anni più tardi acquisendo automaticamente la cittadinanza tedesca. I coniugi vissero dapprima a Berlino e successivamente nella residenza degli Arnim a Nassenheide, in Pomerania (oggi Rzędziny, Polonia).

Fu Elizabeth a decidere di stabilirsi lì. Nel 1896, Henning e Mary avevano visitato la sua grande tenuta di campagna a Nassenheide in Pomerania. Questo castello trascurato e sconclusionato attrasse profondamente Mary e, cercando di sfuggire all’atmosfera soffocante della società berlinese, decise di trasferirsi lì; Henning e le bambine lo seguirono.

Elizabeth von Arnim's Eccentric Charm – findingtimetowrite

Nassenheide divenne l’ambientazione e l’ispirazione per il suo primo romanzo, un’opera in forma di diario,  Elizabeth and her German Garden  (1898) che diventò presto un bestseller.

Dalle nozze nacquero cinque figli: quattro femmine e un maschio. Fra i precettori dei bambini a Nassenheide vi furono E.M. Forster e Hugh Walpole. Il matrimonio non fu tuttavia molto felice per l’incompatibilità con il carattere del marito (che la scrittrice nella sua autobiografia chiamerà “Man of Wrath”, uomo dell’ira) e – successivamente – per le difficoltà finanziarie seguite all’incarceramento del marito per truffa.

Lo lasciò molto coraggiosamente per fare ritorno a Londra. Qui seppe nel 1910 di essere rimasta vedova. Per tre anni fu l’amante di Herbert George Wells e nel 1916 sposò in seconde nozze il duca John Francis Stanley Russell (1865–1931), fratello maggiore del filosofo Bertrand Russell. Anche il matrimonio con Russell fu poco fortunato: i due coniugi si separarono nel 1919, anche se non divorziarono mai.

Il 23 luglio 1926 scrisse al suo amico Hugh Walpole che non desiderava più essere conosciuta con il suo cognome tedesco concludendo così la sua lettera:

“Sono per sempre e per sempre la tua affettuosa amica Elizabeth, una volta Beauchamp, il defunto Arnim e ora, purtroppo, Russell.”

Perse la giovane figlia Felicitas, che si era recata in Germania per perfezionarsi nello studio della musica: la vicenda, somigliante a quella della protagonista del romanzo epistolare La storia di Christine Elizabeth von Arnim trascorse gli ultimi anni della sua vita in Europa (Svizzera e Costa Azzurra) e, allo scoppio della Seconda guerra mondiale (1939), si trasferì definitivamente negli Stati Uniti, dove morì il 9 febbraio del 1941.

Chiamatemi Elizabeth. Vita e opere di Elizabeth von Arnim

Chiamatemi Elizabeth. Vita e opere di Elizabeth von Arnim.

Tra i miei libri: “Chiamatemi Elizabeth. Vita e opere di Elizabeth von Arnim”  di Carmela Giustiniani – Dalla mia finestra

Chiamatemi Elizabeth. Vita e opere di Elizabeth von Arnim. Carmela Giustiniani. Flower-ed

Perché è stato scelto questo pseudonimo per Mary Annette Beauchamp? Di che nazionalità era? Quando è nata la sua passione per i giardini?
Questo volume curato da Carmela Giustiniani e pubblicato da flower-ed, risponde a tutte queste domande e curiosità raccontandoci la storia di Elizabeth von Arnim. Un contributo che va a colmare una vistosa lacuna e che diventa all’occorrenza guida e/o consiglio di lettura.
Che è anche un pregiatissimo studio sulla vita e le opere scrittrice molto conosciuta nella sua produzione letteraria, meno nota dal punto vista personale per la mancanza di una vera e propria biografia edita in italiano.
Carmela Giustiniani ripercorre infatti la vita della scrittrice attraverso le sue stesse opere che corrono parallelamente alle esperienze, per lo più fallimentari e drammatiche che ne hanno segnato lo svolgimento. I romanzi di Elizabeth seguono la parabola discendente della sua esistenza, riproducendone gli stati d’animo, la ricerca di solitudine, i dolori, le consapevolezze. Dapprima le sue eroine sono ragazze ingenue, convinte della bellezza della vita e poi diventano donne ciniche e disilluse.
Il ritratto di Elizabeth von Arnim che ci consegna è quello di una donna che ha cercato sempre di trovare la felicità della sua dimensione, capace di teneri affetti e disillusa dall’amore coniugale, a suo agio sperduta tra le montagne più che nelle occasioni mondane che pure frequentava assiduamente, consapevole della propria eccentricità e della necessità di compromessi per potersi dedicare alla sua passione, dotata di una squisita sensibilità moderna venata di sottile ironia.
Nonostante l’altisonante titolo di Contessa con cui era ufficialmente nota non si prese mai troppo sul serio, e attraversò la vita con una levità che non era superficialità ma consapevolezza che ovunque, e nonostante tutte le avversità della vita, le sarebbero bastati un giardino, la scrittura e un cane per essere perfettamente, completamente felice.
Una guida semplice ed efficace per conoscere Elizabeth von Arnim come donna, come moglie e come madre, indispensabile per capire meglio la sua opera e la sua scrittura.
Un ottimo sussidio per come è strutturato facendo sì che la vita e le opere appunto procedessero ora parallelamente, ora intersecandosi attraverso passaggi nascosti e cunicoli segreti. Così appendiamo chi ha ispirato il barone Otto e che Mary Annette ha partecipato davvero a una gita in carrozzone nel Kent, che c’era uno chalet in Svizzera in cui andava a rifugiarsi tutta sola e che purtroppo la storia di Christine è ispirata al tragico destino di una delle sue figlie che per una di quelle ironie della vita si chiamava Felicitas.
Un libro davvero prezioso perché guida esplicativa alla lettura dei romanzi di Elizabeth von Arnim, suggerimento di nuovi titoli per chi non li conosce, un approfondimento per chi li conosce già; caratterizzato da uno stile sobrio e diretto che riserva pagine vibranti, arricchite da passi tradotti delle lettere:


Sono felice che Dio mi abbia fatta scrittrice, anziché qualcos’altro. Quanto avrei odiato avere una passione per la cucina.

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I Pattens di Patty

Potrebbe essere un'illustrazione raffigurante 1 persona

Dei Pattens o zoccoli di legno Il Berg Dictionary of Fashion History fornisce questa definizione:

“Scarpe costituite da suole di legno, fissate con cinghie di cuoio e indossate con stivali o scarpe per sollevare chi le indossa sopra la terra quando si cammina. La forma variava a seconda del periodo. Solitamente per l’abbigliamento country, ma molto di moda nel XV e XVIII secolo; fino al XVII secolo il termine era sinonimo di zoccoli.

Nel 1630 furono innalzati su anelli di ferro: ‘Le donne lasciano nel passaggio i loro pattins, cioè una specie di scarpe di legno che stanno su un alto anello di ferro. In queste scarpe di legno infilano le loro normali scarpe di cuoio o di stoffa quando escono.’ (1748, Pehr Kalm’s Account of his Visit to England , Stoccolma, 1753. Trans. J. Lucas, 1892).

Le contadine continuarono a usare i patten fino alla metà del XIX secolo

John Gay attribuisce l’invenzione dei pattens al dio innamorato di una fanciulla mortale che si chiamava Patty, da qui il nome Pattens. Ce lo racconta in Trivia, o l’arte di camminare per le strade di Londra, che fu pubblicato nel 1716. Gay sperava che gli avrebbe fatto guadagnare un po’ di soldi, e infatti vendette abbastanza bene, in una seconda edizione lo stesso anno. La poesia è organizzata in tre libri; la narrazione combina sezioni di passeggiate per Londra con alcuni episodi digressivi: uno sull’invenzione del patten, una scarpa con anelli di ferro che sollevava chi lo indossava un po’ sopra il fango.

Il patten ora aiuta ogni dama frugale

e da Patty occhio-azzurro prende il nome.

Pride, Prejudice & Propriety - Jane Austen Variations

Vi ricordate la lunga camminata che Lizzie compie per raggiungere Netherfield alla notizia di Jane malata? Sicuramente li avrà indossati.

Il nipote di Jane Austen racconta infatti che la stessa zia era una gran camminatrice e che nelle passeggiate invernali indossava questo tipo di calzature che, per quanto in epoca vittoriana siano state poi bandite dalla buona società, furono comunque celebrate da Gay.

Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo "James Edward Austen-Leigh RICORDO DI JANE AUSTEN E ALTRE MEMORIE FAMILIARI elliot"

Fonti:

https://www.metmuseum.org/art/collection/search/156377?fbclid=IwAR2W5iT0WKzb7WRAu5bCnUx3hLFW-3ueZR5bEZYT-BTTYJ1bLqAT-6LEoIE

Seduced by the City: Gay’s Trivia and Hogarth

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Emily di Luna Nuova di Lucy Maud Montgomery

Emily di Luna Nuova di Lucy Maud Montgomery - Caravaggio Editore

Emily di Luna Nuova

Lucy Maud Montgomery

Caravaggio Editore

Delicata ed eterea bambina, Emily Starr, non a caso porta una stella nel nome!

Appartiene al mondo fatato dei boschi e dei ruscelli, pronta a danzare con la Donna del Vento e farsi cogliere dal bagliore.

Versione in erba di Anne di Tetti Verdi, Emily è una deliziosa piccola creatura che ama dare un nome alle manifestazioni della Natura che la circonda. Tanti i riferimenti autobiografici che possiamo ritrovare in Emily e non a caso diversi particolari coincidono con quelli riportati nell’autobiografia Un Sentiero alpino, con tanto di storia genealogica dei propri avi arrivati sull’Isola del Principe Edoardo.

Emily of New Moon - The Graphic Novel pg11 | Emily of new moon, Graphic  novel, Moon graphic

Emily è una bimba rimasta orfana, di cui due zie decidono di prendersi cura portandola alla fattoria di Luna Nuova. Qui la bimba scoprirà di avere uno spirito indomito e allo stesso tempo legatissimo alle proprie radici, ai luoghi e alla storia familiare. Senza dimenticare o rinnegare i propri sogni.

Questo è uno di quei posti dove crescono i sogni

Agli occhi di Emily che guarda il mondo nella sua purezza tutto è incanto e le brutture della vita sono incidenti passeggeri che non devono rovinare il percorso.

Lucy Maud Montgomery sa bene che

Se tutti fossero felici non ci sarebbe niente d’interessante da leggere.

L’amicizia, la bellezza, la lettura, la lealtà, Emily ama circondarsi solo di valori e l’amore per la poesia, che è anche il primo amore di Lucy Maud Montgomery, è la cifra che la distingue ed esprime.

Emily della Luna Nuova (romanzo) - Wikipedia

Tutti i versi attribuiti a Emily e riportati ne sono ampia dimostrazione.

Dalle rune ho appreso il segreto

Che dalle valli mormorano i cupi pini

In questo Emily è diversa da Anne: come Anne è determinata a insegnare, così Emily a diventare una scrittrice, nonostante e contro il parere di tutti. 

Se è vero che “Misuriamo il tempo coi palpiti del cuore” citando Philip Bailey, Emily saprà fare tesoro di ogni attimo ed esperienza a lei concessi.

L’infanzia di Emily, anche se pure in mezzo a tanto dolore e abbandono degli affetti più cari, sarà rivincita e affermazione di sé, dopo aver preso consapevolezza dello scrigno di sogni e potenzialità speciali di cui dispone.

La dolcezza di Emily che seppur bambina, pensa e sente acutamente come un adulto, è continua dimostrazione di maturità.

L’autrice lo considera il miglior romanzo scritto, eccetto Anne di Tetti Verdi.

Di fatto anche Emily si prepara ad avere un seguito anche se meno sviluppato.

Tutto ciò riconferma Lucy Maud Montgomery come una donna dagli infiniti mondi interiori.

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Campane di Natale di H.W. Longfellow

Ho sentito le campane di Natale Henry Wadsworth Longfellow | Etsy

Ho sentito le campane, per Natale,

suonar le loro vecchie càrole consuete

e ripetere, dolci e libere, le parole

di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini.

E pensavo a come, venuto quel giorno,

i campanili di tutta la Cristianità

avevano battuto al canto ininterrotto

di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini.

E, disperato, ho chinato la testa

“Non c’è pace sulla terra”, ho detto,

“Perché l’odio è troppo forte e si fa gioco del canto

di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini”.

Poi da ogni bocca nera e maledetta

il cannone tuonò nel Sud,

ed in quei rombi annegaron le càrole

di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini.

Fu come se un terremoto scuotesse

le pietre focaie di un continente

e mandasse in rovina i focolari domestici

di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini.

Allora le campane hanno rintoccato più forte e profondo:

“Dio non è morto, e non dorme;

Il male fallirà, il bene prevarrà

con pace sulla terra, con buona volontà per gli uomini”.

Finché con quei rintocchi e con quel canto

il mondo non è tornato dalla notte al giorno,

una voce, una melodia, un canto sublime

di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini.

Scritta dal poeta americano nel 1863 dopo che il figlio primogenito si era arruolato senza la sua benedizione per combattere nella Guerra d’indipendenza e proprio a dicembre aveva ricevuto un telegramma che lo informava che Charles era stato gravemente ferito.

La poesia è poi stata musicata dal compositore inglese John Baptiste Calkin nel 1872, ed è diventata un celebre canto natalizio registrato da artisti di fama mondiale come: Bing Crosby, Frank Sinatra, Elvis Presley, Johnny Cash, Sarah McLachla.

Dickensian

Dickensian [DVD] [2015]

Sublime opera di mash up delle opere di Charles Dickens, racchiude l’essenza vittoriana del celebre romanziere.

In questa serie, introvabile in italiano (se siete fortunati con i sottotitoli) è stata fatta un’operazione di collage delle trame e dei personaggi dei più famosi romanzi di Charles Dickens, da Canto di Natale a Casa desolata a Oliver Twist e li ritroviamo interagire tra loro e dare vita a un’ulteriore trama che al loro autore non sarebbe affatto dispiaciuta.

Un’idea e soprattutto una realizzazione geniale che non sminuisce né diminuisce il grande valore dell’opera dickensiana.

Scopriamo i vari personaggi e la loro provenienza.

L’ispettore Bucket – interpretato da Stephen Rea – è un personaggio attorno al quale si snoda l’intera vicenda che è costituita dall’indagine a lui affidata per scoprire l’autore dell’omicidio di Jacob Marley.

Amabile, scaltro, determinato e premuroso: l’ispettore Bucket incarna un tipo di polizia nuova nella Londra vittoriana. Dickens ha in parte modellato il personaggio sul vero ispettore Field, che ha ammirato e accompagnato una notte nell’East-end ed è un personaggio preso in prestito da Casa Desolata.

Le sue intuizioni appaiono quasi sempre giuste ma deve fare diversi tentativi prima di arrivare a quella definitiva e come in un giallo poliziesco che si rispetti, il colpevole è il meno sospettato. Se non avesse un fastidioso mal di schiena a complicargli le cose, le sue indagini procederebbero molto più spedite ma l’intervento di Mr Venus, preso in prestito da Il nostro comune amico, scioglie ogni nodosità.

Il raggio di azione dell’Ispettore Bucket è uno spaccato di società londinese molto variegato e trasversale che si affaccia su diverse classi sociali.

Il mondo (apparentemente) dorato o comunque benestante degli Havisham e dei Barbary fa presto a cambiare non appena voltato l’angolo e a decadere nei quartieri più malfamati di Londra dove si aggirano brutti ceffi e individui di malaffare.

Questa parte oscura della città, limitrofa al porto e ai suoi oscuri traffici, che nasconde solo squallore e miseria umana, è governata da Fagin.  Ve lo ricordate il presunto benefattore di Oliver Twist?

Ebbene sì, si attinge a piene mani anche a questo romanzo: oltre a una breve apparizione dello stesso Oliver Twist sottratto alle grinfie di chi lo ha tolto dalla strada solo per destinarlo all’infamante mercato di bambini, incontriamo Dodger, il più adorabile bambino criminale di Dickens e borseggiatore della banda di Fagin.

È lui che nutre l’affamato Oliver quando arriva a Londra e lo presenta al gruppo, lui che è braccio destro di Fagin in Dickensian, protetto da Nancy, anche lei schiavizzata e riscattata da Bill.

I personaggi di Canto di Natale ci sono tutti: dalla famiglia Cratchit con un tenerissimo Tiny Tim, una sorprendente Mrs Cratchit e la coppia di soci Jacob Marley e Ebenezer Scrooge.

Molto lontana da essere una storia di Natale, in Dickensian l’omicidio di Marley è il bandolo della matassa che dovrà strecciare il solerte ispettore finendo per scoprire in realtà molti più retroscena e segreti di quelli apparentemente oggetto di inchiesta. 

Miss Havisham è un personaggio che abbiamo incontrato in Grandi speranze.

In Dickensian, compiamo un bel salto temporale, ci viene presentata Amelia Havisham come erede dell’azienda produttrice di birra di suo padre; purtroppo il fratello Arthur ne è invidioso e vorrebbe per sé tutto il patrimonio degli Havisham e ne organizza il raggiro con un losco individuo, sedicente amico, Meriwether Compeyson. Quest’ultimo spacciandosi per un gentiluomo interessato a investire nel birrificio riuscirà a fare breccia nell’austero cuore di Amelia tenendo in scacco entrambi i fratelli. Jaggers l’avvocato curatore degli affari degli Havisham non riuscirà a dirimere la lotta fratricida e in compenso, trova il modo di elargire pareri legali a destra e a manca.

Non è più fortunata l’amica di Amelia, Honoria Barnaby ma la storia che la riguarda e interessa sua sorella Frances, suo padre Edward, il cap. James Hawkon e sir Leicester Dedlock è trasferita in blocco da Casa desolata.

La solerte infermiera tuttofare signora Gamp proviene  direttamente da Martin Chuzzlewit e trova il suo degno compare nel signor Silas Wegg che invece abita le pagine de Il nostro comune amico. Insieme sono due dei personaggi più grotteschi di Dickens che è stata una trovata molto geniale aver fatto interagire. La signora Gamp si spaccia come infermiera e il suo paziente preferito è proprio Silas Wegg che gestisce il pub dei “Tre storpi”: è così disinteressata nel prestargli le cure necessarie alla sua gamba di legno che chiede in cambio solo un bicchierino di gin.

Nell e il nonno gestiscono la Bottega dell’Antiquario frequentata da chi vuole comprare e vendere onestamente mentre i signori Bumble vogliono elevare il loro status sociale sviluppando il loro ruolo marginale in Oliver Twist. In particolare, Mrs Bumble dimostrerà così bene la sua amabilità e vivrà il suo momento di gloria a scapito del povero marito.

Altri nomi familiari si avvicendano sulla scena come Thomas Gradgrind di Tempi difficili o il reverendo Crisparkle de Il Mistero di Edwin Drood ma incontriamo personaggi anche di Barnaby Rudge (Daisy), del Circolo Pickwick (Mary) e di Dombey e figlio (Major Bagstock).

Sarebbe dovuta seguire una seconda stagione, peraltro anche annunciata, ma non se ne è fatto nulla. Un vero peccato!

https://www.bbc.co.uk/programmes/profiles/1BV0vH2JsWR4hSsqdPpmwRk/cast-and-characters

https://en.wikipedia.org/wiki/Dickensian_(TV_series)

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