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C’è posta per te e Orgoglio e Pregiudizio

Le versioni di Orgoglio e pregiudizio sono ormai diventate dei film-culto esse stesse. Di ciascun romanzo canonico di Jane Austen si può poi confrontare la versione sceneggiato targata BBC e quella cinematografica, e ognuno di noi ha le sue preferenze e le sue critiche da fare. Sarebbe infinito l’elenco dei film, dei telefilm o delle miniserie – tanto in voga ora -, in cui Jane Austen viene continuamente citata, confondendola con un’icona del romanzo rosa o metonimicamente attraverso il suo romanzo più famoso, che viene fatto leggere ad adolescenti o meno.

C’è però un film che mi è rimasto nel cuore, in cui è innegabile l’ispirazione di matrice austeniana: è C’è posta per te, o You’ve got mail, uscito nel fortunatissimo Natale del 1998. Lo ritengo un omaggio, che risplende di luce propria e che mi è caro per quel senso di meraviglia che si rinnova ad ogni visione alla scoperta di felici assonanze e citazioni che rimandano a Jane Austen.
Penso possa essere interessante andare ad analizzare come è stata utilizzata dalla regista Nora Ephron, la trasposizione di Orgoglio e Pregiudizio, almeno per quanto riguarda la caratterizzazione dei due protagonisti: lui, Joe Fox, figlio di un magnate dell’editoria, e lei, Kathleen Kelly, figlia di una semplice libraia. Lui è così orgoglioso della sua catena di librerie da non vedere e cogliere al primo sguardo la bellezza e l’originalità del “negozio dietro l’angolo” e della sua proprietaria. Anzi, alla precisa domanda del dipendente, curioso su come sia lei fisicamente, il rampollo della casata Fox la definisce “sì, bella”, ma in un modo sdegnoso che assomiglia tanto al giudizio di “appena passabile” riservato da Mr Darcy a Lizzie al loro primo incontro. Lei, dal canto suo, è prevenuta e convinta che, poiché lui è ricco, non sia capace di apprezzare un bel libro e i buoni sentimenti.
Difficilmente nel plot possono rintracciarsi delle somiglianze, anche perché C’è posta per te si presenta dichiaratamente come un remake del film del 1940, Scrivimi fermo posta, ma la presenza simbolica del libro di Orgoglio e pregiudizio usato come segno di riconoscimento da Kathleen (altrimenti detta “Commessa”), nella scena del caffè, quando ha fissato l’appuntamento al buio con il suo chatfriend “NY152”, si impone come vera e propria citazione esplicita. Dapprima Kathleen confessa per email al suo interlocutore sconosciuto, che ha letto questo classico “almeno 200 volte”, che il lessico usato nel romanzo la fa impazzire: “parole come laddove, iattura, tripudio…”, e che patisce le pene dell’inferno nel domandarsi se Elizabeth e Mr Darcy alla fine “vivranno insieme?”. Poi adotterà proprio questo segno distintivo per essere riconosciuta all’appuntamento. Purtroppo, o meglio, per fortuna, entra il suo rivale e concorrente antipatico, Joe Fox, che smonta tutto il romanticismo che con la rosa poggiata sul libro lei aveva voluto creare. A lui piace vincere facile perché è in vantaggio su di lei: ormai ne ha scoperto l’identità e può approfittare di tutte le confidenze che si sono scambiati per email, nascosti dai rispettivi nickname. Si siede lo stesso al tavolo impegnato per due e butta là noncurante:


“Scommetto che te lo rileggi almeno una volta l’anno… scommetto che adori quel tuo Mr Darcy e che il tuo sentimentale cuoricino batte al pensiero che lui e… beh… comunque si chiami lei, alla fine vivranno per sempre felici e contenti”.
Tanto basta a far ergere la dolce Kathleen in tutta la sicurezza che le viene dalla conoscenza di Jane Austen, e a farla reagire così:
“L’eroina di Orgoglio e pregiudizio è Elizabeth Bennet. È uno dei personaggi più grandiosi e complessi mai scritti” e poi, preso definitivamente coraggio, gli infligge l’affondo finale, liquidandolo sprezzante: “ma tu non puoi saperlo”. Questa volta lui vorrebbe stupirla controbattendo: “A dire la verità io l’ho letto”, ma ormai è inutile, lei non gli dà alcuna soddisfazione: “Buon per te”.
Il guanto è stato gettato, la sfida raccolta. Joe si legge tutto il libro ed è in grado, sull’avvicinarsi del finale, quando passa a trovare Kathleen costretta a casa da un raffreddore, di chiosare: “Io ti ho fatto fallire e tu non mi perdonerai mai. Come Elizabeth, Elizabeth Bennet, in Orgoglio e pregiudizio… era troppo orgogliosa… oppure lei aveva troppi pregiudizi e Mr Darcy era troppo orgoglioso… io non me lo ricordo…”.
Lo sguardo eloquente di Kathleen che comincia a capire, conferma tutto; Joe Fox, improvvisamente divenuto premuroso e gentile, denuncia apertamente la dinamica che si è innescata tra loro due: un circolo vizioso di orgoglio e pregiudizio che ha solo complicato l’inizio di quella che diventerà e rimane una stupenda e perfetta storia d’amore. Come quella di Elizabeth Bennet e Mr Darcy.
La passeggiata conclusiva a Central Park, quando si disvelano le loro identità e i loro cuori, non ci ricorda quella analoga compiuta dai loro predecessori nel giardino di Longbourn? Lizzie e Darcy, dopo che lui si è dichiarato per la seconda volta e viene finalmente accettato, si interrogano sul momento preciso in cui è avvenuta la scoperta dei rispettivi sentimenti. Questa assonanza è colta e resa ancora più evidente nel film del 2005 di Joe Wright che utilizza la stessa inquadratura di un Mr Darcy che sopraggiunge tra i campi verso Elizabeth, che nell’attenderlo prende consapevolezza di volerlo con tutta se stessa.
Non sono forse le parole che la sconcertata e arrendevole Kathleen riserva a Joe?
“Volevo tanto che fossi tu, lo volevo con tutta me stessa!”


Trovo che le citazioni siano molto più efficaci quando sono così suggestive perché sanno evocare un mondo, un’atmosfera, delle sensazioni impalpabili e intraducibili a parole e allo stesso tempo sanno stabilire assonanze di forte impatto emotivo. Queste sono le risorse e le opportunità insite nella multisensorialità stimolata dalla visione di una opera cinematografica che in quanto forma d’arte reputo assolutamente complementare a quella letteraria.

Camera con Vista

Abbracci e pop corn: Firenze nel cinema: Camera con vista (2)

 

Sotto di lei il terreno scendeva di colpo verso il paesaggio e le violette scorrevano giù a rivoli, torrenti e cateratte, allagando di blu il pendio, turbinando intorno ai fusti degli alberi, raccogliendosi in pozze nelle conche, coprendo l’erba di macchie di schiuma azzurra. Ma ma con tanta profusione come nel punto in cui lei si trovava: era quella radura la sorgente, la fonte primaria da cui sgorgava la bellezza a irrorare la terra.

 

Resplandecer de pasión: Habitación con vista, de James Ivory ...

George si era voltato sentendola arrivare. Per un attimo la contemplò come fosse caduta dal cielo. Colse la gioia che s’irradiava dal suo volto, vide i fiori lambire il suo vestito come onde azzurre. I cespugli sopra di loro si richiusero. Egli si avvicinò di corsa e la baciò.

 

Camera con vista: i tanti amori di James Ivory | JAMovie

Emma.

Locandina italiana Emma.

Regia di Autumn de Wilde, nota fotografa di musica americana passata ora dietro la macchina da presa con il quarto adattamento per il grande schermo del famoso romanzo di Jane Austen.

Emma, l'ape regina rivela la sua debolezza

Visto

  • con tutte le riserve e i pregiudizi del caso.
  • dopo aver amato la Emma di Gwyneth Paltrow, che rimane insuperabile.
  • con la curiosità di ogni janeite che deve sapere tutto quello che accade e che riguarda Jane Austen
  • con il timore che fosse la solita americanata.

*****

 

Emma. La recensione del film tratto da Jane Austen disponibile su ...

 

Apprezzato

  • la fotografia, gli interni, le ambientazioni
  • costumi, musica, scene, e la fedeltà sostanziale del testo originale
  • la chiave ironica e divertente
  • la mimica facciale dell’attrice che impersona Emma: la giovane attrice anglo-argentina Anya Taylor-Joy

 

*****

Emma, la recensione - Movieplayer.it

Non apprezzato

  • la dichiarazione “interrupta”
  • duetto di Mr Knithley
  • eccessivo sprint di Mr Woodhouse
  • apparizione sbiadita di John e Isabella

*****

Emma. – Stanze di Cinema

 

Pregiudizi sconfitti

“Era un’americanata”: invece la fotografia è incantevole e il testo non è stato stravolto come temevo o riadattato per il pubblico moderno

“Mr Knithley, Johnny Flynn, troppo giovane”: invece ha superato ampiamente le aspettative rivelandosi all’altezza del ruolo, che ho visto più attivo, conferendogli semmai anche più spessore. P.s. La scena del ballo è divina!

“Difficile trovare un’altra Emma”: il personaggio è perfetto, superbamente antipatica come dovrebbe essere.

*****

Emma." di Autumn de Wilde - NonSoloCinema

C’era bisogno dell’ennesimo adattamento di Emma? È un film che si lascia guardare e apprezzare, regala un paio d’ore di divertimento e piacevole intrattenimento. Conquista per i particolari, anche se lascia qualche dubbio su alcune licenze troppo azzardate. Ho cercato di capire la scelta della fuoriuscita del sangue dal naso nell’apice della dichiarazione d’amore di Mr Knithley, letteralmente trasposta dal testo ( “Mia carissima Emma”, disse, “perché carissima mi sarete sempre, quale che sia l’esito di questa conversazione, mia carissima, mia amatissima Emma… ditemelo subito. Ditemi «No», se è questo che volete dire.” Lei non era davvero in grado di dire nulla. “Restate in silenzio”, esclamò lui, con grande agitazione; “un totale silenzio! Al momento, non chiedo di più.”) ho provato a spiegarla con la considerazione che come Jane Austen ce ne ha sadicamente privato, tagliando corto con un “Che cosa disse? Giusto quello che doveva, ovviamente. Come fa sempre una signora.”, anche la regista abbia voluto darci un assaggio della medesima medicina.

Emma., l'eroina snob di Jane Austen rivive con la regia di Autumn ...

 

Non sono d’accordo sul fatto che questa regia sposta la relazione romantica al centro della storia, perché la protagonista incontrastata rimane Emma, l’ape regina, disorientata o meno dalle sue inconcludenti macchinazioni di combina-matrimoni, che compie il suo percorso di crescita e acquisizione di consapevolezza rispetto al mondo esterno, invece di essere cieca nei riguardi di chi la circonda ma anche di ciò che è all’interno del suo animo. E queste erano esattamente le intenzioni dell’autrice.

Poiché è stato fatto il paragone con Piccole Donne di Greta Gerwing, e posto che adattamento in chiave moderna non si limiti solo a inserire nel cast attori dalla giovane età, una straordinaria sensibilità moderna semmai l’ha rivelata ancora una volta Jane Austen ed è la chiave della sua inesauribile immortalità.

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The Football e The English Game

The National Archives Learning Curve | Victorian Britain | Happy ...

 

Secondo la FIFA , la federazione internazionale del calcio, la storia contemporanea del gioco è iniziata nel 1863 in Inghilterra, quando è stato formato il primo organo di governo,  la English Football Association (FA) formato da undici rappresentanti di club e scuole di calcio di Londra che si incontrarono il 26 ottobre per concordare regole comuni.

Prima di quel momento, il calcio (che inizialmente era rugby) era stato giocato in varie forme usando una molteplicità di regole sotto il titolo generale di “calcio popolare”,  da parte di squadre indipendenti che venivano indicate con la definizione di “Club”. Si distinguevano perciò da quelle nate in seno  alle scuole pubbliche e alle università che assumevano il nome di quelle ( Old Etonians)

Partì proprio dall’Università di Cambridge l’iniziativa e lo sforzo di cercare di unificare le regole esistenti che variavano da club a squadre.

 

In questo articolo di giornale si può trovare testimonianza della prima partita documentata tra due “squadre di calcio”, il Body-guard Club e il Fear-naught Club,  il giorno di natale 1841. Le regole utilizzate in questo gioco sono sconosciute: avevano dodici giocatori per parte,  ciascuna squadra  forniva il proprio arbitro e il gioco iniziava con un colpo di una pistola.

 

Nella stagione 1871-1872,  fu istituita la FA Cup come prima competizione organizzata. La prima partita internazionale ebbe luogo nel novembre del 1872 quando l’Inghilterra si recò a Glasgow per giocare in Scozia. La qualità dei giocatori scozzesi era tale che i club inglesi del nord iniziarono a offrire loro termini professionali per spostarsi a sud.

Del resto la Scozia vantava un tradizione calcistica consolidata visto che il Foot-Ball Club (attivo 1824–41) di Edimburgo, è stato il primo club documentato dedicato al calcio e il primo a definirsi come una squadra di calcio.  Le uniche regole del club giunte fino a noi,  proibivano di far inciampare, ma permettevano di spingere e trattenere e raccogliere la palla.

Inizialmente, la FA era fortemente contraria al professionista e ciò causò un’aspra disputa dal 1880 fino a quando la FA cedette e formalmente legittimò la professionalità nel 1885. Fu inaugurato quindi nel 1888 il torneo di Football League con dodici squadre professionistiche partecipanti e la competitività delle partite  ha destato un sempre più  ampio interesse, soprattutto tra la classe lavoratrice. Le presenze aumentarono in modo significativo nel corso degli anni 1890 e i club dovettero costruire terreni più ampi per accoglierli.

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 The English Game racconta proprio di questo particolare momento di passaggio, la serie creata da Julian Fellowes, lo sceneggiatore di Downtown Abbey, è il ritratto di un calcio ai primordi ma anche lo specchio della società del tempo, delle lotte sindacali, una di quelle serie impeccabili: ben scritta, ben recitata, edificante.

L’originalità di The English Game consiste nel rivolgere lo sguardo molto indietro nel tempo. Siamo nel 1879, il calcio è ancora un gioco e non uno sport; si pratica con scarpe di ferro e lunghi calzoni di lana; e ripropone una dicotomia vecchia quanto il mondo.

Le squadre che partecipano alla F.A. Cup, la più antica competizione calcistica, si possono infatti dividere in due categorie. Da un lato quelle che rappresentano l’aristocrazia e l’alta borghesia, i gentiluomini, dall’altro quelle della classe operaia, organizzate da proprietari di mulini e fabbriche.

I ricchi sono favoriti: hanno codificato il gioco, continuano a gestirlo a livello federale, e conducono una vita più sana. Non solo vincono sempre, ma ritengono anche che gli operai non dovrebbero giocare.

Siamo nel 1879, il calcio è ai primordi. È un gioco dominato da squadre dell’alta società che ne hanno inventato le regole. Fino a quell’anno nessuna squadra proletaria è mai arrivata ai quarti di finale di FA Cup. Una squadra di operai del Lancashire, il Darwen FC, ingaggia per la prima volta due giocatori scozzesi, Fergus Suter (Kevin Guthrie) e Jimmy Love (James Harkness) strappandoli alla loro squadra di Glasgow e pagandoli per giocare. Nel primo episodio vediamo la squadra di operai opposta agli Old Etonians, squadra di ricchi londinesi, campione in carica, capitanata da Arthur Kinnaird (Edward Holcroft).

Con un salto temporale, nel secondo episodio ci troviamo sei mesi dopo, con la nuova FA Cup da disputare, e una nuova squadra, il Blackburn Rovers, che ha deciso di acquistare i migliori giocatori, compresi Suter e Love, per creare un team di professionisti e provare davvero a vincere la coppa.

L’Old Etonians Football Club è una squadra di calcio inglese i quali calciatori sono ex studenti dell’Eton College, ad Eton, Berkshire. Fondati da Lord Kinnaird, furono l’ultimo club amatoriale a vincere la FA Cup il 25 settembre 1882 battendo il Blackburn Rovers per 1-0 al The Oval. L’anno seguente persero nei minuti di recupero per 2-1 contro un’altra squadra di Blackburn, il Blackburn Olympic.

 

La finale si giocò il 31 marzo 1883 al Kennington Oval di Londra. Gli studenti dell’Eton College un anno prima avevano vinto il torneo battendo il Blackburn Rovers, la prima squadra dell’Inghilterra settentrionale a raggiungere la finale, ma non riuscirono a ripetersi. Passarono in vantaggio nel primo tempo grazie a un gol di Harry Goodhart, ma il giocatore dell’Olympic Arthur Matthews segnò la rete del pareggio nel secondo tempo. Poco dopo l’Old Etonians perse l’attaccante Arthur Dunn per infortunio e fu costretto a concludere la partita in dieci uomini. Alla fine dei novanta minuti le due squadre erano ancora in parità. Secondo le regole dettate dalla Football Association, l’arbitro e i due capitani in caso di parità potevano decidere di giocare per ulteriori 30 minuti invece di ripetere la partita. Si fece così e a dieci minuti dal termine il Blackburn Olympic segnò il gol della vittoria con Jimmy Costley. Una volta tornati a Blackburn furono accolti come eroi e celebrarono la vittoria.

(Il BlackburnOlimpic)

La rivalità più sentita dal Blackburn Olympic era quella con i concittadini del Blackburn. Le due squadre si sfidarono per la prima volta nel mese di febbraio del 1879 e l’Olympic vinse per 3-1. In totale tra le due squadre si disputarono quaranta incontri ma soltanto sei di questi si conclusero con la vittoria dell’Olympic.

La rivalità diventò particolarmente accesa nel settembre del 1884, quando, tra le accuse delle due squadre di rubarsi a vicenda i giocatori migliori, il segretario del Blackburn Rovers inviò un telegramma all’Olympic affermando che la sua squadra non avrebbe giocato contro l’Olympic nella stagione 1884-1885. Le due squadre furono però sorteggiate l’una contro l’altra in FA Cup a dicembre e le partite tra i rivali ripresero in seguito in quella stagione

All’epoca del Blackburn Olympic non esisteva ancora il concetto dell’allenatore della squadra. Tuttavia alcune fonti moderne identificano Jack Hunter come manager del club. Il compito principale di Hunter era quello di allenare i giocatori ma negli ultimi anni di storia del club si occupò anche di individuare ed ingaggiare i calciatori dilettanti più promettenti.

L’Olympic non aveva uno stemma, ma nell’edizione della FA Cup vinta dal club alcuni giocatori portavano il simbolo della Lancashire Football Association cucito sulla maglia.

 

Arthur Fitzgerald Kinnaird, undicesimo Lord Kinnaird KT ( Kensington, 16 febbraio 1847-30 gennaio 1923) era un preside britannico della Football Association e un calciatore di spicco, considerato da alcuni giornalisti la prima stella del calcio. Kinnaird è stato anche presidente della FA per 33 anni.

Di lui si diceva che giocava quattro o cinque partite alla settimana e non si stancava mai, ma aggiunse, in età avanzata, che non gli sarebbe mai stato permesso di rimanere sul campo cinque minuti in questi ultimi giorni. Tuttavia, era onesto, al di sopra della media, ed era pronto a ricevere tutti i colpi che gli si presentarono senza lasciare traccia di risentimento. Il padre di Kinnaird, Arthur Kinnaird, decimo Lord Kinnaird , era un banchiere e deputato prima di prendere il suo posto nella Camera dei Lord e dopo aver studiato alla Cheam School, all’Eton College e al Trinity College di Cambridge, andò a lavorare nella banca di famiglia.

Where Was 'The English Game' Filmed?

Kinnaird giocò per la prima volta a calcio mentre era alla Cheam School e fu capitano della squadra della scuola nel 1859, all’età di 12 anni, per una partita contro la Harrow School . Continuò a giocare a calcio all’Eton College , vincendo la House Cup nel 1861 con Joynes’s House.

Come giocatore, Kinnaird  può vantare un record notevole nella Coppa d’Inghilterra avendo  giocato un record di nove finali di Coppa. È stato dalla parte dei vincitori tre volte con Wanderers e due volte con gli Old Etonians, ricoprendo tutti i ruoli, dal portiere all’attaccante.

Nella serie Netflix 2020 The English Game , Kinnaird è interpretato da Edward Holcroft  che abbiamo già visto nella serie cinematografica Kingsman e nella serie televisiva Wolf Hall (2015), London Spy (2015) e Alias ​​Grace (2017).

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FergusFergie” Suter (21 novembre 1857 – 31 luglio 1916) era un ex scalpellino e calciatore,  probabilmente il primo calciatore professionista riconosciuto, Suter era originario di Glasgow , in Scozia, e ha giocato per il Partick prima di trasferirsi in Inghilterra per giocare con il Darwen e i Blackburn Rovers.

Le sue prime mosse sotto il confine nel calcio inglese furono con il Partick, e il 1 ° gennaio 1878 giocò per loro contro Darwen al Barley Bank e contro Blackburn Rovers il giorno seguente. Verso la fine di quell’anno iniziò a giocare per il club del Lancashire Darwen, poco dopo Tommy Love.

Nell’ottobre 1878, infatti la City of Glasgow Bank crollò improvvisamente causando enormi perdite per i suoi 1200 azionisti che avevano responsabilità illimitate.
Uno di essi  era un importante costruttore di Partick chiamato Peter McKissock, che immediatamente  licenziò tutti i suoi uomini, compresi gli scalpellini. Tra questi, sembra probabile, il 21enne Fergus Suter. Per questo Suter deve aver scritto a Jimmy Love a Darwen per chiedere se anche lui potesse trovare un posto nella squadra di calcio.

Sebbene all’epoca il gioco fosse ufficialmente amatoriale, il trasferimento di Suter in Inghilterra per giocare a Darwen nel 1878 fu seguito da lui che aveva rinunciato al lavoro come scalpellino, sostenendo che la pietra inglese era troppo difficile da lavorare e alimentava le critiche che stava facendo pagato per giocare. Durante l’estate del 1880 causò ancora più polemiche trasferendosi a Blackburn Rovers, un rivale locale di Darwen. La mossa ha nuovamente suscitato accuse di professionalità tra le affermazioni secondo cui Blackburn gli aveva offerto condizioni migliori. La mossa di Suter ha infiammato una rivalità locale già provocatoria e giochi amari e problemi di folla hanno perseguitato per anni le future partite di Darwen-Blackburn.

La sua carriera era quasi finita quando si formò la Football League nel 1888. Fece una sola apparizione per Blackburn Rovers in quella competizione, il 22 dicembre 1888 contro l’ Albion in sostituzione del portiere Herbie Arthur . E ‘apparso in quattro FA Cup finali e dopo Blackburn erano runners-up a Old Etonians nel 1882, ha raccolto tre medaglie del vincitore nel 1884, il 1885 e il 1886.

Suter è l’altro coprotagonista  di The English Game (2020) ma  la serie lo descrive erroneamente mentre andava al Blackburn club che vinse la FA Cup nel 1883  che fu Blackburn Olympic, che sconfisse gli Old Etonians per diventare la prima squadra della classe operaia a vincere il trofeo. In realtà, Suter ha giocato per i rivali locali di Olympic Blackburn Rovers ed era nella squadra che ha perso nella finale di Coppa del 1882 , anche contro gli Old Etonians. In seguito avrebbe conseguito tre vittorie consecutive nel 1884 , 1885 e 1886.

Le cronache del tempo non avevano  chiaro il motivo (ma è facilmente immaginabile che avessero entrambi bisogno di soldi),  per cui  James Love e Fergus Suter lasciarono il Partick per unirsi a Darwen, dove divennero, quasi certamente, i primi giocatori professionisti.
proprio in  quel particolare momento e proprio  verso quel club.

Il povero Tommy Marshall è stato un po’ bistrattato nella miniserie mentre è stata omessa la circostanza che Suter avesse un fratello che giocava anch’egli tra le fila del Partick. Jimmy Love fu il primo ad arrivare e poche settimane dopo lo raggiunse Fergie Suter che fece il suo debutto al Darwen a fondo campo. La loro presenza ebbe un effetto rivoluzionario per il modo di giocare a calcio intensificando lo scambio di passaggi e il gioco combinato, e questo portò il Darwen a disputare per la prima volta i quarti di finale di Coppa d’Inghilterra.

Chi era Jimmy Love è più difficile da andare a ripescare. James Love nacque a Gushetfaulds Cottage a Glasgow nel 1858, suo padre era il gestore di un deposito di carbone annesso alla stazione ferroviaria. All’età di nove anni, suo padre – anche lui chiamato James Love – abbandonò questo incarico per avviare un’impresa appaltatrice, che includeva la fornitura di carbone, la pulizia delle strade e lo smaltimento del letame di cavallo. La famiglia si trasferì a Greenock e poi a Glasgow e, per farla breve, nell’estate del 1877 l’attività fallì e il padre fu dichiarato fallito.
Nel frattempo, James Junior si è anche impegnato come imprenditore delle pulizie di strada a Partick, ma in breve tempo anche lui ha avuto difficoltà finanziarie e un commerciante di cavalli ha chiamato un debito non pagato.
Nell’ottobre del 1878, i suoi due cavalli e le sue attrezzature, tra cui una spazzatrice stradale, furono venduti a una vendita all’asta. Un paio di settimane dopo fu convocato al tribunale fallimentare di Glasgow e dopo un paio di mancate comparizioni, lo sceriffo  emise un mandato di cattura che per fortuna non lo raggiunse mai: James Love era fuggito dai suoi debiti. Era andato a Darwen. Entrando direttamente nella squadra di Darwen, formò una partnership di destra con Tommy Marshall e ottenne un discreto successo.
Inspiegabilmente però, dopo appena un anno, lasciò la squadra di Darwen per ragioni che non erano chiare. Forse le entrate del calcio si erano prosciugate e non avendo lavor e non potendo tornare a casa per colpa del mandato d’arresto che incombeva su di lui, colse  l’unica opportunità che si presentava a un giovane nel pieno delle forze:  si arruolò nell’esercito.
Per essere precisi, si iscrisse ai Royal Marines a Liverpool il 24 febbraio 1880 (come risulta dai  documenti di attestazione degli Archivi nazionali) e pare poi che sia morto di febbre enterica durante la campagna d’Alessandria in Egitto.

 

Special thanks go to Andy Mitchell who allowed me to consult and 
reproduce passages from his article: 
http://www.scottishsporthistory.com/sports-history-news-and-blog/
from-partick-with-love-the- story-of-jimmy-love-and-fergie-suter-
the-first-professional-footballers

Un particolare ringraziamento anche alla

RECENSIONE di  — 24/03/2020

 

 

 

 

 

 

Filmografia di Piccole Donne

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Se il libro di Piccole donne è stato ristampato innumerevoli volte e dopo poco essere stato pubblicato, è stato tradotto in più di 14 lingue, non potevano mancare anche i diversi tentativi di adattarlo al grande schermo facendone una trasposizione cinematografica.

Sorprende che i primi due adattamenti risalgano al cinema muto, perciò le prime due trasposizioni sono due film del 1917 e del 1918, il primo inglese, l’altro americano.

Little Women è un film muto del 1917 diretto da Alexander Butler, di fattura britannica. È il primo adattamento cinematografico del romanzo Piccole donne della scrittrice statunitense Louisa May Alcott. Il film è considerato perduto. Il cast:
Daisy Burrell: Amy March
Mary Lincoln: Meg March
Minna Grey: Marmie March
Ruby Miller: Jo March
Milton Rosmer: Theodore Lawrence
Muriel Myers: Beth March
Wyndham Guise: il professore
Roy Travers: John Brooke
Lionel d’Aragon: Mr. Laurence
Florence Nelson: zia March
Bert Darley: pastore March
Molly Vaughan: Sally Moffatt
Vivian Tremayne: Belle Moffatt
Sylvia Cavalho: Anne Moffatt
Nella foto Milton Rosmer, Ruby Miller nei panni di Jo March e la star della commedia musicale Daisy Burrell nei panni di Amy March.

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Little Women (1918)
Diretto da Harley Knoles, sceneggiatura di Anne Maxwell, è anch’esso un film muto.

Considerato anch’esso perduto è il primo adattamento americano, dal brillante nome Harley Knoles, un regista britannico che trascorse gli anni ’10 lavorando negli Stati Uniti.

Jo March è stata interpretata dalla regina del cinema muto Dorothy Bernard.

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Piccole Donne (1933)

Primo film vero e proprio, diretto da George Cukor con Katharine Hepburn e Joan Bennett.
Vincitore dell’Oscar 1934 per Miglior film con sceneggiatura non originale e sempre nel 1934 al Festival di Venezia fu riconosciuta la Miglior interpretazione femminile a Katharine Hepburn.

Il film venne proiettato per la prima volta il 16 novembre 1933 e riscosse subito un grande successo di pubblico, tanto da indurre i gestori della sala cinematografica a venir meno ad una regola rigorosa: quella di togliere i film dopo la prima settimana di programmazione. Piccole donne, infatti, restò in cartellone per tre settimane di seguito.

Essendo la versione più datata è quella alla quale si addice meglio la definizione di gioiellino classico in tutti i sensi, anche se sbilanciati i tempi narrativi, specialmente tra primo e secondo romanzo della saga.

L'immagine può contenere: 3 persone, testo

Piccole donne (1949) di Mervyn LeRoy.

Per quanto riguarda il cast, LeRoy sceglie per interpretare le sorelle March, 4 attrici che erano già sotto contratto con la MGM. Per la parte della dolce e bella Meg, la figlia maggiore,viene scelta la 22enne Janet Leigh,Per interpretare la 15enne ribelle Josephine (più semplicemente Jo) viene scelta la 32enne June Allyson che era naturalmente bionda e per la parte di Jo le furono tinti i capelli color castano.
Rispetto al romanzo, nel quale Amy è la figlia più giovane, nel film si decide che sia Beth la più piccola (e quindi la più fragile e innocente), e la parte viene data a Elizabeth Taylor che all’epoca ha 17 anni e questo sarà comunque il suo ultimo film adolescenziale. Per interpretare la piccola Beth viene scelta la 12enne Margaret O’Brien, orfana, che aveva fatto il suo debutto a 4 anni.
Ad interpretare  Theodore Laurence  viene scelto Peter Lawford, mentre il timido Professor Baher è interpretato da Rossano Brazzi.
I costumi sono di Walter Plunkett, lo stesso che aveva realizzato gli abiti della versione del 1933 di George Cuckor con Katherine Hepburn e Joan Bennet (e costumista di Via col Vento). La colonna sonora è realizzata da Adolph Deutsch, lo stesso compositore di Sette spose per sette fratelli e A qualcuno piace caldo.

Il film fu proiettato al Radio City Music Hall di New York nell’aprile del 1949, nonostante fosse pronto già dal 1948, perchè si volle sfruttare per il lancio il 25esimo anniversario dello Studios, incassando 3,6 milioni di dollari al botteghino.
Nel 1950 il film vince l’Oscar per la migliore scenografia. I set sono molto curati e ricchi di particolari; le stanze sono state arredate seguendo lo stile di Orchard House di Louisa May Alcott.

 

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Piccole donne  (1994).

Diretto dalla regista australiana Gillian Armstrong, il primo con una regia femminile.

Indimenticabili Susan Sarandon e Wynona Ryder, ma anche Gabriel Byrne e Christian Bale.

E’ la versione più convincente per la scelta e le interpretazioni degli attori, la sceneggiatura, la scenografia, i costumi.
Ha ricevuto 3 nomination per gli Oscar

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Little Women (1978)
Esiste anche un’altra miniserie degli anni Settanta, diretta da David Lowell Rich, sceneggiatura di Suzanne Clauser, le cui recensioni americane non segnalano per meriti particolari.

Susan Dey e William Shatner, nella foto, sono risultati credibili come Jo e il prof. Bhaer.

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Little Women (2017)
Diretto da Vanessa Caswill, sceneggiatura di Heidi Thomas

Questo recente adattamento in tre parti della BBC vede come protagonista Maya Hawke,  figlia di  Uma Thurman-Ethan Hawke, nel ruolo di Jo March. Emily Watson interpreta la matriarca zia March e di marzo, e Kathryn Newton è Amy March (che Greta Gerwig (!) aveva già diretto in Lady Bird).

Questa versione, che coscientemente sceglie un taglio più alleggerito ma non prescinde, anzi dà per scontato il testo scritto, può cogliersi una maggiore coralità d’insieme e una nota di freschezza dovuta alle giovanissime attrici emergenti che impersonano le quattro sorelle March, ai costumi e alla scenografia accattivante. I grandi nomi che sono stati loro affiancati, oltre ad arricchire il cast e impreziosire la caratterizzazione dei personaggi più adulti, hanno il pregio secondo me di non oscurare gli altri. Il film è stato interamente girato in Irlanda nel mese di agosto, lontanissimo quindi da luoghi e condizioni ambientali originali ma gli interni curatissimi e gli ambienti ricreati sapientemente confermano la famosa attenzione per i particolari e la ricostruzione storica della produzione inglese.

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La sceneggiatura non ha apportato novità significative, anzi piuttosto il contrario visto che, operando qualche taglio o salto temporale, si rivela a volte troppo sbrigativa o criptica. Ci guadagna in compenso la narrazione per immagini che invece sono molto evocative. Rispetto alle precedenti versioni cinematografiche, con le quali non ritengo opportuno stabilire paragoni, trattandosi di prodotti e fatture troppo diversi, alcuni personaggi sono stati meglio approfonditi (Mrs March per esempio ha i suoi momenti di debolezza che la rendono meno perfetta e più umana, e molto più somigliante alla vera Marmee), mentre altri, come Laurie, risultano penalizzati.

Il risultato finale è indubbiamente più vicino e rispondente al gusto moderno,  e tutt’altro che deludente nella sua visione complessiva, e anche se si tratta di una storia cara, più volte raccontata, beneficia di un’aurea di tenerezza e calore umano che circondano da sempre i valori familiari propugnati da Louisa May Alcott.

 

Little Women (2018)

Regia di Clare Niederpruem. Un film con Lea Thompson, Lucas Grabeel, Ian Bohen, Melanie Stone, Stuart Edge, Elise Jones.

Una nuova versione cinematografica del romanzo di Louisa May Alcott, che al Box Office Usa Little Women ha incassato nelle prime 2 settimane di programmazione 1,3 milioni di dollari e 747 mila dollari nel primo weekend, e che racconta la storia delle quattro sorelle March in chiave moderna.

Uscito in occasione del 150 ° anniversario della pubblicazione del romanzo, questa versione ottiene consensi per aver scelto Lea Thompson come Marmee ma convince meno per l’attualizzazione del romanzo che è stata scelta e che fa decisamente rimpiangere le atmosfere del romanzo classico.

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Osservazioni

Dopo tutte queste versioni cinematografiche direi che una costante le accomuna tutte e cioè il fatto di non aver mai azzardato l’uso di un diverso titolo: credo che sia uno dei rarissimi casi in cui  il titolo originale sia da considerarsi intoccabile!

Dalla seconda versione in poi, il paragone con il precedente è stato inevitabile ed è stato sempre pagato lo scotto a favore del primo, definito puntualmente indimenticabile, insuperabile.

Ciascuno di noi ha la sua versione preferita, il suo film del cuore. Gusti, impressioni, sensibilità diverse, fanno sì che una di esse rivesta per noi un valore speciale o sia legata a un ricordo particolare. Così come che si possa essere più o meno d’accordo con determinati aspetti, soluzioni, scelte dovute alla trasposizione su pellicola, non ultimo con il messaggio che il regista ha voluto di volta in volta comunicare.

Piccole donne rimane un gran bel libro, che fa parte della nostra vita,  in cui ogni  generazione di gioventù continua a ritrovarsi, un Classico con la maiuscola che come tale sarà Eterno, e difficilmente sarà eguagliabile. Non stupisca allora, ma anzi inorgoglisca, che anche il cinema del secondo millennio gli rende omaggio!

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Credo vada menzionato, per gli amanti del genere e per onorare i nostri ricordi d’infanzia, il Cartone Animato del 1987

Una per tutte, tutte per una (愛の若草物語 Ai no wakakusa monogatari?, lett. “Storia di gioventù e d’amore”), è un anime prodotto dalla Nippon Animation nel 1987 in 48 episodi e ispirato al romanzo Piccole donne di Louisa May Alcott e in piccola parte dal successivo Piccole donne crescono. Di questo anime è stato prodotto un sequel nel 1993 dal titolo Una classe di monelli per Jo tratto dai successivi romanzi, Piccoli uomini e I ragazzi di Jo.

Immagine

Link:

https://www.blogfrivolopergenteseria.it/2015/11/langolo-dei-film-piccole-donne.html?fbclid=IwAR0BhmccefFMLTDCqzv9ar8NsE0dX-hDTtCCcOTMRzrTF-h2_Q5HTLDEIFg

https://news.letterboxd.com/post/187019729548/ranking-little-women

https://ipiaceridellalettura.wordpress.com/2018/05/12/little-women-sceneggiato-bbc/

Piccole Donne – Versione del 2019

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Complessivamente il film mi è piaciuto moltissimo, è commovente, intenso, e la scelta dei flashback, che mi lasciava un po’ perplessa, invece mi ha convinto perché erano ben collegati e perché ha dato alla narrazione un taglio diverso rispetto alle precedenti versioni. Il film infatti inizia con Jo che si trova già a New York -siamo già in Piccole Donne crescono– e si guadagna da vivere impartendo lezioni alle figlie della sua pensionante e scrivendo racconti. Mano a mano si dipana il filo dei suoi ricordi e il passato spiega il presente.

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Per lo spazio riservato a Jo che è la figura centrale e saliente, lo avrei intitolato a lei, ma bisogna riconoscere che anche le altre sorelle hanno ricevuto la loro dose di attenzione prima fra tutte Amy che finalmente viene fuori come personaggio con una sua statura, adatta perfino a tenere testa a quello di Jo.

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Tra i personaggi che mi hanno deluso ci sono Mrs March e il prof. Bhaer. Ho trovato la prima inadatta al ruolo, e rispetto alle precedenti, e per come è stata caratterizzata: rideva troppo per i miei gusti, indossava abiti troppo eleganti ed è stata scelta un’attrice forse troppo giovane (almeno in riferimento alle figlie), come troppo giovane mi sembra Laurie. Devo comunque dare atto alla regista di aver ben messo in evidenza il particolare rapporto di complicità esistente tra lei e Jo che in realtà riflette quello tra Abba e Louisa!

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Altro sconosciuto è risultato il prof. Bhaer: è sparito il compassato professore tedesco con i suoi saggi consigli, la sua corte discreta, le sue piccole attenzioni; il doppiaggio è stato pessimo e l’avergli attribuito un accento francese ha peggiorato le cose.  Fisicamente il personaggio non assolve alle caratteristiche con cui tutti noi nel nostro immaginario ci siamo figurate il professore che fa capitolare Jo e la loro scena sotto l’ombrello ha perso parecchio da questo punto di vista, considerato anche l’incitamento dei familiari a inseguirlo (cosa che invece Jo fa spontaneamente nel libro) e la corsa in carrozza delle tre sorelle.

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Quando Jo scrive a casa per raccontare com’è la sua vita alla pensione e le sue nuove conoscenze, lo descrive così:

E’ il vero tipo tedesco, piuttosto massiccio, con capelli castani arruffati, una barba cespugliosa, un bel naso, gli occhi più dolci che abbia mai visto, e un magnifico vocione che fa piacere sentire dopo le nostre voci americane stridule e nasali. Abiti malandati, mani larghe, e tratti del volto che non si possono in verità dire belli, all’infuori dei denti magnifici. Tuttavia mi piace poiché ha una bella testa…

La maestria di Mery Streep mi fa superare le discrepanze rispetto al personaggio tratteggiato da Louisa Alcott riuscendo addirittura a strapparmi più d’un sorriso di simpatia.

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La regista Greta Gerwig si è presa parecchie libertà e licenze che escono dal seminato del libro e fanno storcere il naso ai puristi e agli estimatori  delle precedenti versioni cinematografiche ma sul finale ha esattamente rispettato quello del libro: il sessantesimo compleanno di Mrs March festeggiato a Plumfield!

Una costante rispetto ai precedenti adattamenti è rappresentata dal rev. March: lui sì che può essere considerato un punto fermo, la sua parte assolutamente secondaria è assicurata!

Saoirse Ronan è bravissima e coinvolgente: la sua Jo è spesso alter ego di Louisa May Alcott, stando alle affermazioni e ai sentimenti dimostrati. Ci sono infatti degli innesti biografici che mi inducono a crederlo, almeno sulla base del libro di Martha Saxton, Louisa May Alcott. Una biografia di gruppo, edito da Jo March, che sto leggendo proprio in questi giorni da cui sembra tratta in effetti l’emozionante scena in cui Jo, dopo aver scritto ininterrottamente per giornate intere, senza mai correggere o ripensare una sola parola, assiste alla stampa della prima edizione del suo Piccole Donne, forte di aver rifiutato di cedere al suo editore i diritti d’autore.

Prima di cimentarsi in un romanzo per ragazze Louisa, che nel frattempo aveva accettato di lavorare per la rivista Merry’s Museum, scrisse un racconto che  narrava di Nan, Lu, Beth e May che offrivano in dono la loro colazione ai vicini poveri. Contrariamente al suo solito ne fu soddisfatta e il giorno del suo trentacinquesimo compleanno contava i soldi guadagnati da poter inviare a casa. Fu questa la prova generale dell’inizio della sua carriera come scrittrice di successo proprio in un genere in cui non si sentiva portata.

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Consiglio a tutti di vedere il film -che è candidato all’Oscar!- e di non farsi distogliere dai giudizi altrui.

Non sono un critico cinematografico e i miei rilievi vanno considerate delle semplici osservazioni che mi sono sentita di condividere allo scopo di invogliare alla visione che rimane un’esperienza oltremodo emozionante.