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La primavera di una Miss

La primavera di una miss

Thina Sulas

K. U.

Sinossi:

Brighton, East Sussex (1807-1809)

«Una benedizione, madre?! Che Dio vi perdoni! Il denaro e quel titolo stanno trasformando la nostra famiglia dal giorno stesso in cui Mr. Connolly ha messo piede in casa! Come potete non vederlo?»

Possedere ricchezze può influire sul carattere delle persone, finanche sulle scelte in amore… Lo sa bene Sarah Cooper, coscienziosa ragazza di campagna che, di colpo, grazie a un cospicuo vitalizio, vede mutare gli affetti più cari.

Presto travolta dalle regole del ton, ma non ancora piegata a un destino da debuttante, a rallegrare l’umore di Miss Cooper sarà l’incontro con Mr. Walford; valletto di Sua Grazia, il duca di Dorset, semplice uomo e di ampie vedute, si rivelerà il movente per cui sfidare ogni convenzione. Ma ne varrà davvero la pena?
Tra il mare di Brighton e Londra, segreti e pettegolezzi, il destino di Sarah prenderà una direzione del tutto inattesa.

Recensione:

Appena scorriamo le pagine di questo history romance, capiamo subito di avere a che fare con una Miss tutt’altro che convenzionale. Come il titolo può suggerire, la storia è ambientata in epoca Regency e la primavera della vita per le ragazze di quell’epoca poteva e doveva coincidere con la stagione londinese del debutto in società con ballo e cotillon.

La famiglia dei Cooper è almeno all’inizio molto somigliante ai Bennet di Longbourn e le anche se poi cammin facendo la storia prenderà strade diverse, la protagonista, Sarah, ci ricorderà sempre per la franchezza e assertività dei modi, la consorella Lizzie.  L’imperativo a cui risponde è di natura del tutto particolare:

Insegui la tua primavera e non fermarti fino a quando non l’avrai trovata.

Improvvisamente, un colpo di fortuna (un lascito testamentario) cambia favorevolmente le condizioni economiche della famiglia Cooper e le loro abitudini di vita: Mr e Mrs Cooper improvvisamente diventano Lady e Sir e le loro tre figlie si ritrovano dalle stalle alle stelle (è proprio il caso di dire). Cambiano presto anche le loro prospettive, perciò adattarsi è ancora più difficile soprattutto per Sarah, la primogenita, abituata a rimboccarsi le maniche e a fare la sua parte. Abituata anche ad avere i propri spazi, senza preoccuparsi delle regole dell’etichetta, sorda e refrattaria ai richiami delle società.

La paura più grande di Miss Cooper, al di là di ambizioni e sogni romantici, è perdere la propria libertà, di uscire, di pensare, di amare. Con una vita imbrigliata nelle rigide regole del Ton si vede invece privata progressivamente di tutto questo e teme di perdere di vista l’autenticità dei legami e degli affetti familiari, specialmente con i genitori che la ricchezza ha trasformato.

Nell’economia generale del libro l’incontro con Mr Walford fa da spartiacque creando una spaccatura e una svolta rispetto al passato di Miss Cooper e indirizzandola verso quel finale che lei non voleva per sé ma a cui, in un tripudio di abiti colorati e sentimenti, l’autrice la sospinge e il lettore la accompagna molto piacevolmente.

Il viso della ragazza si sollevò, cercando gli occhi più belli del suo cielo e lasciò che lui trovasse i suoi, in silenzio, accogliendone il dolce e il salato: il suo era un sì, il più immenso, profondo e sentito che avesse mai scelto di non pronunciare in tutta la vita.

Finché non aprirai quel libro

Finché non aprirai quel libro

Michiko Aoyama

Garzanti editore

Dal Giappone un fenomeno editoriale in corso di pubblicazione in tutto il mondo. In patria ha venduto più di 150.000 copie in poche settimane dall’uscita e vinto il premio Japan Booksellers’ Award, assegnato dai librai. Una donna, un libro, la vita che cambia. Affidarsi a qualcuno può essere difficile ma anche liberatorio. Non abbiate paura: la signora Komachi è pronta a farvi bere un sorso di nuova felicità.

Sinossi

Giappone. Per prima cosa si entra in biblioteca. Poi bisogna trovare la signora Komachi, dalla pelle candida e con uno chignon fissato da uno spillone a fiori. Infine, aspettare che ci chieda: «Che cosa cerca?». Sembra una domanda banale, ma non lo è. Perché la signora Komachi non è come le altre bibliotecarie. Lei riesce a intuire quali siano i desideri, i rimorsi e i rimpianti della persona che le sta di fronte. Così, sa consigliare il libro capace di cambiarle la vita. Perché in fondo, come dice Borges, «il libro è una delle possibilità di felicità che abbiamo noi uomini». È così per Tomoka che, fagocitata dalla vita di città, ha smarrito la serenità; per Ryō, che ha un sogno, ma è in eterna attesa del momento giusto per realizzarlo. Poi ci sono Natsumi, che ha visto arenarsi la propria carriera dopo la gravidanza e non ha più la forza di lottare per riavere quello che ha perso; e Hiroya, troppo concentrato su sé stesso per cogliere nuove opportunità. Ognuno di loro esce dalla biblioteca stringendo tra le mani un libro inaspettato, e tra quelle pagine troverà il coraggio di cambiare prospettiva e non arrendersi. A volte è facile smarrire la strada e farsi domande sbagliate che non dissipano la nebbia che si ha davanti. Allora, bisogna guardare oltre e scorgere il raggio di sole che filtra dalle nuvole. La signora Komachi è lì per indicare la strada grazie al potere mai sopito dei libri.

Recensione:

Anche se il titolo sembra una minaccia velata, in realtà questo libro è un toccasana per i lettori incalliti.

Anzi, è una vera e propria una promessa perché “finché non aprirai quel libro” non riacquisterai la fiducia in te stessa come la protagonista del primo racconto o non deciderai di seguire i suoi sogni come il ragazzo del secondo.  Con una bibliotecaria improbabile che dispensa ottimi consigli di lettura (e di vita) e lavora lana cardata (hobby ancor più improbabile) ogni protagonista dei racconti finisce per capitare da lei, insoddisfatto della propria vita e in cerca di risposte. Nei libri, favole, manuali, romanzi, c’è la risposta giusta o di cui si ha bisogno, basta solo saperla cercare.

In un mondo in cui non si sa che cosa può accadere domani, sto facendo quello che mi è possibile fare in questo momento.

Un libro sui bisogni essenziali. Una lettura rilassante, che induce alla meditazione e a rallentare la frenetica corsa di tutti i giorni per prendersi una pausa.

È una ruota panoramica che gira e rigira. È davvero interessante, non trovi? Ciascuno rincorre solo il posteriore di chi gli sta davanti e non c’è né un capofila né un chiudi fila. In altre parole, in fatto di felicità nessuno primeggia e non esiste una forma perfetta.

Si tratta di più storie; una serie di circostanze che richiamano i racconti dall’interno e come in un disegno che si ottenga collegando tutti i puntini sparsi.

L’amore per i libri è alla base del libro e ingrediente fondamentale in ogni fase della vita.

Sono contenta se ho fatto da ponte con un libro che non vuoi soltanto leggere, ma addirittura tenere con te.

Con il mio “I piaceri della lettura” vorrei riuscire a fare altrettanto.

Grazie a te che leggi.

Le pagine perdute di Jane Austen

Tutti coloro che amano Jane Austen sanno che I Watson e Sanditon non sono nati sotto la stessa buona stella di Ragione e sentimentoOrgoglio e pregiudizioMansfield ParkEmmaPersuasione e L’abbazia di Northanger. In questo volume Romina Angelici ci presenta i due frammenti austeniani nell’eccellente traduzione di Giuseppe Ierolli, intervallandoli a parti di narrativa nate dalla sua penna. Le pagine perdute di Jane Austen è infatti un’opera in cui l’autrice immagina un potenziale finale per I Watson e una fittizia avventura di Jane Austen che sarebbe stata poi la fonte di ispirazione per Sanditon. Attraverso questo gioco letterario, Romina Angelici crea un collegamento tra i due romanzi incompiuti dando loro nuova linfa vitale. Omaggia così un’autrice immortale come Jane Austen e regala a ogni Janeite la possibilità di trascorre qualche ora nel mondo Regency rivivendo ancora una volta l’incanto austeniano.

Disponibile dal 1 aprile 2023

Ebook in offerta lancio € 1,99

Cartaceo a € 15,00

Nella buona e nella cattiva sorte

Titolo: Nella buona e nella cattiva sorte 

Autrice: Martha Waters

Editore: Heartbeat Edizioni 

Genere: Historical Romance 

Serie: The Regency Vows #1 

Pagine: 278

Finale: Autoconclusivo 

Data di pubblicazione: 7 Febbraio 2023

Trama

Cinque anni fa, Lady Violet Grey e Lord James Audley si incontrarono, si innamorarono e si sposarono. Quattro anni fa ebbero una lite tremenda e da quel momento si parlano appena. Il loro amore passionale si è ridotto a gesti di gelida cortesia. Tuttavia, quando Violet riceve una lettera in cui le annunciano che James è caduto da cavallo e che si trova nella loro casa di campagna, privo di sensi, corre da lui e lo trova alla taverna in perfette condizioni, ignaro della preoccupazione della moglie.

Violet è oltraggiata, James è confuso. E la distanza tra di loro non è mai stata così evidente. Poiché vuole impartire una lezione al marito, decide di fingersi malata. James capisce subito la verità, ma preferisce stare a quel gioco di manipolazioni, fatto di attori che si travestono da medici, minacce di viaggi in Svizzera, false amanti e molti tentativi di seduzione tra marito e moglie che forse non si odiano tanto quanto credevano. Riusciranno a superare quattro anni di rancore oppure continueranno a negare il legame che li unisce?

Con eleganza e romanticismo, Nella buona e nella cattiva sorte è una commedia romantica, divertente e perfetta per i fan di Jasmine Guillory e Julia Quinn.

The Regency Vows series:

#1 Nella buona e nella cattiva sorte (7 Febbraio 2023)

#2 To Love and to Loathe

#3 To Marry and to meddle

#4 To Swoon and to Spar

RECENSIONE

Apprezzabile e riuscito il cambio della trama classica dei Regency romance: in questo caso Martha Waters non ci presenta un fidanzamento burrascoso e combattuto che sfocia nel matrimonio. Violet e James bruciano subito le tappe e si ritrovano sposati travolti da un repentino innamoramento.

Ma la loro luna di miele dura poco; nel giro di un anno il ménage coniugale entra in crisi. Ai baci subentrano sguardi in cagnesco, alle chiacchierate i litigi e al tempo trascorso insieme, l’allontanamento in tutti i sensi.

Era ancora quel ragazzino che non riusciva a credere che l’amore che qualcuno provava per lui fosse sincero e incondizionato.

I due neosposi ingaggiano dunque una sfida più o meno aperta a farsi del male, convinti come sono e intestarditi delle proprie ragioni.

“Non capisco perché gli uomini pensino che il matrimonio sia una condanna”, disse. “A me sembra che le donne abbiano molto più da lamentarsi…”

Tant’è che la storia diventa a un certo punto una specie di rompicapo per scoprire la rete di provocazioni e bugie in cui ingarbugliano i loro rapporti, il tutto riassumibile in un “Io non so che tu sai che io so”.

Complice il variegato gruppo di nobili amici che tra una serata, un ricevimento e un ballo, sono più che consenzienti a farsi invischiare in questa schermaglia amorosa.

I nostri protagonisti sono giovani e un po’ irruenti, scopriranno presto che per districarsi dovranno usare più cuore e meno calcoli e che nel matrimonio, più dell’amore, quello passionale, descritto e analizzato con dovizia di particolari, è la fiducia reciproca la vera conquista finale, una meta molto più difficile da raggiungere.

Romina

Inganno d’onore di Linda Bertasi

Titolo: Inganno d’Onore

Autore: Linda Bertasi

Editore: Self Publishing

Serie: La Confraternita dei Leoni #4

Genere: Regency

Data di pubblicazione: 9 gennaio 2023

Trama

Li chiamano Uomini d’Onore, ma quanto pesa quell’onere su pelle e cuore.

GIUGNO – 1815 Ana O’Connor – una cascata di boccoli rossi come il fuoco, occhi verdi come le praterie d’Irlanda e una croce celtica al collo – è la figlia di Lord Galway. Fiera e ribelle, aborrisce tutto ciò che è convenzione e non vuole trovare marito. Non è dello stesso avviso il suo aitante fratello che la sta conducendo al ballo della duchessa di Richmond. Pesanti debiti gravano sulle spalle degli O’Connor, e l’unico modo per risollevarsi è accasarsi. Al ricevimento, Ana conosce l’ufficiale Mark Fraser: occhi e capelli neri come le piume di un corvo, un sorriso strafottente e lo sguardo malinconico di un uomo che non ha nulla da perdere. La battaglia di Waterloo alita loro sulle spalle e il fugace incontro sembra destinato a scolorire nell’oblio, ma il fato sceglie sempre percorsi inaspettati. Tra viaggi in Europa e misteriose imprese, segreti inconfessati e un passato che sembra riecheggiare di promesse inespresse, la storia di un uomo d’onore e di un’indomita irlandese, dove niente è come sembra, e la verità si nasconde sotto le pietre di una terra battuta dal vento ribelle.

RECENSIONE

Un romanzo elegante e raffinato, con inserti storici di pregio. Prosegue la saga de La Confraternita dei Leoni, questa volta spostandoci in Irlanda, sferzata dal vento del Mare del Nord. Tra le mura di imponenti castelli, residenze nobili antichissime, si nascondono segreti e misteri intricati e indicibili.  

Anche Ana O’Connor serba un potere fuori dal comune nella profondità dei suoi occhi verdi che vedono molto più di ciò che hanno davanti e l’incontro con Mark Fraser, oltre a scatenare un turbinio di emozioni incontrollabili, viene costellato di visioni e premonizioni sconvolgenti.  

La magia e la realtà si incontrano e scontrano in un gioco pericoloso.

Interessantissimo l’omaggio al nostro Paese tappa fondamentale del Grand Tour a cui Lady Spencer invita la sua giovane amica alla ricerca di un tesoro nascosto. Sono sempre precise e puntuali le testimonianze storiche di cui il romanzo è ricco: dai luoghi ai personaggi famosi dell’epoca, letterari e non, le opere d’arte, il vestiario, persino le tradizioni culinarie (di cui fare tesoro in appendice).

Uno spaccato di grande fascino la cui intelaiatura articolata riserva sorprese e colpi di scena continui. Le descrizioni sono così realistiche da rendere vivide le immagini in ogni particolare, senza perdere il loro fascino romantico.

Fuori, le stelle sembravano diamanti appuntati sul velluto della notte. Ana ammirava quello spettacolo dalla terrazza, avvolta in una calda coperta. Sorrise, pensando all’ironia della scena: ancora vestita di tutto punto, come a ritardare la fine di una serata atipica, di un compleanno dalle mille sfumature.

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Un amore di Visconte di Fabiana Redivo

Titolo: Un Amore di Visconte

Autore: Fabiana Redivo

Editore: Dri Editore

Genere: Regency

Collana: Historical Romance

Pagine: 262

Data di uscita: 10 gennaio 2023

Trama

Ho mentito per proteggerla. L’ho ferita più di chiunque altro al mondo. E ora l’ho persa per sempre. Lady Daphne Felton non avrebbe mai immaginato che il suo debutto in società si sarebbe trasformato in un incubo. Il suo destino è segnato: è costretta ad accettare la corte di un baronetto vecchio e rozzo per salvare sua la famiglia. Il libertino Ian Burnett ha un’unica convinzione: non si vincolerà a una donna. Nessuna potrà fargli cambiare idea, mai. O forse sì? Daphne ha stuzzicato il suo interesse ed è disposto a tutto pur di salvarla dal matrimonio combinato. Lei però non sa che la sua felicità dipende da una scommessa… Una scommessa che ora è nelle mani del libertino.

RECENSIONE

A una lettura superficiale potrebbe richiamare Bridgerton per alcune assonanze ma poi Un Amoree di Visconte, di ambientazione Regency, prende una storia del tutto autonoma, senza dover si prestare a inutili paragoni.

Lungi dall’essere un sogno romantico, per Daphne, la protagonista del romanzo di Fabiana Redivo, il matrimonio è un pessimo affare che altri vogliono concludere per lei immolandola sull’altare dell’onorabilità familiare. La madre e il fratello sono decisi a darla in sposa a un losco personaggio -che si spaccia come sir- che cancellerà i debiti e salverà la proprietà dilapidata da un irresponsabile capofamiglia.

La storia di Daphne si scontra e si incontra con quella di Ian, un Visconte scozzese navigato, che non vuole saperne di mettere la testa a posto e le loro voci si alterneranno in un racconto costellato da colpi di scena, segreti, sfide e immancabili incomprensioni e dissidi.

Nonostante quindi i piani del fratello per lei, gli eventi decidono di prendere un’altra piega, aiutati anche da una fiera e ribelle Daphne che non vuole assolutamente diventare una merce di scambio né tanto meno un trofeo.

«Volete prendervi gioco di me, Lord Burnett?» «Dopo avervi salvata dalle attenzioni di un vecchio caprone? Non mi permetterei mai.»

Ben presto Daphne e Ian scoprono di sentirsi irresistibilmente attratti e se per entrambi urgenti sono le ragioni familiari e i doveri a esse connessi, l’Amore decide di mettersi di traverso e colpire dritto al cuore

«Credete nel colpo di fulmine?» No, ma non è stato sufficiente a fermarlo.

Spesso però tutto l’amore e le buone intenzioni non bastano a garantire la felicità, specialmente se rimangono insolute alcune gravi questioni.

Per fortuna la rete familiare e amicale intrecciata da Ian e Daphne con Arabel e Anthony e lo stesso Edward, saprà realizzare un’astuta trappola per il cattivo della situazione.

Il finale non è poi così scontato e con abilità narrativa Fabiana Redivo costruisce un’intelaiatura molto più complessa e realista del finalmente sposi.

Come ho fatto a credere che un libertino potesse sposarmi per amore? Ha scommesso e io ero la posta in gioco, ecco la verità.

La sensibilità moderna aiuta a scandagliare la psicologia dei personaggi.

È una giornata splendida, il giardino è un trionfo di fiori. Passando accanto all’ingresso del labirinto, non riesco a trattenere un sorriso. In fondo la via per arrivare al cuore di Ian è stata un vero e proprio labirinto. Quando ormai ero convinta di essermi persa lui è venuto a salvarmi.

La chiosa shakespeariana è perfetta:

Se non ricordi che amore t’abbia mai fatto commettere la più piccola follia, allora non hai amato.

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I Watson

Il manoscritto è una prima stesura senza data, priva di titolo e con numerose cancellature e correzioni: non reca nessuna indicazione di eventuali suddivisioni (capoversi, capitoli). Il titolo The Watson è presumibilmente una invenzione del nipote J. E. Austen-Leigh, il quale pubblicò il romanzo in appendice alla seconda edizione del suo Memoir nel 1871.

L’edizione autonoma a cura di A. B. Walkley, Leonard Parsons, London, 1923, si limita a ristampare tale testo; la prima edizione ad adoperare il manoscritto della Austen è a cura di R. W. Chapman, The Watsons, a fragment by Jane Austen, now reprinted from the manuscript, Clarendon Press, Oxford, 1927 che poté consultarlo perché fino a 1978 era di proprietà degli eredi di William Austen-Leigh.

Il manoscritto è diviso in due parti: sei fogli dell’originale sono custoditi alla Pierpoint Morgan Library di New York: la parte rimanente alla Bodleian Library dell’Università di Oxford[1].

I Watson con l’eroina che si chiama Emma e il padre malato è stato alle volte interpretato come un prototipo del successivo Emma. Ma sarebbe più esatto dire che ha aspetti di somiglianza piuttosto evidenti con tutti i romanzi di Jane Austen al punto che se fosse semplicemente spuntato fuori dal nulla, non ci sarebbero stati dubbi sull’autore. A parte il nome, le due protagoniste vivono condizioni un po’ diverse: Emma Watson, dopo quattordici anni di assenza, fa ritorno nella sua famiglia d’origine e si ritrova a dover assistere il padre, ormai vecchio e molto malato, e farsi accettare dai fratelli, tra i quali i rapporti sono inquinati da piccole gelosie e invidie meschine.

Mr. Watson ricorda molto il rev. Austen e poiché la morte di lui, avvenuta a Bath il 21.1.1805, segna un brusco silenzio letterario o comunque un vuoto di notizie su Jane Austen in quel periodo, si è ipotizzato che fosse il doloroso ricordo provocatole dall’analoga condizione tratteggiata nel padre di Emma Watson a impedirle di portare a compimento il frammento abbozzato nel periodo intorno alla morte del proprio.

Jane non dovette essere sempre d’accordo con le decisioni prese dal rev. Austen, come quando decise il trasferimento a Bath per lasciare la parrocchia di Steventon a James o morendo lasciò moglie e sorelle in balia della generosità dei fratelli maschi. Verso di lui esprime sentimenti di rispettoso affetto ma non autentico slancio: lascia pensare la duplice versione della lettera con cui annuncia la morte del genitore e allo stesso tempo cerca di consolare il fratello minore Frank:

Dobbiamo sentire il peso della perdita di un tale Genitore, altrimenti saremmo dei Bruti[2].

Della sua tenerezza di Padre chi potrà renderne giustizia… Conserva il sorriso dolce e benevolo che l’ha sempre contraddistinto[3].

In seguito ne accennerà in una lettera, sempre con termini di stima e tradendo un po’ di nostalgia quando le viene richiamato alla mente l’interesse di lui per gli studi umanistici e l’ambiente universitario, caratteristiche che ritroviamo anche in Mr. Watson:

Mr. W. è stata un’utile aggiunta, dato che è un Giovanotto disinvolto e un piacevole conversatore – è molto giovane, forse a malapena ventenne. È del St John  di Cambridge, e ha parlato molto bene di H. Walter come studioso; – ha detto che era considerato come il miglior classicista dell’università – Quanto sarebbe stato interessato il Babbo a una descrizione del genere![4].

Non dobbiamo pensare però che la scrittura de I Watson sia malinconica perché comunque il guizzo allegro di Jane Austen trova comunque il modo di fiorire qua e là come margherite in un prato.

Non mancano infatti battute di spirito come quella contenuta nella conversazione con Lord Osborne a proposito dell’economia domestica:

L’economia femminile può fare moltissimo, milord, ma non può trasformare un’entrata piccola in una grande.  

Come anche quell’annotazione divertita sul percorso della vecchia cavalla evidentemente abituata a fermarsi davanti alla modista:

La vecchia cavalla continuava col suo trotto pesante, senza bisogno di guidarla con le redini per farla girare nei punti giusti, e fece un solo errore, fermandosi davanti alla modista, prima di accostarsi all’ingresso della casa di Mr. Edwards[5].

 Per non parlare del tenero episodio con il signorino Blake che sembra uscito direttamente da una delle tante serate di ballo a cui Jane Austen stessa partecipava.

Cassandra Austen raccontò ai nipoti qualcosa della progettata conclusione de I Watson: Emma avrebbe “declinato una proposta di matrimonio da parte di Lord Osborne, e gran parte dell’interesse del racconto sarebbe ruotato intorno all’amore di Lady Osborne per il signor Howard, per contro innamorato di Emma che avrebbe comunque finito per sposare”. I lettori hanno spesso ritenuto per scontato che “Lady Osborne” equivalga in questo caso a Miss Osborne, il che risponderebbe benissimo alla tipica struttura delle trame di Jane Austen, lasciando alla matura Lady Osborne forse un ruolo di ostacolo come quello di Lady Catherine de Bourgh in Orgoglio e pregiudizio. Ma è possibile che non vi sia confusione di nomi e che la bellissima Lady Osborne si sarebbe servita di tutta la dignità del rango nel tentativo di accalappiare il semi-dipendente signor Howard.

Nello stile, come nella trama e nella caratterizzazione sembra probabile che I Watson avrebbe retto il confronto con gli altri romanzi di Jane Austen, se lo avesse finito[6].

Virginia Woolf ci invita proprio a rilevare il valore de I Watson  in quanto opera incompiuta:

Le opere secondarie sono sempre interessanti perché mostrano il metodo con cui procede lo scrittore: l’aria scarna e dura dei primi capitoli ci dimostra che Jane Austen era uno di quegli scrittori che nella prima stesura espongono sommariamente la vicenda, ma poi ripetutamente vi ritornano finché questa acquisti rilievo e atmosfera. [… ] doveva prima creare l’atmosfera in cui avrebbe poi fruttificato il suo genio peculiare […] non c’è tragedia, non c’è eroismo, eppure chissà perché la piccola scena è molto più commovente di quanto non possa far supporre la sua superficiale solennità […] Ci incita a suggerire ciò che manca. Ciò che lei ci offre è apparentemente una trivialità, tuttavia composta di elementi che si espandono nell’immaginazione del lettore e investono di durevole vita quelle scene[7].

Sicuramente quelle pagine abbozzate sarebbero state ampliate e sviluppate, o per meglio dire cesellate, per diventare un altro grande romanzo dei suoi e questo ci fa dolere per l’ennesima volta della sua prematura scomparsa. Una vita più lunga e soprattutto più serena, in quelle condizioni ideali che aveva trovato in Chawton, le avrebbero permesso di rimaneggiare il lavoro interrotto e dargli una forma completa.

La sorella minore di Catherine Austen Hubback

Titolo: La sorella minore 

Autore: Catherine Austen Hubback 

Editore: Vintage Edizioni 

Volume Primo – Volume II 

Traduzione a cura di Maria Elena Salvatore 

Trama

Volume I

Cresciuta dai suoi ricchi zii, Emma Watson ha vissuto una vita molto diversa dalle sue sorelle e dai suoi fratelli. Ma dopo la morte dell’amato zio e le seconde nozze della sconsiderata zia, si troverà costretta a far ritorno nella più modesta casa paterna, dove avrà modo di conoscere la propria famiglia e confrontarsi con uno stile di vita e una mentalità completamente diverse dalle sue. In una famiglia di umili condizioni, in cui il matrimonio sembra essere l’unica speranza di salvezza per le sorelle, l’orgoglio di Emma non mancherà di creare stupore e ammirazione. La sua bellezza e il suo carattere deciso la metteranno fin da subito sotto gli occhi attenti dei giovanotti del circondario, arrivando a stuzzicare l’interesse anche dei membri della society. Ma se gli occhi possono essere accecati dal bagliore dello sfarzo, al cuore a volte basta un sussurro sincero per cedere definitivamente…

Volume II

Anche nel secondo volume di questa storia sarà la morte di un personaggio a rimescolare le carte e definire la sorte degli altri. La morte del vecchio Mr Watson, infatti, oltre a spezzare il cuore dei propri cari, porterà inevitabilmente a rivoluzionare il destino già incerto dei figli, in particolare quello delle quattro figlie ancora senza marito. Con la morte del padre, Emma rivive lo stesso dolore della perdita dell’amato zio e ne subisce le identiche drammatiche conseguenze. Ancora una volta tutto è destinato a cambiare e di nuovo nulla può essere certo per una fanciulla in età da marito che non è disposta a cedere al dovere e che reclama la propria indipendenza. In una società rinomata per le proprie rigide e insindacabili regole, però, potrà mai una giovane donna decidere del proprio destino con uno spirito d’indipendenza completamente sconosciuto all’universo femminile del tempo?

RECENSIONE

La sorella minore è la prosecuzione del frammento incompiuto I Watson di Jane Austen, da parte della nipote della stessa autrice. Come ben sottolineato nell’introduzione è esso stesso un pezzo di storia perché l’opera è stata scritta nel 1850 ancora prima che venisse alla luce il manoscritto tramite il pronipote James Austen-Leigh curatore del Ricordo di Jane Austen. 

La Casa Editrice Vintage dedica giustamente di rispettare la consueta suddivisione in tre tomi del romanzo, come già era avvenuto per le altre opere di zia Jane. Si tratta di una prosecuzione dell’incompiuto di Jane Austen, ma Catherine Hubback, proprio perché non ne esisteva ancora copia pubblicata, non riscrive i capitoli abbozzati, anzi, basandosi su quanto ha conosciuto e ascoltato in famiglia a proposito del romanzo iniziato dalla zia, li rielabora dando loro la propria impronta, il proprio stile e creando un unicum assolutamente prezioso. Perché anche se non ritroviamo esattamente le parole, la forma, di Jane Austen, il senso generale della storia è pienamente rispettato e la narrazione acquista un’uniformità e un ritmo ininterrotto godibilissimi e che ne ricordano molto lo stile. 

Guardato a se stante, il romanzo può essere considerato un prezioso documento storiografico perché registra e rendiconta abitudini, alimentazione, vestiario, giochi di società in modo molto dettagliato: laddove zia Jane sorvola, la nipote fornisce descrizioni precise e accurate dei capi di abbigliamento indossati, degli orari, delle pietanze, delle usanze e dello stile di vita dell’epoca. 

Dire che la lettera e lo spirito e finanche lo humour di Jane Austen sono stati rispettati, è poco. Lo si percepisce benissimo da questa osservazione ironica riferita all’atteggiarsi vanesio di Tom Musgrove: 

Era evidente che il suo non aver cenato gli dava una felice consapevolezza di superiorità mentale sui suoi compagni (Volume I) 

Sembra di leggere uno dei suoi romanzi, di riconoscere i suoi inconfondibili personaggi, tanto le sue tipiche atmosfere e situazioni sono state ben ricreate. Non solo Emma è tale e quale alla protagonista originale, ma gli altri personaggi sono assolutamente coerenti e riconoscibili nel loro sviluppo naturale e logico, senza stravolgimenti o colpi di testa da parte di alcuno. 

Bisogna dare atto a Mrs Hubback che man mano che prosegue la narrazione si rende più visibile la sua mano sia per alcune dichiarazioni più indipendenti e “moderne”, sia per precisi riferimenti all’età vittoriana in corso (come ad esempio l’accenno alla frenologia, nel volume II). Così Emma non viene lasciata a crogiolarsi nei suoi pensieri contemplanti solo il matrimonio ma oi suoi progetti possono riguardare anche altro:  

Il suo piano per il futuro era di cercare un posto come insegnante in un collegio o come istitutrice privata. Qualsiasi cosa che le permettesse di sentire che si stava guadagnando da vivere, piuttosto che diventare, come diceva suo fratello, un peso per la sua famiglia (Volume II) 

Questo brano in particolare, riferito alla nostra eroina, la dice lunga sul temperamento della sua autrice che sembra volerle infondere la sua tenacia e la sua forza d’animo: 

Stava imparando a vedere la vita, i suoi doveri e le sue prove , sotto una nuova luce: aveva scoperto che la sofferenza non era una circostanza accidentale, come una malattia passeggera, da curare e dimenticare al più presto, ma era la condizione della vita stessa, la pace era l’eccezione, e lei aveva già goduto della sua parte. Da quel momento in poi avrebbe dovuto guardare avanti verso prove e resistenze, lottare, come milioni di persone avevano fatto prima di lei, e imparare a trarre soddisfazione non dalle circostanze ma dal temperamento della mente (Volume II) 

La scelta editoriale di riproporre la suddivisione in tre volumi tipica dell’epoca, da parte della Vintage Editore,  mi ha piacevolmente sorpreso e pur recando entrambi i primi due libri segni evidenti di appartenenza a un medesimo progetto grafico, ho apprezzato maggiormente, ai fini della lettura, il formato maneggevole e il nitido carattere tipografico del secondo.

Mia zia Jane Austen

Mia zia Jane Austen

Caroline Austen

Anna Lefroy

Traduzione e cura di Sara Grosoli

Galaad edizioni

pag. 72

Sinossi:

La magia del ricordo ci trasporta in un piccolo villaggio inglese, nel cuore di una famiglia di cui la grande scrittrice illumina la scena, in giorni che scorrono a ritmi pacati, di naturale bellezza. Rievocata dalla memoria diretta delle nipoti Caroline e Anna, Jane Austen è una donna adorabile e arguta, incline a esilaranti facezie ma sempre benevola. Una zia che educa e intrattiene i bimbi di casa, che esercita la sua arte con assiduità e discrezione, lavorando ai suoi capolavori nella stessa stanza dove cuce per i poveri o spia il traffico di carrozze lungo la strada. Quel che va componendosi è un privato memoir, imperdibile per chi voglia conoscere gli aspetti più intimi e umani di un’icona della letteratura. “Non so cosa significhi amare la gente a metà, non è nella mia natura” recita la frase di un suo romanzo, che si adatta perfettamente al talento di una donna il cui genio si è unito a una straordinaria, generosa umiltà.

Recensione:

Preziose e interessanti le annotazioni delle nipoti che l’hanno conosciuta di persona e i loro ricordi sono ancora più affascinanti e affettuosi, benché di stampo vittoriano.

Il loro comunque emerge come un ritratto meno ammantato di perbenismo ma autenticamente preoccupato del giusto riconoscimento.

Sebbene nascano e confluiscano nel Ricordo del nipote James Edward Austen-Leigh le testimonianze delle due nipoti rivelano quell’attenzione tutta femminile ai dettagli, quell’indugiare sull’avvenenza fisica, come a esprimere tutta la loro solidarietà di genere per la condizione sociale.

La sua calligrafia resta a testimoniare la propria eccellenza, e ogni suo biglietto o lettera era rifinito splendidamente.  A quel tempo ripiegare e sigillare le lettere era un’arte, non c’erano buste adesive che rendessero tutto più facile; le lettere di certa gente apparivano sempre slegate e sciatte, ma i suoi fogli potevano essere certi di prendere la giusta piega, e la sua ceralacca di cadere nel punto giusto.

Per il loro ereditario riserbo, ci parlano poco della sua formidabile arguzia ma a saper leggere bene tra le righe, siamo sicuri di riconoscerne i segnali evidenti.

Caroline preferisce descriverne la vita facile e piacevole, per quanto poco varia, le doti di camminatrice, la capacità di declamare, l’estraneità alle questioni politiche, l’affetto tra fratelli, il legame speciale con Cassandra.

Zia Jane era la favorita di tutti i bambini. Il suo atteggiamento con loro era così giocoso, e le sue lunghe ed elaborate storie così deliziose!, annota Anna Lefroy che ricorda come le due zie venissero considerate in casa sempre le eterne ragazze.

Ne emerge il quadro di una famiglia, gli Austen, numerosa, allegra e arguta, che avrebbe potuto benissimo essere la protagonista di uno dei romanzi della zia Jane Austen.

Chi ha ucciso Mr Wickham di Claudia Gray

Sinossi

Un irresistibile giallo regency che è anche un gioco letterario in cui figurano tutti, ma proprio tutti, i personaggi più amati di Jane Austen.

Il mondo regency si tinge di giallo. Il romanzo che sarebbe stato scritto se jane austen e agatha christie avessero preso un tè insieme. E se i più famosi e amati personaggi di Jane Austen si scoprissero detective… o magari assassini? È un’estate molto calda a Donwell Abbey, residenza di Emma Knightley e marito, che, ormai sposati da sedici anni, si godono la meritata felicità, su cui nessuno avrebbe scommesso. Nonostante il caldo, però, i doveri della vita sociale non si fermano: Mrs e Mr Knightley stanno organizzando un summer party, i cui invitati, ivi compresi Elizabeth Bennet e il marito, Mr Darcy, sono pronti a godersi chiacchiere e socialità, conditi naturalmente di tè e buone maniere. Ma c’è qualcuno che non è affatto bene accetto: Mr Wickham, il personaggio più cattivo di Orgoglio e pregiudizio, l’odioso amico di Darcy, che gli altri ospiti, in barba al bon ton, sarebbero ben felici di vedere morto. Eppure restano tutti a bocca aperta quando si ritrovano davanti nientedimeno che il suo cadavere. Adesso che ci è scappato il morto, gli invitati sono tutti nella lista dei sospettati, e tutti sono ugualmente prigionieri della splendida casa di campagna dei signori Knightley, consapevoli che tra loro c’è un assassino. Tra EmmaL’abbazia di NorthangerRagione e sentimento e naturalmente l’intramontabile Orgoglio e pregiudizio, un irresistibile giallo regency che è anche un gioco letterario in cui figurano tutti, ma proprio tutti, i personaggi più amati di Jane Austen.

Recensione

Come in un revival incontriamo vecchie conoscenze austeniane riunite a casa dei coniugi Knightley, a Donwell Abbey. Tute le coppie formatesi nei romanzi di Jane Austen vengono invitate da Emma e consorte per trascorrere un mese di vacanze. Hanno tutte un legame particolare tra di loro, legami che servono a tessere l’intreccio della storia il cui bandolo è tenuto da quel furfante di Mr Wickham.

Quest’ultimo, vedovo di Lydia, è ben lungi dall’essersi redento e si presenta non atteso per reclamare prestiti e ricatti per cui tiene sotto tiro alcuni degli ospiti, compresi i coniugi Darcy, con i quali non è mai scorso buon sangue.

Una lettura estremamente piacevole che fa ritrovare intatti e coerenti protagonisti austeniani amati, con le loro caratteristiche e idiosincrasie. La cura dimostrata verso di essi tradisce l’amore dell’autrice per Jane Austen di cui conosce benissimo tutte le opere.

Alcuni dei protagonisti si mantengono intatti nel loro carattere originale, altri li scopriamo affetti da piccole manie: Wentworth è piuttosto collerico, Fanny è ipersensibile, Brandon recrimina in continuazione.

Divertente scoprire come le coppie “storiche” hanno impostato i rispettivi ménage coniugali senza rinunciare ad alcuno dei prevedibili sviluppi caratteriali. Per fare un esempio: i coniugi Darcy sono così diversi, eppure così complementari da scontrarsi con lo stesso trasporto con cui si amano. E con quale pudica delicatezza l’autrice ce lo ricorda:

Forse è meglio se li lasciamo qui, nell’intimità dei loro sentimenti. Ci basti sapere che la distanza tra moglie e marito è finalmente superata. Non sarà certo l’ultima incomprensione tra di loro -hanno due temperamenti troppo diversi per poter vivere in perfetta pace- ma non saranno mai più tanto distanti.

L’omicidio che avviene a casa Knightley e che rovina il ritrovo dei loro ospiti aggiunge il tocco di mistero da risolvere, come nella migliore tradizione inaugurata da Agatha Christie. L’immancabile ballo però, supremo avvenimento sociale, è l’ennesimo tributo a Jane Austen.

La morte è una delle più gravi preoccupazioni umane. Il ballo no. Verrebbe dunque logico pensare che l’idea di un ballo non sarebbe bastata a distrarre e svagare gli ospiti di Donwell Abbey, incupiti com’erano dall’omicidio irrisolto del signor Wickham. Ma niente è logico in un ballo.

Inoltre, inserto non meno importante, i due personaggi nuovi, ossia i rampolli Darcy e Tilney, conferiscono quel sapore di novità che mancava e il collante che cementa la storia.

Le premesse ci sono tutte per più di un seguito che sinceramente mi auguro.

Piacevolmente sorpresa e decisamente conquistata.

A maggio uscirà in inglese il seguito: