Tempo di Europei, l’Italia si ritrova a fare il tifo per il proprio Paese, tutti uniti e stretti a cantare l’inno in coro a squarciagola e a farsi attraversare da un brivido di sano e un po’ retorico spirito patriottico.
Goal è una delle cinque poesie che Umberto Saba dedicò alla sua squadra del cuore, la Triestina, negli anni 1933-34 e sebbene l’argomento calcistico e il gioco del calcio in sé e per sé abbiano pochi aspetti romantici, tuttavia il poeta ne è riuscito a cogliere un risvolto psicologico particolare, stigmatizzato nella figura del portiere che nella solitudine del suo ruolo. pur inquadrato in un gioco di squadra, sperimenta su di sé la frustrazione della sconfitta, acuita dall’esultanza del giocatore che gli ha fatto goal, osannato dalla folla festante.
Il campo di calcio diventa allora metafora della vita dove accanto ai momenti di belli coesistono quelli più tristi e bui.
Goal
Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non veder l’amara luce.
Il compagno in ginocchio che l’induce,
con parole e con mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.
La folla- unita ebrezza – per trabocchi
nel campo. Intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.
Pochi momenti come questo belli,
a quanti l’odio consuma e l’amore,
è dato, sotto il cielo, di vedere.
Presso la rete inviolata il portiere
– l’altro – è rimasto. Ma non la sua anima,
con la persona vi è rimasta sola.
La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda di lontano.
Della festa – egli dice – anch’io son parte.
C’è un precedente illustre che può aver ispirato la lirica di Saba ed è proprio la canzone di Leopardi dedicata a
Un vincitore nel pallone
Di gloria il viso e la gioconda voce Garzon bennato, apprendi, E quanto al femminile ozio sovrasti La sudata virtude. Attendi attendi, Magnanimo campion (s'alla veloce Piena degli anni il tuo valor contrasti La spoglia di tuo nome), attendi e il core Movi ad alto desio. Te l'echeggiante Arena e il circo, e te fremendo appella Ai fatti illustri il popolar favore; Te rigoglioso dell'età novella Oggi la patria cara Gli antichi esempi a rinnovar prepara.

Scritta nel novembre 1821 dal poeta di Recanati, questa poesia celebra lo sport del pallone e prende spunto dall’occasione per trarne insegnamenti moralistici. A dispetto di chi lo riduce a poeta schivo e pessimista, Leopardi apre il suo sguardo anche a un’occasione di svago come poteva essere quello del gioco della palla al bracciale di cui campione era all’epoca Carlo Didimi, a questi dedicò i suoi versi dopo che lo aveva ammirato nelle partite che si tenevano allo Sferisterio di Macerata, a pochi chilometri di distanza da Recanati.