Archivio | giugno 2021

Tempo di Europei

Sergio Sollima, A proposito delle “Cinque poesie per il gioco del calcio”  di Umberto Saba – Poetarum Silva

Tempo di Europei, l’Italia si ritrova a fare il tifo per il proprio Paese, tutti uniti e stretti a cantare l’inno in coro a squarciagola e a farsi attraversare da un brivido di sano e un po’ retorico spirito patriottico.

Goal è una delle cinque poesie che Umberto Saba dedicò alla sua squadra del cuore, la Triestina, negli anni 1933-34 e sebbene l’argomento calcistico e il gioco del calcio in sé e per sé abbiano pochi aspetti romantici, tuttavia il poeta ne è riuscito a cogliere un risvolto psicologico particolare, stigmatizzato nella figura del portiere che nella solitudine del suo ruolo. pur inquadrato in un gioco di squadra, sperimenta su di sé la frustrazione della sconfitta, acuita dall’esultanza del giocatore che gli ha fatto goal, osannato dalla folla festante.

Il campo di calcio diventa allora metafora della vita dove accanto ai momenti di belli coesistono quelli più tristi e bui.

Goal

Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non veder l’amara luce.
Il compagno in ginocchio che l’induce,
con parole e con mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.

La folla- unita ebrezza – per trabocchi
nel campo. Intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.

Pochi momenti come questo belli,
a quanti l’odio consuma e l’amore,
è dato, sotto il cielo, di vedere.

Presso la rete inviolata il portiere
– l’altro – è rimasto. Ma non la sua anima,
con la persona vi è rimasta sola.
La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda di lontano.
Della festa – egli dice – anch’io son parte.

C’è un precedente illustre che può aver ispirato la lirica di Saba ed è proprio la canzone di Leopardi dedicata a

Un vincitore nel pallone

Di gloria il viso e la gioconda voce
Garzon bennato, apprendi,
E quanto al femminile ozio sovrasti
La sudata virtude. Attendi attendi,
Magnanimo campion (s'alla veloce
Piena degli anni il tuo valor contrasti
La spoglia di tuo nome), attendi e il core
Movi ad alto desio. Te l'echeggiante
Arena e il circo, e te fremendo appella
Ai fatti illustri il popolar favore;
Te rigoglioso dell'età novella
Oggi la patria cara
Gli antichi esempi a rinnovar prepara.

Giacomo Leopardi - A un vincitore nel pallone




Scritta nel novembre 1821 dal poeta di Recanati, questa poesia celebra lo sport del pallone e prende spunto dall’occasione per trarne insegnamenti moralistici. A dispetto di chi lo riduce a poeta schivo e pessimista, Leopardi apre il suo sguardo anche a un’occasione di svago come poteva essere quello del gioco della palla al bracciale di cui campione era all’epoca Carlo Didimi, a questi dedicò i suoi versi dopo che lo aveva ammirato nelle partite che si tenevano allo Sferisterio di Macerata, a pochi chilometri di distanza da Recanati.

Piero e Sara

La gita di domenica scorsa mi ha portato a Pierosara, un piccolo borgo nel territorio di Genga, arroccato all’interno del parco della Gola Rossa, sovrastante San Vittore delle Chiuse e le Grotte di Frasassi, per intenderci.

Questo borgo originariamente si chiamava Castel Petroso, o per l’esattezza Castrum Petrosum, appetito in epoca medievale proprio per la sua posizione strategica su un colle a ridosso di due gole. Il nome diventò poi quello attuale e cioè Pierosara per effetto di una leggenda.

Si narra infatti che il Conte di Rovellone, feudatario del Castello di Rotorscio, un castello vicino, conobbe una fanciulla di nome Sara abitante a Castel Petroso. Affascinato dalla bellezza della giovane, s’innamorò di lei, ma decise di rapirla poiché era promessa sposa ad un altro castellano di nome Piero.

Una notte, il feudatario s’introdusse all’interno del castello e riuscì nel suo intento. Tuttavia gli abitanti del luogo si accorsero subito del misfatto e per evitare il peggio chiusero le porte di accesso e iniziarono una violenta battaglia contro i cavalieri seguaci del conte di Rovellone.

Durante la rissa, il conte, vistosi alla resa, uccise la bella Sara che teneva fra le braccia. Sopraggiunto Piero piombò addosso all’uccisore, il quale, brandendo una scure, colpì anche lo sfortunato giovane che cadde morente vicino alla sua giovane amata e con un ultimo abbraccio le spirò accanto.

Per ricordare questo triste avvenimento, Castel Petroso, da quel giorno, assunse il nome di Pierosara.

Delizioso borgo, pieno di scorci caratteristici e una splendida vista panoramica su tutto il parco naturale circostante.

Un itinerario diverso da quello più scontato che impone una visita doverosa alle meraviglie delle Grotte di Frasassi e adatto sia a chi vuole riscoprire la peculiarità dei borghi storici in tranquillità, sia a chi vuole avventurarsi nei percorsi naturalistici di cui il territorio circostante pullula.

Itinerari escursionistici Monte San Vicino e Canfaito

Un’avvertenza: per il foro degli occhialoni munirsi di calzature adatte perché l’ultimo tratto è roccioso e ripido.

Escursione al Foro degli Occhialoni - Pierosara (An) - Viaggi e Sorrisi

Buona passeggiata a Pierosara!

Pierosara: un borgo tra amore e leggenda

Chi è Bruno Sperani?

Bruno Sperani è lo pseudonimo con cui Beatrice Speraz ha firmato i suoi romanzi più famosi. Ma non l’unico.

Livia, Donna Isabella, Bruno Sperani, sono gli pseudonimi utilizzati da Vincenza Pleti Rosic Pare-Spèrac – altrimenti nota come Beatrice o Bice Speraz, per firmare le proprie attività letterarie spazianti dalle traduzioni alla narrativa. Donna diventata, letterariamente parlando, Uomo per poter competere alla pari in un mondo in evoluzione come quello degli anni in cui ha vissuto.

Vincenza Pleti Rosic Pare-Spèrac, questo il nome di battesimo, più comunemente nota come Beatrice Speraz secondo la traslitterazione italiana, nasce in Dalmazia a Spalato da Marin Sperac ed Elena Mariana Teresa Alessandri. Il padre è slavo, di modeste origini, mentre la madre Elena appartiene ad una famiglia dell’antica nobiltà italiana d’Istria. La conflittuale e sofferta diversità etnica e sociale dei due genitori segnerà in modo emblematico il vissuto di Beatrice.

1915 RICORDI DELLA MIA INFANZIA IN DALMAZIA Bruno Sperani Beatrice Speraz |  eBay

Scrive nel romanzo autobiografico Ricordi della mia infanzia in Dalmazia, uno dei suoi ultimi lavori, riferendosi a sé medesima: «Nata da padre slavo di origine plebea, da madre latina di origine aristocratica, ha subito e subisce con un’intensità spesso dolorosa, le attrazioni e le repulsioni delle due razze che si incrociano in lei». In seguito alla prematura morte di entrambi i genitori, all’età di nove anni viene affidata alla cura dei nonni materni. In questi anni approfondisce lo studio del classici italiani e tedeschi, Heine, Schiller, Goethe, Manzoni, maturando una speciale affinità per Leopardi.

A soli diciotto anni, nel 1857, convola a nozze con Giuseppe Vatta cedendo alle pressioni familiari. Il matrimonio, male assortito e travagliato, si conclude con una separazione dopo cinque anni. Nel frattempo, però, sono nati i primi tre figli di Speraz, Domenico, Maria e Elena, che rimangono con il padre, mentre la madre emigra a Trieste dove va a fare l’insegnante.

Qui conosce l’editore Treves e incontra Giuseppe Levi, con il quale intreccia una relazione amorosa che durerà fino alla morte di questi, nel 1876. Anche il rapporto con Levi sarà fecondo e darà vita a quattro figlie: Giuseppina-Ginevra, Noemi, Gilda e Clotilde. La coppia vivrà a lungo in Toscana, dalla quale Speraz si sposterà proprio nel 1876 alla volta di Milano.

In questo periodo Milano è un coacervo di spinte sociali e culturali oltre a essere la patria della Scapigliatura.

Nel 1885 conosce Vespasiano Bignami, a cui si deve la fondazione della Famiglia Artistica Milanese e della Società di belle arti ed esposizione permanente, animatore dell’ultima stagione della scapigliatura, umorista, illustratore, quindi professore all’Accademia delle Belle Arti di Brera. Tra i due nascerà una durevole ed appassionata relazione sentimentale a coronamento della quale giungerà nel 1914 il matrimonio, quindici anni dopo la morte del marito Giuseppe Vatta.

Beatrice Speraz morirà nel 1923 tra le cure infaticabili dell’amato marito Bignami. Riposa nel Cimitero Maggiore di Milano. L’epigrafe riporta: Bice Speraz / Spalato 1839 – Milano 1923 / illustre / fra le scrittrici italiane col nome di Bruno Sperani / esempio di prodigiosa attività / sino ai giorni estremi / della sua vita / qui / desiderata e benedetta / riposa.

“Tre donne” di Bruno Sperani, ovvero Vincenza (Beatrice) Speraz | Famiglia  Artistica Milanese

Questa carriera è contrassegnata dall’eclettismo: Speraz è traduttrice di testi in francese e tedesco per la casa editrice Treves; collabora con diverse testate giornaliste, come la «Nazione», il «Cafaro» e la «Gazzetta letteraria»; e, numerosi romanzi, tra i quali anche di critica sociale vicini alle posizioni dell’emancipazionismo femminile come Nell’ingranaggio.

Delle sue opere ricordiamo il suo primo romanzo, CesareTre donne,  La fabbrica, Emma Walder, Il romanzo della morte.

Emma Walder - Wikisource

Per leggere il romanzo Emma Walder edizione del 1893, illustrata.

https://it.wikisource.org/wiki/Emma_Walder

Interessantissimo monologo in forma autobiografica:

https://www.ragusanews.com/2017/07/27/cultura/bruno-sperani/80784

Link per consultare le opere:

https://www.liberliber.it/online/autori/autori-s/bruno-sperani-alias-beatrice-speraz/