Archivio | luglio 2022

A blue stocking o una calza turchina

Quando George Eliot pubblicò, nel 1859, il suo primo romanzo completo, Adam Bede, riscosse un successo tale che non mancò di suscitare un immediato interesse per la vera identità dell’autore, sia da parte dei lettori sia dei colleghi scrittori contemporanei, come Tennyson, Thackeray, Dickens.

Fu proprio Dickens a ipotizzare e a intuire che sotto quel nome maschile potesse nascondersi una “calza turchina”.

Ma a cosa si riferiva Dickens per la precisione?

La Blue Stocking Society era nata negli anni Cinquanta del Settecento per opera di Elizabeth Montagu, aristocratica molto stimata per l’arguzia del suo eloquio, ed Elisabeth Vesey, studiosa e poetessa di origine irlandese.

La Blue Stocking Society attrasse molte delle donne più colte e raffinate del tempo, non prevedeva alcuna formalità o quota di iscrizione, si riuniva in case private ed era vietato giocare a carte e parlare di politica, ma solo di arte, insieme a un buon tè e biscotti e spuntini leggeri.

Le origini del nome “Blue Stocking Society” sono molto controverse tra gli storici. Ci sono alcuni primi riferimenti alle calze blu, tra cui nella società Della Calza del XV secolo a Venezia, John Amos Comenius nel 1638 e Covenanters del XVII secolo in Scozia. Il nome della società forse derivava dalla moda europea della metà del XVIII secolo in cui le calze nere erano indossate in abiti formali e le calze blu erano abiti da giorno o più informali. Le calze blu erano anche molto alla moda per le donne a Parigi in quel momento, anche se molti storici affermano che il termine per la società iniziò quando la signora Vesey disse per la prima volta a Benjamin Stillingfleet (che non aveva abiti adatti ad una festa in società): “Vieni con le tue calze blu”. Da quella sera, il signor Stillingfleet divenne un ospite popolare ai raduni della Blue Stocking Society.

In questo dipinto trovato nella National Portrait Gallery di Richard Samuel , le principali calze blu sono ritratte come le nove muse, che nella mitologia greca erano le figlie di Zeus, ognuna presieduta da un’arte diversa.

Sulla sinistra, il dipinto presenta l’artista Angelica Kauffmann al suo cavalletto, davanti alle scrittrici Elizabeth Carter e Anna Barbauld . Al centro della composizione si trova la cantante Elizabeth Sheridan (nata Linley). A destra si trovano la scrittrice Charlotte Lennox , la storica Catharine Macaulay (con in mano la pergamena), la scrittrice e abolizionista Hannah More e la scrittrice Elizabeth Griffith (con in mano la tavoletta).

La co-fondatrice e matriarca dei Bluestockings, Elizabeth Montagu, siede al centro sul lato destro.

Non mancavano i soci di sesso maschile per esempio Samuel Johnson, scrittore, e Benjamin Stillingfleet, botanico, traduttore e saggista, David Garrick, Sir Joshua Reynolds, Edmund Burke, Horace Walpole, William Pulteney, James Beattie, Samuel Richardson e George Lyttelton.

Membri importanti includevano Fanny Burney, Anna Laetitia Barbauld, Sarah Fielding, Hester Chapone, Ada Lovelace, Margaret Cavendish-Harley, Mary Delaney, Elizabeth Carter, Lady Mary Wortley Montagu, Anna Williams, Hester Thrale e Hannah More.  Quest’ultima compose la poesia Bas Bleu  nel 1786, descrivendo il fascino della Blue Stocking Society e dedicandola ai suoi amici.

Uno degli obiettivi principali dei Bluestockings era l’arte della conversazione razionale.

Nel diciottesimo secolo, dominato dal pensiero illuminista, l’arte della conversazione raffinata, intellettuale e razionale riguardava più della semplice socialità corretta ed educata. Era considerato una forma di miglioramento morale, un modo per promuovere la “virtù civica”. I Bluestockings stavano combattendo contro le norme sociali tra i circoli aristocratici: pettegolezzi e conversazioni superficiali stereotipicamente attaccati alle donne in quel momento.

Durante questo periodo solo gli uomini frequentavano le università e le donne dovevano padroneggiare abilità come il ricamo e il lavoro a maglia: Era considerato “sconveniente” per loro conoscere il greco o il latino, quasi immodesto per loro essere autori, e certamente indiscreto ammettere il fatto. La signora Barbauld era solo l’eco del sentimento popolare quando protestò osservando che “Il modo migliore per una donna di acquisire conoscenza è dalla conversazione con un padre, un fratello o un amico”. 

I membri del circolo dovettero fronteggiare il dileggio e il biasimo di politici come Robert Walpole e di alcuni rappresentanti della scena letteraria romantica.

Di fatto l’associazione, direttamente o indirettamente, spianò la strada a molte altre donne incoraggiandole ad assecondare le loro ambizioni e a farsi considerare nei rispettivi campi intellettualmente pari agli uomini.

Fonti:

Romina Angelici, Vorrei che dal cielo piovessero rose, Flower-ed, 2019

Charlotte Browne, Il piccolo mondo di Bridgerton, Sonzogno, 2021, p. 140

https://artuk.org/discover/stories/who-were-the-bluestockings

https://en.wikipedia.org/wiki/Blue_Stockings_Society

Margaret Fuller, un’americana a Roma



Sarah Margaret Fuller Ossoli (Cambridge, 23 maggio 1810 – Fire Island, 19 luglio 1850), nota come Margater Fuller, è stata una scrittrice, giornalista e patriota statunitense. L’ultimo è il cognome del conte che sposerà in Italia.

Nata in una piccola frazione nel Massachusetts, Margaret è figlia di Timothy Fuller, importante avvocato e politico locale, il quale le impartisce una rigida educazione, soprattutto improntata allo studio dei classici greci e latini. Ciò influenzerà fortemente le sue inclinazioni verso le tematiche dell’indipendenza e dell’emancipazione femminili, ma contribuirà a relegarla nel più assoluto isolamento delle compagne di scuola che, a causa della sua preparazione, la considerano una sorta di saccente e arrogante antipatica oltre a bullizzarla per l’aspetto fisico.

L’educazione di Margaret procederà in una scuola privata e, autonomamente, con le traduzioni di testi in tedesco, francese e italiano che le consentiranno di impadronirsi delle tre lingue europee.


Il latino iniziò a impararlo a sei anni, a sette leggeva regolarmente testi di Virgilio e Ovidio, ma anche l’italiano di Dante e dell’Alfieri. E poi Cervantes, Molière, Goethe, la filosofia, la storia, le lingue moderne. Il prezzo pagato per un’istruzione così serrata fu alto: fin da bambina soffrì di insonnia, di problemi alla vista, di frequenti e forti emicranie. Ma dopo un tale sforzo, quello che lei definiva il suo lato energico, maschile, colto, era cosa fatta. A 18 anni, unica studiosa tra tanti uomini, il suo valore era riconosciuto anche nella prestigiosa Harvard.

Nel 1833 il padre decide di trasferirsi in una casa di campagna nei dintorni di Groton, dove, due anni dopo, morirà colpito dal colera, lasciando i familiari senza mezzi di sostentamento. Allo scopo di aiutare la famiglia, Margaret accantona temporaneamente le ambizioni letterarie per iniziare un quadriennio (1836-1839) d’insegnamento prima a Boston e, poi, a Providence. Approdata alla Temple School, il suo cammino si incrocia con quello di Amos Bronson Alcott e quindi con la piccola Louisa, lasciata libera di assistere alle lezioni e di assorbire stralci di validi insegnamenti.

Fuller insieme a Bronson Alcott aderiranno anche alle idee del Trascendentalismo che aveva come suo teorico il poeta Ralph Waldo Emerson e, dal 1840 al 1842, lei viene chiamata a dirigere la rivista politico-letteraria lanciata dai Trascendentalisti “The Dial, A Magazine for literature, philosophy and religion” sulla quale pubblica il suo primo saggio Il grande processo: l’uomo contro gli uomini, la donna contro le donne ma scrive anche poesie, recensioni e critiche.

Nel 1839 uscì la sua traduzione delle Conversazioni di Eckermann con Goethe; il suo progetto più caro, mai completato, rimase quello di scrivere una biografia di Johann Wolfgang von Goethe.

È ricordata particolarmente per il suo libro storico La donna nel XIX secolo (1845), che analizza il posto della donna nella società dell’epoca ed è il frutto delle numerose conversazioni che tenne a Boston per cinque inverni (1839-1844), rivolgendosi alle donne e parlando di letteratura, l’istruzione, la mitologia e la filosofia. Woman in the XIX Century divenne poi il manifesto degli ideali femministi dato che conteneva sia una richiesta di uguaglianza politica che un ardente appello per la realizzazione emotiva, intellettuale e spirituale delle donne.

Nel suo libro che scandalizzò molti benpensanti ma andò subito esaurito nella prima edizione, Fuller esorta le giovani donne a cercare una maggiore indipendenza in famiglia e di procurarsela attraverso l’istruzione. Incitava le donne a non accontentarsi della dimensione domestica ma a proiettarsi verso la realizzazione personale facendo qualsiasi lavoro, anche il capitano di mare.

La donna nell’Ottocento proponeva la riforma delle leggi sulla proprietà che erano ingiuste nei confronti delle donne e un confronto diretto e aperto su temi delicati come il matrimonio e le relazioni tra uomini e donne. Tutti questi temi affrontati scandalizzarono molti ma ebbero il merito di promuovere il dibattito nazionale sulla questione spinosa dei diritti delle donne.

Il libro venne giudicato absurd, immoral, scandalous. Troppo dirompente e rivoluzionario per essere accettato. Margaret Fuller venne definita arrogante, pedante, aggressiva, sgradevole, mascolina. Edgar Allan Poe, pur ammettendone il carattere geniale, la chiamava «ill tempered old maid», qualcosa come “vecchia zitella isterica”.

Continua con la carriera letteraria come saggista e giornalista di testate importanti, come il “New York Tribune”. Il giornale, in continua competizione con il suo concorrente “New York Herald”, che ha inviato un proprio corrispondente in Europa per intervistare i celebri intellettuali dell’epoca e per seguire le idee libertarie e repubblicane, che in quegli anni scuotevano le ancestrali fondamenta politiche del vecchio continente, decide di inviare anch’esso un corrispondente in Europa e la scelta cade proprio su Margaret Fuller.

Margaret Fuller a Londra
Giunge a Londra, ove è accolta calorosamente da un folto gruppo di intellettuali e politici tra cui Giuseppe Mazzini, del quale diverrà grande amica. Glielo aveva presentato il celebre filosofo Thomas Carlyle a cui rivolgerà un’importante intervista. Nel pezzo scritto come corrispondente Margaret non si farà scrupolo di nascondere la delusione per le idee retrive e antifemministe dell’intervistato da lei un tempo apprezzato per la concezione eroica della storia.

George Sand

Convinta dagli infervorati racconti di Mazzini, dopo una breve tappa a Parigi per intervistare George Sand, raggiunge l’Italia allo scopo di testimoniare il clima di grande attesa innescato dall’elezione di Pio IX. Nelle corrispondenze che periodicamente inviava da Roma alla Tribune, per informare i suoi concittadini sull’evoluzione della situazione interna dello Stato pontificio e degli altri regni italiani, tale sottofondo si coglieva bene nelle sollecitazioni all’opinione pubblica del suo paese perché si facesse qualcosa per l’Italia: “Questa causa è nostra più di ogni altra, dovremmo dimostrare che la comprendiamo” scriveva già il 17 ott. 1847 (Un’americana a Roma, p. 15); il fallimento delle speranze riposte in Pio IX l’avrebbe spinta a richieste sempre più pressanti e concrete di aiuto morale, politico e logistico. Delusa dall’indifferenza degli Stati Uniti, sentiva crescere in compenso la sua prossimità spirituale all’Italia sulla quale riversava parole di entusiasmo.

Margaret Fuller arriva a Roma durante la settimana santa del 1847 e proprio in San Pietro incontra un nobile impoverito e ardente repubblicano, il marchese Giovanni Angelo Ossoli, di dieci anni più giovane, con il quale inizia una relazione. Si sposarono in segreto nel 1849. Rimasta incinta si ritira a Rieti dove per un periodo sospende il suo lavoro di corrispondente per poi ritornare attiva dopo aver messo a balia il bambino e facendo la spola tra Rieti e Roma.

Durante la Repubblica, mentre il marito combatte sulle mura vaticane, Margaret riceve un importante incarico da Cristina Trivulzio. Le due si conobbero forse grazie a Mary Clarke o a Giuseppe Mazzini, o forse per intercessione di un’altra buona amica comune, la marchesa Costanza Arconati Visconti. Cristina rimane davvero colpita da Margaret, tanto da chiederle (è molto probabile sia stata lei) di presiedere l’ospedale Fatebenefratelli sull’isola Tiberina. Qui Margaret incontrò una giovane inglese che aveva interrotto il suo tour europeo proprio per fermarsi a Roma, ad aiutare; era Florence Nightingale, che proprio a Roma decise di dedicare la vita all’assistenza dei feriti e dei malati; aveva 28 anni e sarebbe diventata la fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna.
Non si sa molto dell’incontro tra le due, ma un punto sembra certo: Fuller anticipa al Fatebenefratelli quella riorganizzazione degli ospedali militari che verrà poi messa in atto da Nightingale durante la guerra di Crimea nel 1854.

L’americana Margaret Fuller segue quindi molto da vicino le vicende risorgimentali italiane e partecipa attivamente ad esse. Curiosamente, nel film In nome del popolo sovrano del 1990, diretto da Luigi Magni, uno dei personaggi secondari è proprio Margaret Fuller. La si può vedere in due scene, come infermiera in un ospedale romano. Nella prima scena parla con il moribondo Goffredo Mameli; nella seconda ammette di aver fornito a Giuseppe Mazzini un passaporto americano per fuggire dalla città assediata.

Abbattuta la Repubblica a causa dell’intervento francese, Margaret e Giovanni ritornano a Rieti dal loro Angelino, che trovano gravemente debilitato per colpa della balia che, non ricevendo compensi da Roma a causa del blocco francese, aveva smesso di nutrirlo. Dopo un mese di intense cure il bimbo riprende vita, così i tre riparano a Perugia e ai primi di ottobre a Firenze,

Anche le vicende riguardanti la morte hanno un sapore romanzesco, purtroppo drammatico.

Finalmente i tre trovano un passaggio su un mercantile che trasporta un carico di sete e marmo al porto di New York. Il 17 maggio 1850, accompagnati dalla bambinaia (tale Celeste Paolini) s’imbarcano a Livorno sul vascello Elizabeth. Il caso vuole che nel corso della navigazione il capitano della nave muoia per il vaiolo e il comando venga assunto da un giovane e inesperto ufficiale di bordo, Mr Bangs.

Nel mezzo della notte, in vista del porto di New York, all’altezza di Fire Island, la Elizabeth s’incaglia, a causa del forte vento che ne ha aumentato la velocità ingannando il Bangs. Quasi tutti i membri dell’equipaggio, oltre alla moglie del capitano defunto, riusciranno a salvarsi aggrappati a delle travi della nave, ormai andata in pezzi dopo 12 ore di agonia. Un tentativo per salvare Angelino viene tentato dallo stewart che se lo carica a tracolla, ma i due vengono gettati a riva esanimi dai marosi. Margaret Fuller, Giovanni Ossoli e la Paolini, aggrappati all’albero di prua, vengono inghiottiti dalle onde e non saranno mai più ritrovati. L’oceano restituirà solo il cadavere del piccolo Angelo. Sono le due del pomeriggio del 19 luglio 1850. Anche il manoscritto del saggio che Margaret voleva pubblicare andrà disperso per sempre. Aveva solo 40 anni.

Vorremmo che ogni percorso fosse libero per la donna quanto lo è per l’uomo.

We would have every path laid open to Woman as freely as to Man.

Purtroppo, non ho trovato un’edizione italiana del suo libro più famoso, La donna nel XIX secolo, mentre risulta disponibile il saggio Il grande processo: l’uomo contro gli uomini, la donna contro le donne e la raccolta di lettere Un’americana a Roma.

Ben vengano altre informazioni a riguardo perché sicuramente è un personaggio da approfondire e conoscere meglio.

https://www.britannica.com/biography/Margaret-Fuller

Margaret Fuller

https://www.treccani.it/enciclopedia/margaret-fuller_(Dizionario-Biografico)/

http://margaretfuller.org/

Manuale per signorine in cerca di un marito ricco

Autore Sophie Irwin

Editore: Mondadori

Titolo originale: A Lady’s Guide to Fortune-Hunting

Taduttore: Alessandra Petrelli

Pagine: 333

Trama

Kitty Talbot ha bisogno di una fortuna. O meglio, ha bisogno di un marito che possieda una fortuna. È il 1818, dopotutto, e solo gli uomini hanno il privilegio di poter accumulare ricchezze. Abbandonata dal fidanzato tre mesi prima del matrimonio, senza soldi per pagare i debiti di gioco di suo padre, è destinata, con le sue quattro sorelle, a una rovina sicura. Ma Kitty non si è mai tirata indietro di fronte alle sfide e decide di affrontare il campo di battaglia più pericoloso di tutti: la Stagione londinese, il periodo dell’anno in cui avviene il debutto in società. Sa bene che il rischio fa parte del gioco ed è assolutamente risoluta a trovare uno scapolo ricco per salvare la famiglia Talbot dalla miseria. Ha solo dodici settimane di tempo e deve usare ogni grammo di astuzia e ingegno che possiede. L’unica cosa che non prevede è Lord Radcliffe. Da vero uomo di mondo, Radcliffe vede Kitty per la cacciatrice di fortune che è in realtà, ed è determinato a mandare all’aria i suoi piani a tutti i costi. Ma il destino ha altri progetti.

Manuale per signorine in cerca di un marito (ricco) è un romanzo incantevole, e Kitty una protagonista non convenzionale, ironica e molto moderna, che conquisterà e divertirà tutte le lettrici.

RECENSIONE

Lasciata dal fidanzato storico Kitty Talbot deve pensare subito e presto a rimpiazzarlo per sistemarsi e risanare i debiti della tenuta dei suoi genitori e salvare da un futuro da governanti le sue quattro sorelle più piccole di cui si sente responsabile.

La stagione “di caccia” a Londra è il luogo migliore dove cercare un buon partito e il figlio cadetto dei De Lacy sembra abboccare alle sue manovre lusinghevoli.

L’intervento però del primogenito, erede del titolo, Lord Radcliffe, complica le cose sia a se stesso sia a Kitty.

Questo romanzo è sin da subito accattivante e si fa leggere molto bene. Il ritmo è sostenuto e non passa capitolo che non innovi nella storia con qualche sviluppo o imprevisto o accadimento particolare.

Pagina dopo pagina l’interesse del lettore è catturato e mantenuto desto da Kitty pronta a reinventarsi a ogni apparente capovolgimento della sorte e a escogitare nuovi piani, sempre fedele a se stessa e alla sua incontenibile franchezza.

L’urgenza di affrontare il mare del mercato matrimoniale è vieppiù maggiorata dal pensiero delle sorelle che l’attendono a casa e alle quali deve essere assicurato un rispettabile futuro, in mancanza di un padre che provveda a loro. Ma Kitty non si pone poi tanti scrupoli nell’esporre questi piani a Lord Radcliffe e questi suo malgrado deve prestarsi a fornirle una vera e propria educazione in fatto di etichetta e comportamento in società. Le regole di Lord Radcliffe con le bislacche reinterpretazioni personalissime di Kitty nascerà un simpatico manuale per signorine in cerca di un marito ricco.

La citazione di apertura è tratta da Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen e inquadra perfettamente il libro entro la splendida cornice Regency:

Senza avere un concetto troppo elevato né degli uomini né del matrimonio, aveva sempre avuto l’intenzione di sposarsi; era l’unica soluzione per una ragazza beneducata ma non troppo ricca, e quantunque non fosse del tutto certa di raggiungere la felicità, era questo l’unico mezzo per mettersi al riparo dal bisogno.

Nell’annosa questione tra la visione del matrimonio di Elizabeth Bennet e quella di Charlotte Lucas, a Kitty va riconosciuto il merito di aver trovato in perfetto punto di incontro.

Janeites – 18 luglio 1817

Kipling Rudyard è colui al quale si deve il conio del termine “The Jainetes”[1] che contraddistingue ancora oggi i seguaci di Jane Austen, coloro cioè che traggono un immenso senso di gratificazione dalla lettura dei suoi romanzi:

Lui e sua moglie furono profondamente addolorati per la perdita del loro unico figlio nella battaglia di Loos, in Francia, nel 1915, e trovarono conforto leggendo insieme Austen. 

Ne hanno tratto addirittura un film, My Boy Jack in Masterpiece Classic, che narra l’intensa e toccante storia delle ambizioni patriottiche dell’autore e icona nazionale britannica Rudyard Kipling per il suo unico figlio Jack (Daniel Radcliffe) durante la prima guerra mondiale tanto più dolce e tragica perché basata su eventi reali.

La lettura di Austen era consigliata per i veterani scioccati dai proiettili e Kipling in seguito scrisse un racconto nel 1924 intitolato The Janeites , su un gruppo socialmente diversificato di soldati della prima guerra mondiale che leggevano Austen in trincea e si unirono come un gruppo segreto di devoti. 

Il matrimonio di Jane 

Jane andò in Paradiso:

Fu proprio giusto.

Il buon Sir Walter le andò dietro,

E le diede il bracciò su per le scala.

Henry e Tobias, 

E Miguel di Spagna, 

Stavano con Shakespeare in cima

Ad accogliere Jane –

Poi i tre Arcangeli

Le offrirono all’istante

Tutti i doni del Cielo

Che lei potesse volere.

Gli occhi di Azrael su di lei,

Le ali di Raffaele in alto,

La spada di Michele sul suo cuore,

Jane disse: “Amore”.

Immediatamente i Serafini

Che stavano di sotto

Si posero le dita sulle labbra

E andarono a cercarlo.

Sgusciarono attraverso lo Zodiaco,

Imbrigliarono l’Orsa Maggiore,

E bisbigliarono intorno alle Nebulose

“Chi amava Jane?”

In un limbo appartato

Dove nessuno aveva pensato di guardare,

Sedeva un gentiluomo dell’Hampshire

Leggendo un libro.

Il titolo era Persuasione

E raccontava la semplice

Storia dell’amore tra

Lui e Jane.

Lui sentì la domanda,

Attraverso i Cerchi celesti –

Chiuse il libro e rispose:

“L’amavo – e l’amo!”

Tranquillo ma in fretta

(Come si muoveva il capitano Wentworth)

Entrò in Paradiso

L’uomo che Jane amava!

Jane riposa a Winchester – sia benedetta la sua ombra! Lode al Signore per averla creata, e a lei per tutto ciò che ha creato! E finché le pietre di Winchester -o Milsom Street – esisteranno, Gloria, amore e onore a Jane d’Inghilterra!

Testo tradotto da Giuseppe Ierolli (2)


[1] in Debits and Credits, Bernahard Tauchnitz, Leipzig, 1926.

[2] http://www.jausten.it/jaindkipling.html.

https://movieplayer.it/film/my-boy-jack_23174/

Monte Conero – Abbadia di San Pietro

foto di Romina Angelici

Continuando dopo Sirolo, sulla strada che porta in cima al Monte Conero, salendo una discreta serie di curve piuttosto ripide, incontriamo, in un piccolo spiazzo, seminascosta da un viale alberato e ombreggiato e circondata da una folta vegetazione, l’Abbadia di San Pietro.

Da studi fatti sembra che la Badia di San Pietro venne edificata nei primi anni del 1000.

La sua costruzione è interamente in Pietra del Conero, a tre  navate e un abside infondo a quella centrale. La badia è priva di decorazioni e lascia la sua particolarità coincidere con la sua purezza e il suo bianco.

Foto: turismomarche

Nel ‘200 la chiesa fu abbellita di pilastri e capitelli nei quali furono intarsiati motivi di flora e fauna che richiamano la bellezza circostante del Monte Conero, uniti a figure spaventose tipiche del medioevo.

Dopo una serena egemonia di quasi tre secoli da parte dei monaci Benedettini, i seguaci di Gonzaga e i Camaldolesi iniziarono una lunga contesa per prendere possesso dell’abbadia e delle grotte, contesa che vide prevalere questi ultimi.

A parte quindi i diversi ordini monastici che si sono avvicendati, una cosa rimase sempre la stessa e cioè questa curiosa iscrizione affissa all’inizio del viale d’ingresso al complesso:

Foto di Romina Angelici

Oggi il vecchio monastero dei Benedettini, di fianco alla chiesa, è stato trasformato in un elegante albergo, mentre l’Abbadia di San Pietro al Conero resta a disposizione di chiunque voglia godere di  questo spettacolo custodito nel cuore del Conero.

Di fianco iniziano sentieri che si addentrano nel sottobosco, costeggiando il selvoso monte ricco dell’odorosa pianta del corbezzolo, fino a due punti panoramici che dischiudono la vista sul litorale sottostante e sull’azzurro del mare che si perde nell’orizzonte all’infinito.

 Dove?

Guarda sulla mappa

https://www.rivieradelconero.info/it/l-abbadia-di-san-pietro-al-conero/

Louisa M. Alcott e Lydia Maria Child – un’amicizia in punta di penna

Lydia Maria Child è nota per il suo lavoro come abolizionista e attivista per i diritti delle donne, nonché autrice prolifica e influente di romanzi, articoli, libri di consulenza e letteratura per l’infanzia.

Lydia Maria Child autrice fin dalla giovinezza

Nata Lydia Francis, l’11 febbraio 1802, a Medford, nel Massachusetts, da Susannah Rand Francis e Convers Francis, crebbe in una famiglia di convinti abolizionisti, ultima di sei figli; aggiunse al suo nome Maria quando fu ribattezzata a 19 anni.

I primi anni di Lydia Francis furono segnati da un clima familiare non idilliaco: una madre malata, distante e un padre severo, religiosamente ortodosso.

Frequentò la scuola femminile di Medford e dopo la morte della madre, quando lei aveva soli 12 anni, si trasferì presso la sorella nel Maine, dove iniziò gli studi per diventare insegnante. Qui, La frequentazione società di frontiera relativamente aperta le fece conoscere anche la difficile situazione dei nativi americani, poiché fece amicizia con una piccola comunità di poveri Abenaki e Penobscots.

Lydia Maria Child

Fu in questo periodo che, incoraggiata dal fratello maggiore, ministro della chiesa unitaria e professore alla Divinity School di Harvard, scrisse Hobomok, an Indian story del 1824, che narra dell’amore fra un pellerossa ed una donna bianca e che venne pubblicato sotto pseudonimo. Boston ne rimasa affascinata grazie anche al patrocinio di George Ticknor membro di spicco della società letteraria di quella città, che lanciò Hobomok e trasformò Francis in una celebrità nel giro di poco tempo. Ma lei non era mai completamente a suo agio quando doveva stare in società e non le piaceva “l’eleganza irrigidita e la fredda formalità” del mondo aristocratico mentre si trovava meglio in compagnia di persone colte che apprezzavano la sua arguzia e il suo apprendimento.

Lydia Maria Child e la letteratura per l’infanzia

Il primo libro di Lydia Maria Francis per bambini, Serate nel New England. Destinato all’intrattenimento e all’educazione dei ragazzi (1824), apparve poco dopo Hobomok, e comprende una serie di conversazioni istruttive tra zia Maria e i suoi due figli. Gli argomenti discussi spaziano dalla storia e dalla letteratura, dalla schiavitù e dagli indiani, alla botanica e ad altre scienze. L’attenzione del libro sulle questioni americane e la promozione dei valori americani lo hanno reso un successo immediato. I critici lo salutarono come estremamente adatto ai bambini di una repubblica democratica. Pubblicando pubblicazioni pensate per i bambini americani, Francis scoprì che non solo riempiva un vuoto, ma si guadagnava da vivere.

L’anno seguente si dedicò a un romanzo The Rebels, or Boston before the Revolution (1825), che però venne accolto con molte critiche; forse fu per questo che Francis lasciò trascorrere altri dieci anni prima di scriverne un altro. L’eroina della storia, Lucretia Fitzhebert è una ragazza impetuosa e fantasiosa che impara a proprie spese e attraverso i propri errori, la lezione di vita pronta ad attenderla sul suo cammino: il matrimonio con un uomo virtuoso e colto. La North American Review scrisse che l’autrice, evidentemente in preda a un eccesso di fantasia creativa, aveva riempito le pagine del suo breve romanzo con trame sufficienti a scriverne una dozzina.

libri di child

La rivista per ragazzi Juvenile MIscellany

In questo primo periodo della sua vita, infatti insegnò e si scoprì pioniera di diversi generi letterari: scrisse romanzi storici, racconti e fondò un periodico per bambini, “Juvenile Miscellany”, nel 1826. Nel 1828 sposò David L. Child, un editore che dalle colonne del Massachusetts Journal l’aveva entusiasticamente seguita e promossa nei suoi primi passi della sua carriera letteraria.

Il fatto di aver fondato una rivista mensile dedicata ai bambini di stampo laico, quindi scevra da sovrastrutture ideologiche e teologiche era un’autentica novità e la Child si inserì in quello che era un vero e proprio cambiamento epocale nel modo di considerare il pubblico più giovane. Si veniva infatti da un periodo in cui si pensava che i bambini nascessero malvagi e avessero bisogno di controllo e disciplina; invece dopo la rivoluzione americana, la guerra civile e la crescita della classe media, cambiò il modo di guardare a loro: i bambini venivano considerati malleabili, ricettivi, bisognosi di una guida gentile e di istruzioni morali e potenziali lettori.

Voi, miei cari giovani amici, sarete i miei critici: se ciò che trovate non vi offre né divertimento né bene, penserò di aver scritto male.

Lydia Maria Child,  Juvenile Miscellany ,Volume 1, Issue 1, September 1826

Questi ampi cambiamenti economici e culturali favorirono un periodo di espansione nella scrittura per bambini. Lydia Child dovette influenzare, anche nel diverso modo di considerare l’infanzia, Louisa May Alcott con la quale era venuta in contatto tramite le sue compagne attiviste Margaret Fuller ed Elizabeth Peabody che non a caso avevano insegnato nella scuola di Amos Bronson Alcott.

Il motto di apertura della rivista era stato non a caso che avrebbe istruito e divertito i suoi giovani lettori, senza implicazioni religiose.

In questa storia di due gemelle, ognuna ha un gatto, un cane e un agnello. Quando cercano di insegnare agli animali a ballare, gli animali si rifiutano di cooperare. I gatti sibilano e sputano. Gli agnelli sollevano un piede e si fermano. Invece di arrabbiarsi, le ragazze ridono di gioia, rinunciano a cercare di insegnare agli animali a ballare e decidono invece di raccogliere fiori per i loro animali domestici. Evitando la caratterizzazione convenzionale di Gesù come Agnello di Dio, la storia fornisce una lezione divertente su come mantenere la calma di fronte alle difficoltà.

Lydia Maria Child – una donna moderna e impegnata

Instancabile nella sua difesa delle riforme politiche e sociali, ha portato la passione per l’insegnamento alla sua scrittura per i lettori di tutte le età. Raggiunse il suo picco creativo e socialmente incisivo nel trentennio che va dal 1820 al 1850, se consideriamo molto in anticipo rispetto alle colleghe europee.

Nel 1833 infatti, veniva stampato il primo saggio contro lo schiavismo in forma di libro: Appeal for that class of Americans called Africans.

Il saggio ripercorreva la storia della schiavitù e denunciava la disparità di istruzione e occupazione per i neri. Di conseguenza, dopo la sua pubblicazione, Child fu ostracizzata socialmente e la sua rivista per l’infanzia, tanto amata, fallì nel 1834. Va detto comunque che il libro riuscì, tuttavia, a indurre molte persone a unirsi al movimento di abolizione.

Nel 1852 i coniugi Child, che non ebbero mai figli, e sempre assillati dai debiti, si stabilirono definitivamente in una fattoria a Wayland, nel Massachusetts, dove continuarono a contribuire alla causa del movimento abolizionista e Lydia Maria morirà il 20 ottobre 1880.

Nonostante Lydia avesse alcuni problemi sul fronte domestico, nei tre volumi della Ladies ‘Family Library (1832-1835), idealizza il matrimonio e la domesticità, inserendo ritratti più o meno brevi di donne illustri, ciascuna delle quali addotta ad esemplificazione dell’ideale della femminilità repubblicana.

L’impegno di Lydia Maria Child verteva infatti su aspetti più domestici della vita quotidiana dimostrando altrettanta lungimiranza moderna; lo testimoniano i due manuali, uno dedicato alla madre e l’altro alla casalinga.

Lydia Maria Child

Lydia Maria Child – the frugal housewife

The Frugal Housewife, del 1829, reca come sottotitolo l’inciso: “Dedicato a coloro che non si vergognano dell’Economia” mettendo subito in chiaro i suoi intenti didascalici e pratici. Diretto alle donne della classe media che non potevano permettersi la servitù, fu un primo tentativo di elevare la domesticità a un livello di competenza pari a quello di altri mestieri specializzati.

Il libro conteneva principalmente ricette, ma anche consigli per le giovani casalinghe tra cui: “Se stai per arredare una casa, non spendere tutti i tuoi soldi …. Inizia umilmente”.

Questo non può non riportarci alla mente i capitoli di Piccole donne crescono dedicati a Meg March alle prese con i primi esperimenti domestici e alle sue piccole economie.

The Frugal Housewife dovette essere rinominato The American Frugal Housewife per non confonderlo con l’omonima guida di Susannah Carter. La specifica necessaria nel titolo venne spiegata dalla sua autrice che prendeva così le distanze dai metodi stranieri, non essendo i dettami inglesi “adatti ai desideri di questo Paese”.

The mother’s book

L’altro manuale che seguì il primo di due anni, The Mother’s Book, come dice il titolo è un manuale di istruzioni per le madri in cui offre, tra l’altro, consigli su una vasta gamma di argomenti legati ai bambini tra cui la “coltivazione precoce dell’intelletto”. Un capitolo contenente un “elenco di buoni libri”, forniva anche una guida pratica alla “lettura familiare utile e divertente”, oltre a ciò che i bambini avrebbero potuto imparare a scuola.  Contrariamente ad altri manuali dell’epoca, esso includeva consigli sull’educazione delle ragazze consigliando loro di essere educate in modo da consentire loro di “guadagnarsi da vivere rispettabilmente” e per questo venne guardato con un po’ di diffidenza.

Tra i libri successivi di Lydia Maria Child: Flowers for Children (1844–1847), Fact and Fiction (1846), The Freedmen’s Book (1865) e An Appeal for the Indians (1868). Ma anche una biografia del quaqquero Isaac Hopper, il riformatore che era stato il suo padrone di casa quando viveva per la prima volta a New York e che aveva svolto un ruolo fondamentale nella riforma carceraria, Isaac T. Hopper: A True Life (1853) e Letters from New York: schizzi giornalistici comparsi sul National Anti-Slavery Standard, poi raccolti in un volume, considerati dalla critica alcuni dei migliori scritti della Child,  che in essi combina abilmente la riflessione personale e le riflessioni poetiche con la protesta sociale.

L’ultimo romanzo pubblicato da Lydia Child, A Romance of the Republic (1867) racconta la storia di due sorelle mulatte, Flora e Rosabelle, dalla loro educazione gentile e protetta come schiave a New Orleans, attraverso le prove e le sofferenze della loro prima vita adulta, al loro matrimonio con uomini bianchi e alla loro eventuale accettazione come signore rispettabili. L’intenzione era di attirare i suoi lettori bianchi ad accettare l’idea di una società veramente egualitaria. Ma mentre A Romance of the Republic riesce ad evidenziare i mali sociali dell’America, in particolare il suo razzismo, alla fine Child rimase amaramente delusa dall’accoglienza critica del suo lavoro le cui vendite furono veramente scarse.

Le sue lettere sono state racchiuse in una raccolta intitolata Lydia Maria Child, Selected Letters, 1817-1880 (1982).

Anche se non ha mai raggiunto il successo e il riconoscimento nel mondo letterario che hanno invece arriso ad altre sue colleghe scrittrici, Lydia Maria Child è una figura storica di importanza perché ha messo le sue notevoli capacità letterarie al servizio delle molte cause che ha sposato. Nessun altro scrittore americano del diciannovesimo secolo incarna il legame tra il mondo della letteratura e quello della riforma.

Lydia Maria Child

La canzone del ragazzo del New England per il giorno del Ringraziamento.

Sul fiume e attraverso il bosco,

    Andiamo a casa del nonno;

        Il cavallo conosce la strada,

        Per portare la slitta,

    Attraverso la neve bianca e alla deriva.

Sul fiume e attraverso il bosco,

    Per avere un gioco di prim’ordine –

        Ascolta il suono delle campane

        …

    Hurra per il giorno del Ringraziamento!

Sul fiume e attraverso il bosco –

    Quando la nonna ci vede venire,

        Dirà, oh caro,

        I bambini sono qui

    Porta una torta per tutti.


Purtroppo, non mi risulta nessuna delle sue opere tradotta in italiano. Se ne avete notizia segnalatemelo per favore!

Fonti:

https://www.poetryfoundation.org/poets/lydia-maria-child

http://www.bostonliteraryhistory.com/chapter-4.html

La chiave misteriosa e il segreto che svelò

Scheda libro:

La chiave misteriosa e il segreto che svelò

Louisa May Alcott

!3Lab Editore

Traduttore: Daniele Cassis

Formato tascabile

Pag. 127

Prezzo € 10,00

La pubblicazione monografica di questo racconto, che in precedenza era contenuto in una raccolta, ne esalta il valore e il peso specifico.

La grafica moderna e il formato tascabile e compatto fanno da ponte lanciato verso il lettore dei nostri giorni che può così apprezzarne la valenza senza tempo dell’opera di Louisa May Alcott in tutte le sue sfaccettature.

Ne La chiave misteriosa e il segreto che svelò Louisa dà prova di conoscere a menadito la letteratura gotica europea e mettendo a frutto le sue conoscenze, sfodera tutti i cliché del caso per organizzare questa storia avvolta nel mistero.

Segreti inquietanti, morti improvvise, verità taciute, disvelamenti improvvisi, strane manifestazioni: gli ingredienti ci sono tutti e Louisa con maestria  sa dosarli nel modo giusto creando una enigmatica atmosfera di suspence.

Si tratta di una delle poche storie di genere gotico che Louisa ha lasciato che venissero firmate con il suo vero nome. Il titolo originale è The Mysterious Key, And What It Opened e fu pubblicato nel 1867 a Boston da Elliott, Thomes & Talbot in una collana “Ten Cent Novelettes of Standard American Authors”.

Il racconto, ambientato nell’Inghilterra vittoriana, combina le influenze del primo viaggio in Europa compiuto da Louisa come dama di compagnia e dello stile della Radcliffe. Il protagonista maschile, il giovane Paul, è un giovane di origini italiane dai capelli neri e la pelle olivastra che si distingue per la sua innata eleganza pur se ridotto in condizioni di povertà; questi è stato visto come allusione al pallido e ardente patriota italiano, Mazzini, incontrato a Londra, in occasione proprio di quel primo viaggio. Non a caso Paul, o meglio Paolo, si è fatto notare da un gentiluomo inglese proprio per essersi distinto per il suo coraggio durante il Risorgimento italiano.

La storia muove da alcuni versi enigmatici che suonano minacciosi e preoccupanti per la casata dei Trevlyn. Questa antica e oscura profezia fa da sfondo alle vicende di cui Lady Trevlyn, sua figlia Lillian e Paul, servitore dal passato misterioso. L’apparente serenità della famiglia viene sconvolta da una morte improvvisa che dischiude un susseguirsi di inganni e sotterfugi, disvelamenti e rivelazioni, nonché macabre scoperte,  fino al colpo di scena finale.

Louisa, da sapiente narratrice qual è,  ci tiene in pugno fino all’ultima pagina e costruisce un incastro perfetto tra passato e presente, da apparenza e realtà, finzioni e verità. Sul finale non resiste a giocarci un tiro dei suoi, divertendosi a scombinare i piani di un esito che sembrava tracciato.

Buona lettura!

La decisione di Miss Billy

Scheda libro:

Titolo: La decisione di Miss Billy

Autore: Eleanor H. Porter

Casa Editrice: Edizioni Cignonero

Pagine:  352

Prezzo: € 14,90

L’atteso seguito di Miss Billy, ci riporta di nuovo nelle strade di Boston, in compagnia di William, Cyril e Bertram, di Marie e della zia Hannah e ovviamente dell’indimenticabile Billy, alle prese con una nuova romantica avventura, ricca di equivoci e colpi di scena.

Sinossi:

Finalmente tutto volge al meglio per Billy: dopo aver scombinato e movimentato la vita dei fratelli Henshaw, ogni equivoco sempre essersi risolto. Billy, ufficialmente fidanzata con uno dei tre fratelli, vive con l’amata zia Hannah e si dedica con sempre maggiore impegno al benessere di persone meno fortunate.

Tutto procede per il meglio fino a quando la ragazza non riceve una lettera: M.J., parente della zia Hannah, sta per arrivare in città per studiare lirica, ed esprime il desiderio di incontrare la vecchia zia che non ha mai conosciuto. Billy, sempre entusiasta di fare nuove conoscenze e aiutare chiunque abbia bisogno di una mano, decide di aprire le porte della propria casa per accogliere la gentile sconosciuta che le ha scritto. Perché, ovviamente, M.J. sta per Mary Jane.

Sulla scia di un altro equivoco quindi, prende le mosse il secondo capitolo della saga di Miss Billy; questa volta è lei stessa a essere vittima del malinteso e lo scherzo apparentemente bonario metterà in crisi la solidità del fidanzamento con Bertram.

Continuano le avventure sentimentali di Miss Billy quindi, anche se dopo un inizio vivacizzato, lo sviluppo seguente non prosegue in modo altrettanto sostenuto.

Il matrimonio non è la scontata e ovvia conclusione della storia, così come della vita di Miss Billy: cambia radicalmente l’impostazione rispetto ai romanzi dell’Ottocento e il percorso di formazione dell’eroina non coincide più con la conquista di un buon partito quanto con una maggiore consapevolezza di sé. Ad acquistare maggiore rilevanza e considerazione per Billy è il proprio mondo interiore, piuttosto che quello esteriore, e i propri sentimenti, piuttosto che le aspettative sociali.

Di certo Miss Billy ha bisogno di venire messa sempre a dura prova per fare chiarezza nel suo cuore dove un posto speciale occupa l’amore per la musica che contraddistingue anche diverse storie firmate da Eleanor H. Porter (penso a Solo David, per esempio). La musica non è solo la colonna sonora che fa da sfondo alla vita di Miss Billy, ma riveste un ruolo di rilievo fino a diventare una vera e propria rivale dell’amore.

Allora Bertram aveva snobbato l’idea e si era detto che era solo la musica la sua unica rivale. Una cosa insensata, fredda. Un mucchietto di scritte filiformi su pagine bianche…

Inferiore al primo, questo secondo libro si rende gradevole proprio grazie all’ingenuità e all’entusiasmo di Miss Billy.

La chiave misteriosa e il segreto che svelò

Nuova edizione:

Vorrei presentare questa edizione, recente, in formato tascabile, del racconto di Louisa May Alcott pubblicato nel 2019 dalla giovane casa editrice 13 Lab – Milano. Una delle poche storie di genere gotico che Louisa ha lasciato che venissero firmate con il suo vero nome.

Il titolo originale è The Mysterious Key, And What It Opened e fu pubblicato nel 1867 a Boston da Elliott, Thomes & Talbot in una collana “Ten Cent Novelettes of Standard American Authors”.

Precedente edizione in italiano:

Era contenuto in questa raccolta insieme ad altri tre: Il potere di una donna, Passione e tormento, La tentazione di Maurice Treherne.

Il racconto, ambientato nell’Inghilterra vittoriana, risente molto del primo viaggio in Europa compiuto da Louisa come dama di compagnia.

Sinossi:

Nessun membro della famiglia Trevlyn riuscirà a godere in pace dell’eredità della dinastia, finché una verità nascosta nella polvere non verrà svelata. Questa antica e oscura profezia fa da sfondo alle vicende di cui Lady Trevlyn, sua figlia Lillian e Paul, servitore dal passato misterioso, sono i protagonisti nell’Inghilterra vittoriana di metà XIX secolo. In un continuo susseguirsi di inganni e sotterfugi, la realtà che circondava i personaggi si sgretola inesorabilmente, lasciando spazio a una verità che né il tempo né gli uomini sono riusciti a nascondere.

Godless – il western al femminile

Mai titolo fu più azzeccato per una serie.

Se da piccola guardavo film western con mio padre, da grande mi sono lasciata convincere a guardare questa serie western con mio marito.

I sentimenti di orrore sono gli stessi che mi comprimevano lo stomaco ora come allora. Almeno prima c’erano le colonne sonore di Ennio Morricone a ingentilire il tutto. Ma queste musiche non sono da meno, devo ammettere, composte da Carlos Rafael Rivera.

Oggi fatico a trovare un tocco di poesia in una serie come Godless dove i bisogni primari come sopravvivere e trovare compagnia sembrano guidare l’istinto primordiale degli uomini, molto vicini al mondo delle bestie.

Stento a riconoscere l’attrice di Downton Abbey, Michelle Dockery, che ha scelto questo ruolo spinta da un copione irresistibile e la notevole partecipazione femminile che prevedeva, così insolita per l’idea -o il preconcetto- di western tradizionale che abbiamo. Michelle smette subito gli abiti di paillettes di Lady Mary e ora gestisce un piccolo ranch, dopo essere rimasta vedova, insieme alla suocera indiana e al figlioletto.

Come lei a La Belle -cittadina realmente esistita anche se per le riprese è stata usata Santa Fe-, nel New Mexico, ci sono altre 83 vedove, divenute tali per colpa della miniera che ha inghiottito in un colpo solo tutti i loro mariti.

godless

Lo sceriffo non dimostra una particolare coraggiosa durezza ma sarà risolutivo in diverse circostanze.

Godless – la trama

La trama è piuttosto elementare anche se poi si snodano delle storie secondarie al suo interno:

Nel 1884, Frank Griffin è un fuorilegge che va alla ricerca del suo ex amico e figlio adottivo, Roy Goode, che lo ha tradito. Tutto diventa complicato per Frank Griffin quando scopre che Roy si nasconde in una città chiamata La Belle, dove le donne regnano. Loro faranno di tutto per proteggere la loro città dalla vendetta di Griffin, il quale aveva giurato di uccidere chiunque avesse aiutato Goode.

Trattandosi di una miniserie in 7 puntate distribuita da Netflix non sento la necessità di un seguito.

In quanto ambientata nel vecchio West trovo superfluo dire che le immagini sono crudi e violente, e che non si può consigliare la visione di questa serie per puro intrattenimento.

Ma ho deciso di non volermi soffermare solo su quelli che io considero aspetti negativi.

Innanzitutto, la nota curiosa, che mi sembra importante segnalare, e che ha poi condotto alla presente scelta, è che ideatore, regista e sceneggiatore è Frank Scott, classe 1960, che ha poi ricoperto gli stessi ruoli per La regina degli scacchi, con risultati molto più apprezzabili, secondo me. Il sodalizio con il premio Oscar Steven Soderbergh non poteva che portare buoni frutti.

Inoltre, c’è una certa atipicità in questo western che notoriamente è affidato e incentrato su un cast tutto al maschile mentre in questo caso le signore di La Belle reclamano a gran voce la loro parte, dolorosa o forte che sia, e conferiscono una nota di grazia femminile di cui si sente tanto bisogno o almeno forniscono un intermezzo -o sarebbe meglio dire un diversivo- alla catena di uccisioni e sparatorie altrimenti interminabile. Come è.

Oltre alla scenografia molto curata e all’ambientazione ricreata in ogni dettaglio estremamente curato, alla tipologia classica di personaggi western del bandito, del ricercato, dello sceriffo, si cerca di aggiungere un approfondimento psicologico delle rispettive personalità in gioco per rispondere sicuramente a una più esigente sensibilità moderna (che non si accontenterebbe più forse de Il buono, il brutto e il cattivo).

godless

L’epilogo finale dunque culminerà in un regolamento dei conti tra lo spietato e psicopatico Frank Griffin interpretato da Jeff Daniel -quello di The Walking Dead per gli appassionati ma che per questa serie ha vinto l’Emmy Award 2018 come attore non protagonista- e il figlioccio adottivo che lo ha tradito, Roy Goode, che coinvolgerà l’intera La Belle con esiti sorprendenti.

Non voglio rovinarvi il finale ma ricordatevi che un western non è tale se non c’è  un duello, poi però con un’insospettabile guizzo, lo sguardo della cinepresa coglie e ci regala nuovi e diversi orizzonti.

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