Louisa May Alcott nasce a Germantown il 29 novembre 1832, secondogenita di Amos Bronson e Abba May e nello stato della Pennsylvania trascorse la prima infanzia.
Venuto meno il sostegno morale e materiale di Reuben Haines, che aveva chiamato Bronson a dirigere la scuola chiamata “piccolo paradiso”, la famiglia Alcott dovette trasferirsi a Boston, lì abitavano i May, parenti di Abba; in quegli anni la città godeva di grande prosperità grazie al commercio del cotone. Amos aprì la Temple School dove cercava di educare i suoi allievi applicando il metodo socratico e dove Louisa spesso si trovava a trascorrere il suo tempo assorbendo scampoli di insegnamenti paterni affiancato all’epoca da due valide collaboratrici: Elizabeth Peabody e Margaret Fuller.
Nel 1839 si trasferiscono su invito di Ralph Waldo Emerson a Concord, cittadina tranquilla, circondata da colline e da boschi; gli Alcott si sistemarono a Hosmer Cottage: non navigano nell’oro ma vivono del lavoro dei campi.
A Concord gli Alcott faranno ritorno dopo la fallimentare esperienza trascendentalista di Fruitlands, acquistando Hillside Cottage dove Louisa trascorse la sua giovinezza e gli anni più importanti per la sua formazione: tra un lavoretto e l’altro compone i primi racconti.
Il decennio 1850-1860 fu il periodo peggiore per la famiglia Alcott e per la sua vita: sono gli anni della malattia di Elizabeth che, colpita da una malattia infettiva, muore. Louisa ebbe più di un momento di sconforto, anche perché si trovò a dover accettare il fidanzamento della sorella Anna con John Pratt e alcuni suoi fallimenti personali.
La guerra di secessione interrompe bruscamente la nascente carriera letteraria di Louisa, che si offre come infermiera volontaria all’ospedale militare di Georgetown, vicino a Washington. L’orrore e la tragedia della guerra vengono raccontati a casa attraverso delle commoventi e tenere lettere. Il padre le raccoglie e le conserva tutte e ne manda alcuni brani all’amico Frank Sanborn, editore del giornale “Commonwelth”: essi saranno pubblicati con il titolo Hospital Sketches. La giovane infermiera deve però essere ricondotta a casa perché ammalata di tifo; fu curata con il calomelano che veniva somministrato all’epoca ma che induceva un progressivo avvelenamento.
Dopo essersi rimessa, Louisa comincia a pubblicare romanzi noir o storie sensazionali che le procurano facili guadagni ma che decide di firmare utilizzando uno pseudonimo (a noi richiamano alla mente i primi esperimenti letterari di Jo March!) e intanto si cimenta in tantissimi lavori: insegnante, colf, governante, sarta e anche dama di compagnia.
Infatti, alle dipendenze di una signora benestante ammalata, Anna Weld, figlia di un commerciante, nella primavera del 1865 Louisa accetta di partire per la tanto sospirata Europa. Dopo essere sbarcate a Londra, proseguono in cerca di un clima più mite verso il lago di Ginevra, in Svizzera, stabilendosi nella cittadina di Vevey. Qui Louisa conosce Ladislas Wisniewski, un giovane polacco con il quale fa romantiche gite sulle montagne e sul lago contrariando la sua datrice di lavoro che si considera abbandonata a se stessa. Le due presto si separano perché Louisa è sempre più insofferente e prosegue il viaggio da sola.
Quando torna a casa a luglio, con il suo bagaglio di incontri e esperienze nuove, trova la Orchard House e i suoi abitanti bisognosi del suo intervento: la madre Abba e Anna sono entrambe malate, la casa è in rovina e i debiti aumentati. Con pazienza e spirito di sacrificio, Louisa si rimette sotto a lavorare e a scrivere proprio per sanare le finanze domestiche.
Quando Thomas Niles, socio e direttore della compagnia editoriale Roberts Brothers, le propone di scrivere un libro per giovanette, Louisa dapprima rifiutò, dicendo di non conoscere bene le fanciulle, ma poi, dietro insistenza di lui, accettò.
Sappiamo benissimo che le preoccupazioni di Louisa erano infondate e mal riposte perché non c’erano al mondo altre ragazze che lei conoscesse meglio delle quattro sorelle Alcott e proprio di loro, scrisse.
Finì il primo libro delle Piccole Donne in pochi mesi guadagnando molto e sette mesi dopo, il successo si ripeté con Piccole Donne crescono. Ormai la strada di Louisa come scrittrice di romanzi per la gioventù era tracciata e arrivando a lavorare anche 14 ore al giorno, diede alle stampe anche Una ragazza fuori moda.
Pagati i debiti, risanate le finanze della famiglia, finito di ristrutturare Orchard House, Louisa decide di regalarsi una meritata vacanza. Questa volta sarà lei a decidere con chi partire e dove andare: lei, la sorella May e un’amica attraversano l’Oceano per visitare la Francia, la Svizzera e l’Italia.
La guerra franco-prussiana sorprende le tre giovani donne americane in Svizzera. In ottobre riescono ad attraversare le Alpi e a visitare il lago di Como. Passando per Milano, Bologna e Firenze si stabilirono sei mesi a Roma dove May prendeva lezioni di disegno e pittura, e Louisa proseguiva la saga di Piccole Donne con una nuova puntata.
Purtroppo il clima spensierato e riposante del soggiorno europeo fu rovinato dalla notizia della morte improvvisa del cognato John Pratt: Louisa pensava ad Anna e ai suoi ragazzi quando terminò di scrivere Piccoli uomini mentre erano alloggiate in un appartamento in Piazza Barberini a Roma.
Visto quanto accaduto a casa e sapendo che Anna ha bisogno di lei, nel maggio 1871 Louisa decide di fare ritorno in patria mentre May rimane in Italia a studiare. A casa la aspettano fama e popolarità: iniziano a fioccare lettere, domande di autografi, interviste. Furono questi gli anni d’oro in cui videro la luce altri quattro romanzi per ragazzi: Gli otto cugini, Rosa in fiore, Sotto i lillà e Jack and Jill. Rimaneva comunque sempre lei a prendersi cura del padre e soprattutto della madre, la cui salute stava velocemente declinando dopo i gravi problemi agli occhi. Il 25 novembre 1877 Abba viene a mancare: l’amata Marmee viene sepolta nel cimitero di Concord, lo Sleepy Hollow, accanto alla figlia Elizabeth.
A febbraio, gli Alcott ricevettero la notizia che May si era fidanzata con un uomo d’affari svizzero. Il 22 marzo 1878, May sposò Ernest Nieriker a Londra e si stabilirono in un sobborgo parigino.
Louisa e il padre si trasferirono a vivere con Anna e a Orchard House si costituì una scuola, la Concord School of Philosophy, diretta da Bronson che finalmente cominciava a vedere riconosciuto il suo ruolo di filosofo e pedagogo.
Louisa seppe che l’8 novembre, May aveva dato alla luce una figlia, Louisa May Nieriker. La gioia fu però di breve durata: dopo appena due settimane dal parto, May si ammalò improvvisamente e morì. Fu la zia Louisa ad occuparsi della bambina, Lulu, secondo una promessa che May le aveva strappato quando ancora aveva in grembo la figlia. Per diversi anni, tutti furono assorbiti dai progressi di Lulu e Louisa, senza più preoccupazioni economiche, poteva godersi la crescita della nipotina per la quale scrisse favole e racconti. Il 24 ottobre 1882, Bronson ebbe un ictus che lo paralizzò e, per diversi mesi, lo privò della parola e Louisa dovette rientrare ancora una volta da Boston per prendersi cura di lui, comunque aiutata anche dalla sorella Anna. Nel dicembre del 1884, iniziò a lavorare ai Jo’s Boys, l’ultimo atto della saga sulla famiglia March, e l’impegno ne esaurì le poche forze rimaste.
Quella del giugno 1886 fu la sua ultima estate a Nonquitt, città costiera del sud-est del Massachusetts, dove Louisa amava trascorrere le vacanze. Nel gennaio del 1887, si trasferì in una casa di cura a Roxbury, appena fuori Boston. Cominciavano a ripresentarsi gli effetti dell’avvelenamento da mercurio, mangiava e dormiva male. Durante questo periodo, che lei stessa definisce di forzato isolamento, scrisse le sette storie che compongono la raccolta Una ghirlanda per ragazze.
Il 1° marzo 1888, sapendo che la fine del padre era vicina, Louisa si recò a Boston per fargli visita.
Il 6 marzo 1888, alle 3,30 del mattino, all’età di 55 anni, Louisa May Alcott si spegneva nel sonno, senza sapere di stare seguendo la dipartita del padre di soli due giorni.
Riposano entrambi nel cimitero di Concord, Sleepy Hollow.
Tratto da “Non ho paura delle tempeste. Vita e opere di Louisa May Alcott”, di Romina Angelici, Flower-ed.