Partorisco parole
figlie della solitudine
che la malinconia ha fecondato.
Con sapienza maieutica
le raccoglie l’angoscia
in un muto travaglio.
Squarcio silente
di un’anima disfatta.
Marzo pazzerello
Manda in giro con l’ombrello
Ora piove poi torna il sereno
E fa capolino l’arcobaleno
Si affaccia il sole tutto contento
Illumina i prati e il firmamento
Pettina il vento i fiori schiusi
Profumi e colori appena accesi
Birichino ha rovesciato
L’ordine esatto del creato:
zampettano in cielo bianche pecorelle
e si accendono nell’erba splendenti le stelle.
Siamo come le foglie
ingiallite dal tempo
Che scosse dal fremito del vento
Intessono uno scialle
Di tristi colori
Per le materne spalle
Memori di verdi fiori.
A quale destino ci promette
La Madre che di noi s’addobba?
A quale inganno corrisponde
Il dono della vita in un perché?
Madre crudele
Nella polvere ci abbandoni
Mortali soli
Ma l’immensità dei cuori
Non può colmarsi di dolori.
Il rapporto di Jane Austen con il padre appare ad una prima impressione come quello di profondo rispetto e distanziata ammirazione. Essendo stata educata in casa ella non apprese dal padre solo i precetti evangelici e i principi illuministi connessi al ruolo di ecclesiastico e pedagogo, ma anche il senso della misura e l’apertura mentale che consentivano alla giovane figlia di leggere qualsiasi opera letteraria della sua biblioteca di oltre cinquecento volumi senza veto alcuno, e soprattutto di scrivere. E scrivere non componendo melensi versi melanconici, ma ironizzando e parodiando opere e autori considerati patrimonio nazionale intoccabile.
Intorno alla figura del padre ruotano due eventi fondamentali nella vita di JA: la lettera all’editore Cadell per sottoporgli First Impressions nel 1797, quando Jane aveva 22 anni; e la morte di lui a Bath il 21.1.1805, data che segna un brusco silenzio letterario o vuoto di notizie su Jane Austen. Si è ipotizzato che fosse il doloroso ricordo provocatole dall’analoga condizione tratteggiata nel padre di Emma Watson ad impedirle di portare a compimento il frammento abbozzato dopo la morte del proprio.
In generale le figure di padri nei romanzi sono tratteggiate sommariamente, trattate con ironia bonaria (cfr. Mr. Woodhouse), a volte presentati come arguti ma comunque indolenti (Mr Bennet) e in ogni caso estranei al mondo femminile, al gineceo che si trova al di là del loro studio
“il babbo è il solo che non è a parte del segreto” (L. 29 del 3-5.1.1801), quello cioè di prendere due cameriere.
Jane non dovette essere sempre d’accordo con le decisioni prese dal rev. Austen come quando decise il trasferimento a Bath per lasciare la parrocchia di Steventon a James o morendo lasciò moglie e sorelle in balia della generosità dei fratelli maschi. Verso di lui esprime sentimenti di rispettoso affetto ma non autentico slancio: lascia pensare la duplice versione della lettera con cui annuncia la morte del genitore e allo stesso tempo cerca di consolare il fratello minore Frank
“Dobbiamo sentire il peso della perdita di un tale Genitore, altrimenti saremmo dei Bruti” (L.40 del 21.1.1805)
“Della sua tenerezza di Padre chi potrà renderne giustizia… Conserva il sorriso dolce e benevolo che l’ha sempre contraddistinto” (L. 41 del 22.1.1805).
In seguito ne accennerà in una lettera sempre con termini di stima e tradendo un po’ di nostalgia quando le viene richiamato alla mente l’interesse di lui per gli studi umanistici, l’ambiente universitario
“Mr W. è stata un’utile aggiunta, dato che è un Giovanotto disinvolto e un piacevole conversatore – è molto giovane, forse a malapena ventenne. E’ del St John di Cambridge, e ha parlato molto bene di H. Walter come studioso; -ha detto che era considerato come il miglior classicista dell’università – Quanto sarebbe stato interessato il Babbo a una descrizione del genere!” (L. 78 del 24.1.1813).
L’errore in cui non bisogna incorrere è comunque quello di applicare categorie moderne del rapporto padre-figlia (che già cambia di generazione in generazione nel periodo più recente) ad un’epoca e un contesto socioculturale del tutto lontano dal nostro. Ci si può limitare ad osservare che non tutti i personaggi di padri nei romanzi che pure sono presenze costanti (invece delle madri) sono stati ossequiati o per meglio dire, sono stati delineati in modo tale da ispirare tale deferente sentimento.
In Persuasione Sir Elliot è contraddistinto subito dalla sua vanità mentre i metodi educativi di Sir Thomas (Mansfield Park) improntati al senso del decoro e dell’onore ottengono risultati sovversivi nelle condotte degli stessi figli dimostrando la fragilità della figura del pater familias, fino ad allora indiscussa. Il padre di Fanny Price non brilla per sensibilità e buone maniere ma forse gli vengono concesse delle attenuanti per le condizioni di vita più sfortunate.
Mr Watson, è l’unico padre ecclesiastico e sia per questa concomitanza di ruoli, sia per gli accenti teneri con cui viene descritto (sia perché –come si diceva prima- il romanzo fu lasciato incompiuto alla morte del proprio padre) è stato detto che potrebbe essere quello che più si avvicina al Rev. Austen.
La critica al sistema patriarcale è evidente sin dai primi romanzi dove all’incapacità dei padri di garantire un futuro rispettabile alle figlie femmine diseredate in confronto al figlio maschio (quando c’è) corrisponde la consapevolezza autobiografica dell’instabilità e precarietà della figura della figlia all’interno della famiglia e la difficoltà ad affermare l’auctoritas femminile che non riproponga il sistema di potere maschile (Cfr. Chiara Briganti, Anche tu figlia mia! Figlie e padri nelle letterature anglofone, Edizioni Quattroventi, pg. 66).
Poche sono state le volte
In cui mi hai dimostrato il tuo affetto
Eppure eri mio padre.
Rarissime quelle in cui
Ho capito che eri orgoglioso di me.
Eppure eri mio padre.
Moltissime invece
Le occasioni in cui ho sentito
Di averti deluso
E mai abbiamo condiviso qualcosa
Insieme.
Eppure eri mio padre.
Eppure quando te ne sei andato
Una parte di me
È venuta via con te
e una gelida coltre
ha inghiottito un lembo del mio cuore.
E’ primavera d’intorno
La natura ha indossato gioielli iridati
Il mandorlo sfoggia le sue perle rosate
Sugli alberi gemmano smeraldi
Fili d’oro intrecciano corolle di margherite
Marzo beato ride nell’aria.
Mentre preparo il desinare del dì di festa
che tanto gradiva l’amato genitore
inspiro l’aroma della trascorsa giovinezza.
L’algido marmo che sbarra
il tuo giaciglio mortale
da nessuna lacrima si lascia scalfire
e della primavera che freme nell’aria
palpito più non conosce.
La vita essere sa vendicativa
quel che odiavo mi fere a perpetrare
e in uno struggente desio affoga il cuore.
La vita corre, vola
Sempre avanti
Va.
A volte
con una capriola retrocede
Oppure di colpo s’arresta.
L’uomo in sé
È un paradosso
Perché mentre vive
Muore già.