
Ogni libro di Elizabeth von Arnim racchiude un mondo che non solo non ci si annoia mai di stare a guardare, ma nel quale è facile ritrovarsi completamente immersi. Le situazioni rappresentate sono sempre diverse, originali e trattate con ironia.
In questa storia i personaggi sono pochi: Jen, suo padre, Netta, James e Alice; l’intreccio particolarmente semplice, eppure attraverso il discorso indiretto libero, è possibile vivere la stessa situazione da cinque diversi punti di vista e angolazioni.
La condizione di Jennifer è piuttosto ordinaria: superati i trent’anni e legata al padre, oltre che dal vincolo di obbedienza, da una promessa fatta alla madre in punto di morte di prendersi cura di lui, si ritrova inaspettatamente libera quando lui decide a sua insaputa di sposarsi con una ragazza molto più giovane, tra l’altro. Jennifer decide che un cottage in campagna è la sistemazione perfetta per cominciare la sua nuova vita e seppure vada in cerca solo di un rifugio solitario e appartato, piomba nel ménage del pastore Mr. Ollier e sua sorella Alice, che affittano il cottage di pertinenza della canonica, e finisce per sconvolgere le loro tranquille esistenze. Una volta assaporata l’ebbrezza della libertà, rifugge istintivamente da ogni altro tentativo di imbrigliarla in un nuovo giogo: così si sente quando Mr Ollier la bacia sotto al melo.
Passando dai più reconditi pensieri dell’uno e dell’altro, inconfessabili persino a se stessi, riproposti senza filtri e in modo esilarante, Elizabeth von Arnim ottiene il duplice effetto di fornire un esauriente quadro d’insieme e di divertire immensamente.
Se il padre rappresenta il tipico maschio vittoriano che spadroneggia sulla vita delle donne, come nota Carmela Giustiniani nella biografia di Elizabeth von Arnim, Chiamatemi Elizabeth, nella canonica i ruoli sono apparentemente rovesciati perché all’interno delle mura domestiche è Alice a prevaricare il remissivo fratello. Ma a prescindere dalla diversa caratterizzazione, la condizione femminile è parificata dallo stesso stato di dipendenza da cui le donne possono affrancarsi solo attraverso il matrimonio, unica soluzione socialmente accettabile. La fuga di evasione di Jennifer è di breve durata e sul finale aleggia più di un’ombra.
Nessun’ombra invece sulla piacevolezza della lettura di un romanzo che conferma senz’altro la brillantezza della sua autrice.