I fratellastri di Elizabeth Gaskell
Edizioni Croce, Roma, 2016.
Traduzione di Salvatore Asaro
Introduzione e cura di Michela Marroni
Postfazione di Mara Barbuni
Storia tenera e triste I fratellastri, o come meglio espresso dall’epiteto in inglese, Half- Brothers, fratelli per metà. Storia che sembra sgorgata da un cuore materno e sensibile, affranto e tuttavia fiducioso, colmo della speranza nel raggiungimento della vita eterna dopo la morte, senza più dolori e ingiustizie.
In questa storia, la cui forza non risiede certo nell’originalità della trama, è impresso a fuoco il marchio del carattere di Elizabeth Gaskell. La potenza del racconto, dal quale si viene progressivamente conquistati e cullati, sta, oltre che nella sua nobile semplicità, nella fatale attrazione sprigionata dalla figura della madre che nonostante la sua misera e breve esistenza, esprime l’insegnamento più prezioso, quello dell’amore.
Se la voce narrante, che è quella del fratello superstite, può ripercorrere la tragica vicenda in cui è culminata la sua giovinezza, con riconoscenza e affetto sin dall’inizio per il fratellastro, con comprensivo rispetto per la cieca gelosia del padre, con devozione per la zia e il ruolo sostitutivo svolto, lo dobbiamo all’esempio di amore e abnegazione che la madre ha dato. Madre, secondo una legge più forte di quella degli uomini e a dispetto di essa; madre -ancora prima di essere moglie- di due figli che dovranno essere per sempre legati a lei e tra loro perché carne della stessa carne. L’unico strumento, l’unica arma per contrastare l’accanimento del destino, le ingiustizie e parzialità degli uomini, rimane una fiera resistenza costituita dall’amore infinito che può contenere un cuore umano.
Michela Marroni, nell’introduzione premessa a questo racconto, riporta la facilità creativa e narrativa di Elizabeth Gaskell che il dato autobiografico ha vieppiù influenzato: la si può immaginare intenta ad inventare una storia edificante, con inserti fiabeschi, ispirata da un preciso intento didascalico e escatologico, di chiaro stampo biblico. Ma dalle pieghe del racconto sgorga vibrante la voce accorata di quella madre che ha trovato, prima ancora del conforto nella religione, in sé il coraggio per andare avanti nonostante un dolore insuperabile e dilaniante.
Un’edizione può considerarsi di pregio non per la fattura e i materiali, ma quando rifinisce e cura la sua opera e i lettori cui è destinata provvedendoli del necessario alla comprensione e conoscenza, come questa collana sembra sapere bene. Ogni pubblicazione dovrebbe offrire un’introduzione che permetta di capire meglio sia l’autore che la sua produzione. In questo caso il valore è impreziosito dall’approfondimento contenuto nella postfazione curata da Mara Barbuni che inscrive la scrittrice in quella che è la cornice letteraria romantica della sua epoca, illustrandolo con riferimenti puntuali. L’attribuzione di uno specifico significato al paesaggio naturale circostante in cui la Gaskell colloca i protagonisti delle sue storie, e che sottolinea o si confonde con il loro stato d’animo, è tipica espressione della compartecipazione sentimentale dell’Io con la Natura, caratteristica che, insieme all’attenzione per la gente umile e la vita semplice e la passione per i racconti di genere gotico, fa definire “la romanziera vittoriana Elizabeth Gaskell… cronologicamente e culturalmente figlia del Romanticismo” (p. 58).
Il risultato di traduzione si dispiega in modo scorrevole, fluido e finanche musicale. Nessuna stonatura ha intralciato la lettura che anzi è stata conquistata da uno stile sobrio ed elegante, come il volume che, già caro, troppo presto viene riposto.
Romina Angelici