La pioggia d’estate
spettina le nubi
arruffate sull’orizzonte
semina arcobaleni iridati
nella valle
lava i colori di una giornata
spenta
anche se la tinge
un po’ di grigia malinconia
Archivio | luglio 2014
Musica
Gli innamorati di Sylvia. Emozioni.
Non ho ingaggiato alcuna lotta con la scrittrice, checché ne dica Forster (nel suo saggio Aspetti del romanzo: “Il lettore deve starsene seduto in solitudine a lottare con lo scrittore”), ma certo è che volevo rimanere sola e quando ho posato il libro avevo le lacrime agli occhi per aver dovuto lasciare la povera Sylvia e il povero Philip ai loro tristi destini e aver patito per le loro disgrazie. Non è solo un romanzo storico questo romanzo della maturità della Gaskell, un manuale di vita, un compendio di saggezza. Nella rappresentazione affranta delle miserie che costellano ogni esistenza umana in cui gli aspetti più terreni finiscono per rivelarsi effimeri, illusori e deludenti, sembra di ascoltare uno di quei miti e leggende che la tradizione popolare usava per illustrare sotto metafora e personificandoli, le qualità e i difetti insiti nella natura umana, oscillante tra vette di eroismo e bassezze morali, allo scopo di utilizzarle per le future generazioni a monito e insegnamento per la loro educazione etica.
Quando il prof. Francesco Marroni, nell’introduzione al libro, spiega e racconta la genesi del racconto, il lavoro di ricerca condotto dalla Gaskell, che si documentò sia andando di persona sulla cittadina costiera di Whitby, ribattezzata Monkshaven, sia procurandosi i testi sulla caccia alle balene (come Melville) o intrecciando una fitta corrispondenza con un abitante del luogo da cui trasse più informazioni possibili, ripercorre anche la difficile scelta che ha portato all’individuazione del titolo allorché l’attenzione si era fissata prima sul ramponiere Kinraid, spostandosi poi su “L’idolo di Philip” e infine approdando alla dicitura finale che fa di Sylvia la figura principale attorno alla quale si snoda comunque l’intreccio tragico degli eventi e delle vite degli altri cooprotagonisti. Perché la vera forza di questo romanzo –e in generale della penna della Gaskell- è secondo me la capacità di tratteggiare i personaggi così compiutamente e intimamente da rendere ciascuno di essi protagonista. Non si potrebbe infatti affermare di non conoscere Hester Rose meno di Sylvia, o Bell Robson meno di Molly Corney. Credo perché a livellare tutto e tutti c’è una equanime voce narrante che attribuisce uguale dignità sia ai poveri che ai ricchi, sia ai semplici che agli acculturati, sia a quanto sta in primo piano sia a quello che rimane sullo sfondo, e che rassegnata di fronte alla spietata sorte umana con muta e materna comprensione –è magistrale infatti il modo con cui la Gaskell coglie i minimi moti dell’animo delle figure di madri presenti nelle storie- offre la fideistica speranza di salvezza eterna pacificatrice.
Intanto la storia sociale dell’Inghilterra del Nord, compresa negli anni tra il 1793 e il 1800, assiste glaciale, come i mari della Groenlandia dove si conducono gli assalti alle balene, alle singole storie che si infrangono su di essa come i derelitti corpi sbattuti dalla mareggiata contro gli scogli. L’altra grande presenza è quella del mare, costante e ambiguo scenario caratterizzato da connotazioni ambivalenti: la nenia consolatrice delle onde, la sensazione di sconfinata libertà e scrigno di pace per le sue vittime, teatro di scontri violenti. Il mare lambisce Monkshaven e scandisce le vite dei suoi abitanti che dal mare traggono la principale fonte di sostentamento e arricchimento ma dal mare temono anche l’arrivo di forze negative disgreganti la solidale comunità, e aspettano le belle e le brutte notizie.
Un romanzo corale questo che assume i toni crescenti del coro di una tragedia greca, amaro commentatore di parabole esistenziali destinate al declino e alla sofferenza, che insinua il suo lamento pessimistico anche attraverso la ripetitiva e ossessiva insistenza sulle ostentate e ignare qualità giovanili e sulle fuorvianti e infondate aspirazioni di un’età e di una conoscenza imperfetta.
Dopo Ruth, Sylvia paga la colpa della sua frivola bellezza espiandola con una serie di prove durissime e dolorose che ne formeranno il carattere disponendolo alla conoscenza dei veri meriti e del vero amore.
Ma non ci sono eroi in Gli innamorati di Sylvia perché è già di per sé un atto d’eroismo campare e sopravvivere per i suoi protagonisti. Tanto più è preciso e circostanziato il contesto storico, accuratamente ancorato a specifici riferimenti spazio-temporali, tanto più la vicenda narrata può essere elevata a paradigma generale dell’esistenza umana i cui attori potrebbero invariabilmente essere collocati in un’altra realtà, con altre caratteristiche, ma sempre destinati alle stesse considerazioni, al medesimo flusso, al transitorio passaggio terreno.
Un libro che non può mancare nel corredo letterario di ogni lettore per cui rappresenta un incontro indimenticabile; per questo bisogna essere doppiamente grati a chi lo ha tradotto in italiano, a chi lo ha introdotto e chi lo ha pubblicato contro corrente, contro tutte le leggi di mercato ma solo per puro amore della bellezza e della prosa poetica.
Girasoli
La mietitura
Mattina d’estate
Esili farfalle bianche
Volteggiano
Intorno alla lavanda in fiore
Come fiocchetti di candida seta
Imbevuti di fragranza speziata;
Trine e merletti
di pizzo variopinto
Ingemmano
Il liscio pavimento*
color smeraldo;
Insetti pullulano
Nella calura odorosa
Che è la loro estate di vita.