Archivio | gennaio 2021

Il Duca e io di Julia Quinn

Il duca e io, di Julia Quinn. I Bridgerton che spopolano

Ebbene sì, anch’io ho letto Il Duca e io.

E con mio sommo stupore, pari al mio iniziale scetticismo, ho scoperto subito che mi piaceva.

Ho deciso di leggere il romanzo regency di Julia Quinn perché adoro l’epoca Regency e ovviamente perché mi sono fatta trascinare dalla scia della serie Bridgerton con la quale mi sono divertita a trovare analogie e differenze.

Invece di paragonare il libro all’adattamento cinematografico, questa volta ho fatto il contrario. 

Il romanzo, infatti, non mi è dispiaciuto affatto, anzi, la scrittura presenta meno eccessi rispetto alla versione seriale (scene intime a parte).

È stato molto ardito da parte dell’autrice aver incentrato la causa simulandi del Duca sulla procreazione laddove la cultura nobiliare inglese è per forma mentis basata sul diritto ereditario per la conservazione del titolo e della proprietà.

L’insistenza sulla passione incontenibile che percorre la coppia Daphne – Simon attraversata da un filo ad alta tensione è leggermente ridicola per la mia austera sensibilità, ma de gustibus.

Il resto: le famiglie, gli ambienti, gli scambi di battute, risulta tutto molto gradevole; l’epigrafe di inizio capitolo riservata alle cronache di Lady Whistledown poi, è una trovata molto originale e l’alone di mistero da cui è circondata ne aumenta il fascino.

La simpatia travolgente dei personaggi secondari alla coppia è credibile e accattivante e rende l’impianto convincente e ben congegnato. Ora capisco perché ne sia scaturita una serie.

Ripeto, rispetto alla serie tv Netflix non ho ritrovato alcun eccesso o alcuna scelta scomoda e molti rilievi fatti in proposito a Bridgerton non è possibile muoverli a Il Duca e io.  

Tutto considerato, eccetto le scene intime su cui si indugia troppo non solo per mio gusto personale, ma anche per quanto riguarda la letteratura dell’epoca che era tutta allusioni e considerava scabroso un romanzo come il Monaco.

Il romanzo è dichiaratamente ambientato in epoca Regency ma non ci sono precisi riferimenti agli avvenimenti storici del periodo mentre nella serie tv invece si è preferito inserire l’ingombrante personaggio della Regina che compare sulla scena pubblica facendo le veci del consorte Giorgio III sull’orlo di una crisi di nervi. Ma si sa le produzioni televisive potrebbero avere altri messaggi da veicolare e le loro esigenze risultare impietose per sacrificare il piacere dell’attesa e delle allusioni tra le righe che solo la lettura sa regalare.

Ne Il Duca e io, il debutto, la stagione, l’etichetta, i balli, sono lì a inquadrare un preciso contesto storico senza sfoggio esagerato. Insieme alle ambientazioni, credo che la caratterizzazione dei personaggi sia assolutamente meritevole. Un po’ meno aderente mi è sembrato lo stile che in alcuni passaggi, forse nell’intento di non appesantirlo con inutili cerimoniosità, finiva per avvicinarsi molto a una prosa e registro moderni, in modo particolare nel caso dei dialoghi.

Se quindi statisticamente il libro è sempre migliore dell’adattamento televisivo, il caso de Il Duca e io non fa eccezione ma non per questo  impedisce di apprezzare meno Bridgerton.

La ragazza olandese di Louisa May Alcott

La ragazza olandese è il titolo che campeggia sulla copertina di questa edizione vintage, reperita nel mercatino dell’usato. Non si tratta di un romanzo né di un singolo racconto ma di una raccolta di tre storie e alla prima delle tre è ispirato il titolo scelto.

La raccolta contiene Racconto olandese o L’assedio di Trudel per meglio tradurre l’originale, Viole del pensiero e Il ramo d’edera.

Tutti e tre si inseriscono nel pieno della tradizione buonista di Louisa May Alcott dal vago sapore cosmopolita: Trudel è una bambina olandese, la signora Elena racconta un aneddoto durante un viaggio in Quebec, Jenny è esperta di una danza tipica ungherese.

Potrebbe essere un'illustrazione raffigurante il seguente testo "Racconto olandese o L'assedio di Trudel 1"

L’assedio di Trudel, la traduzione letterale del titolo originale, aiuta a capire meglio il significato allegorico del racconto: la piccola Trudel per aiutare la sua famiglia che patisce la fame, prende spunto dalla battaglia di Leida, combattuta tra spagnoli e olandesi, narrata dalla nonna, per mettere in atto le sue strategie difensive di sopravvivenza.

Louisa disegna un quadretto strappalacrime della famigliola indigente, con tanto di immancabile gattino, ma lungi dal trascendere nel vano pietismo la bimba si anima di uno spirito di iniziativa da grande e cerca in tutti i modi di darsi da fare per procurare da vivere per sé e per la sua famiglia.

Trudel aveva vinto la sua battaglia e come il piccolo eroe dell’assedio di Leida poteva ora godere del suo ben meritato trionfo.

Potrebbe essere un'illustrazione raffigurante il seguente testo "Il ramo d'edera Dz Cosi ora vivevano insieme in un umile cameretta..."

L’altro racconto, Il ramo d’edera, rappresenta una situazione di povertà in cui versano le due sorelle Delano: una appassionata di disegno, l’altra insegnante di danza. Rimaste orfane e cadute in disgrazia le due ragazze devono guadagnarsi da vivere e grazie alla loro forza d’animo e alle capacità soprattutto dell’intraprendente Jenny che novella Cenerentola sperimenterà i doni che la Provvidenza ha in serbo per lei e Laura.

Ora io penso che dobbiamo una riparazione a Jenny. Voi tutti sapete in quali tristi condizioni si trovi, ma non conoscete, non immaginate con quanto coraggio e quanta rassegnazione sopporti le sue pene pur d’aiutare sua sorella Laura e per guadagnarsi da vivere.

Sia Il ramo d’edera che il terzo brano, Viole del pensiero, appartengono alla raccolta Una ghirlanda per ragazze ma in quest’ultimo racconto il registro è leggermente diverso e con esso il contesto in cui è ambientato.

Le versioni contenute nell’edizione Carroccio sono evidentemente abbreviate e rimaneggiate rispetto all’originale fedelmente rispettato in Una ghirlanda per ragazze edito da Flower-ed.

Potrebbe essere un'illustrazione raffigurante 2 persone e il seguente testo "Viole del pensiero ..le ragazze si alzarono e si inchinarono rispettosamente. ragazza Laragazzaolandese olandese"

Il racconto Viole del pensiero è particolarmente interessante perché parla della lettura e del potere educativo, e curativo, dei libri.

Le tre ospiti della signora Elena stanno leggendo nella biblioteca della signora Elena e si scambiano opinioni in proposito. Quando la saggia signora le raggiunge, decide di narrare loro un episodio della sua vita nel quale i libri sono stati decisivi e determinanti.

Per questo devi leggere ora qualcosa di veramente buono e utile, che t’aiuti a distinguere il bene dal male. Tieni presente che un buon libro solleva lo spirito nei momenti tristi della vita, momenti che dal più al meno tutti attraversiamo.

Con il consueto buonumore che traspare dalle sue pagine Louisa racconta la storia di ragazze comuni destinate a diventare eroine della loro vita, si diverte a tratteggiarne i caratteri con difetti e virtù e l’ambiente sociale di provenienza facendone emergere le possibili influenze positive ed esprimendo sempre una cieca fiducia nel buon cuore delle persone.

Dietro la maschera di Louisa May Alcott

Louisa May Alcott ha appena fatto ritorno dal suo primo e travolgente viaggio in Europa, quello fatto in qualità di dama di compagnia di Anna Weld, e una volta rientrata a casa trova una situazione tutt’altro che idilliaca. Con pazienza e spirito di sacrificio, Louisa si rimette sotto a lavorare e a scrivere. In casa il clima non è dei migliori. Proprio per sanare le finanze domestiche si dedica al genere sensazionale, scrivendo nel 1866, sotto pseudonimo, Behind a Mask or a Woman’s Power (Dietro la maschera o il Potere di una donna) e l’anno dopo, anonimamente, The Abbot’s Ghost or Maurice Treherne’s Temptation (Il fantasma dell’Abate o La tentazione di Maurice Treherne).

La protagonista di Dietro la maschera è una giovane istitutrice, compita e timida, dal passato misterioso, che però da brava attrice consumata sta recitando quel ruolo alla perfezione.

Si legge tutto d’un fiato questo racconto scorrevole, ben congegnato e pieno di suspense. Volenti o nolenti assistiamo trepidanti alla tremenda breccia che la signorina Muir si apre attraverso i cuori anche più diffidenti della famiglia Coventry.

Già la signorina Muir… Jean Muir, non vi ricorda qualcuno?

A parte l’assonanza, questo nome non può fare a meno di ricordare la Jane Eyre di Charlotte Bronte, scrittrice che Louisa amava e in cui forse si trovava. L’accostamento è dettato non solo dal fatto che la signorina Muir è un’istitutrice esile e bionda che si presenta al cospetto dei suoi datori di lavoro vestita di nero, ma anche dal fatto che il suo nome scozzese, oltre a essere quello di un clan, significa “brughiera” e sfido chiunque a non ricollegare la brughiera con le volitive sorelle Bronte. Che Louisa avesse pensato a una sorta di riscatto per Jane Eyre e ne volesse scrivere il controcanto?

Del resto non le perdonava il fatto di aver accettato lo stesso Rochester, nonostante egli le avesse mentito per poterla sposare subito.

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona, libro e il seguente testo "LOUISA MAY ALC LA DONNA NELL' OMBRA D'AMORE ESUSPENSE DI SUSPENSE INEDITI ITHRILLER MAY ALCOTT LOUISA DIETRO LA MASCHERA avvera IL POTERE DI UNA DONN A cura di Rosangela Amato LOUISA MAY ALCOTT DI ACURA MADELEINE STERN C Caravaggio Editore ROMANZO RIZZOLI"

L’idea intrigante è stata quella di dotare l’istitutrice che appare una fragile creatura, orfana, bisognosa di protezione e in balia del padrone di casa, di una mente lucida e di una maschera perfetta per ingannare tutti e raggiungere i suoi scopi. La signorina Muir nonostante il suo aspetto dimesso, rivela una volontà di ferro nel mettere in atto il suo piano recitando una parte magistrale e facendo cadere nella sua rete anche i più scettici della famiglia Coventry.

La prima caratteristica di questo racconto sovversivo è infatti che la protagonista rompe tutti gli schemi dell’eroina tutta bontà che abbiamo visto tante volte percorrere le pagine di Louisa e che stupisce maggiormente per quello, come ha fatto la Lady Susan di Jane Austen per esempio. Sappiamo bene inoltre che la scrittrice americana sì è vero, scriveva di tutto, ma amava in particolare i racconti mistery e gotici nascondendosi dietro a uno pseudonimo per evitare problemi.

Campioncino Letterario: Dietro la maschera ovvero Il potere di una donna ~  Caravaggio Editore

All’epoca Louisa May Alcott si firmava A. M. Barnard e solo recentemente, grazie alle ricerche della studiosa Madeleine Sterne sulla corrispondenza con il suo editore si è risaliti a lei da questo pseudonimo.

Si pensa che per costruirlo Louisa si fosse ispirata per A.M.  le iniziali di sua madre e per Barnard il nome di un pedagogo del Connecticut amico di famiglia.

Di fatto, sotto questo nome vengono pubblicati La passione di Pauline Dietro la maschera, Un lungo fatale inseguimento d’amore, Il fantasma dell’abate. Le tinte fosche, le trame avvolte nel mistero, i personaggi inquietanti, mostrano un lato molto insolito della Alcott, diverso da quello cui siamo abituati. Richiamano alla mente i primi esperimenti letterari di Jo quando, pur di far pubblicare i suoi racconti a New York, scrive storie di paura che il pubblico in cerca di emozioni forti e gli editori inseguono.[1]

Questo racconto vuole anche dimostrare che non necessariamente dev’essere sempre l’uomo a dettare le regole del gioco a cui la donna non rimane che assistere passivamente: i ruoli potrebbero ribaltarsi e una signorina dotata di acume e vivida intelligenza potrebbe decidere di diventare artefice del proprio destino. Del resto sulla signorina Muir, a dispetto della sua scaltrezza, aleggia sempre ilo spettro di un destino ramingo e solitario, quello che la società dell’epoca riserva alle donne sole e senza protezione alcuna. A condannarla sono più i mezzi subdoli a cui ella ricorre piuttosto che gli intenti. E comunque il finale potrebbe aiutare a capire da quale parte sta l’autrice.

Dietro la maschera della Caravaggio Editore si fa apprezzare per la traduzione e la prefazione esplicativa di Rosangela Amato. L’edizione integrale e annotata, arricchita da un frontespizio perfetto, è curata in ogni particolare.

Sinossi

Dietro la maschera ovvero Il potere di una donna” (Behind a Mask, or a Woman’s power) svela una Alcott diversa da quella che siamo abituati a conoscere. È la Alcott degli esordi, che mette al centro della narrazione la donna, cosciente della propria autonomia, orgogliosa della propria femminilità e forte della propria determinazione, trascinando il lettore in un vortice di passioni, sotterfugi e colpi di scena. Protagonista della storia è Jean Muir, una donna apparentemente senza scrupoli che lotta con tutta sé stessa per raggiungere i propri obiettivi ricorrendo a qualsiasi tipo di stratagemma e che, consapevole della propria condizione, la utilizza a proprio vantaggio, indossando scientemente la maschera che rispecchia la personalità che la società si aspetta che abbia. Non si tratta solo di una storia avvincente narrata in modo eccezionale, ma di un racconto dal ritmo incalzante attraverso il quale, capitolo dopo capitolo, si scoprono elementi non solo della vita della protagonista, ma anche del passato della scrittrice.


[1] Romina Angelici, Non ho paura delle tempeste. Vita e opere di Louisa May Alcott, Flower-ed, Roma, 2018

Lady Almina e Downton Abbey

Amazon.it: Lady Almina and the Real Downton Abbey: The Lost Legacy of  Highclere Castle [Lingua inglese] - Countess of Carnarvon, Countess of  Carnarvon - Libri in altre lingue

Il ritratto tratteggiato da Lady Fiona Carnarvon è ottenuto attraverso una ricerca fatta in prima persona e con un confronto diretto, da contessa a contessa, da padrona del castello di Highclere all’altra.

Il fascino esercitato da Lady Almina ma anche dal suo stesso mondo è perfettamente espresso nelle intenzioni di questa biografia ricostruita attraverso documenti e lettere di famiglia.

Sulla scia dello sceneggiato televisivo di Downton Abbey e le sue suggestioni, scopriamo analogie e differenze con il personaggio di lady Cora messo in scena dalla finzione.  È stato molto interessante ripercorrere le gesta e le vicende che la contessa di Carnarvon ha attraversato in una trama che nella realtà stessa presenta più di un aspetto romanzesco.

Le origini americane attribuite a lady Cora sono servite a esprimere sia le dubbie origini di lady Almina sia la sostanza della sua fortuna in dote e in conoscenze.

La descrizione degli ambienti, l’organizzazione della residenza storica, la gestione del personale di servizio, i loro ruoli, orari, compiti, pullulante di particolari e dettagli, rimane la parte più curiosa e affascinante, a dimostrazione del fatto che è quest’ultimo la vera anima di Highclere, il motore di quella grande macchina.

Mentre quindi lo sceneggiato ha attinto molto all’organizzazione dei piani bassi, diverse sono le licenze rispetto alla composizione del nucleo familiare: non solo non c’è nessuna lady Mary figlia primogenita, ma colpisce la forte discrepanza con il 5^ Conte di Carnarvon che da placido e sornione padrone di casa qual è stato rappresentato, è stato in realtà artefice (insieme a Howard Carter) di una delle più grandi scoperte dell’archeologia: la tomba di Tutankhamon, al cui finanziamento ha contribuito fattivamente.

Almina, contessa di Carnarvon - Wikipedia

La brillante vita di società dei conti di Highclere ha subito una brusca interruzione a causa dei drammatici eventi della Grande Guerra. In questa tragica circostanza però, Lady Cora ha saputo dare prova di capacità organizzative e anche competenze infermieristiche attivandosi per praticare le cure necessarie ai feriti, prima non esitando a trasformare la sua stessa residenza in ospedale, e poi creandone uno nuovo, con utilizzo anche di tecnologie e tecniche mediche avanzate, a Londra.

Anche quando i riflettori si sono spenti su Lady Almina e su suo marito, Highclere è rimasta la residenza del suo erede, il nuovo Lord Carnarvon mantenendo la sua centralità e simboleggiando la solidità delle tradizioni di famiglia a dispetto dei tempi che cambiano e della forza distruttiva degli eventi.

Almina, vestita completamente di nero, era in piedi accanto al luogo della sepoltura, e salutò gli altri al loro arrivo. Si fermarono a osservare il panorama spettacolare. Tutta la tenuta diHighclere, che il conte aveva tanto amato, era dinanzi a loro, dalla scuderia alla fattoria, dai laghi ai viali ai boschi. Al centro del paesaggio si trovava il castello vittoriano, e il parco circostante era costellato di stravaganti edifici costruiti dai suoi antenati. Il contrasto con la polvere e i deserti egiziani era notevole. Il quinto conte aveva scelto di essere sepolto in un luogo maestoso e isolato, impressionante ma molto diverso dalle dune sterili e dalle montagne appuntite che costituivano l’universo del faraone egizio Tutankhamon.

Almina, contessa di Carnarvon - Wikipedia

In questa ottica la presente biografia finisce per diventare un omaggio alla stessa Highclere e a Lady Almina che con la sua eredità ha contribuito a conservarla e a migliorarla, come è possibile desumere dalle seguenti parole dell’autrice, la stessa Lady Fiona, l’attuale 8^ contessa di Carnarvon che ne detiene il testimone.

L’aspetto incredibile di una dimora come Highclere è che, anche quando tutto le cambia intorno, essa rimane immutata e inconfondibile. È confortante essere circondati da oggetti che durano nel tempo. Eve a volte poteva sentirsi sola, ma non si sentiva mai del tutto perduta quando era a casa sua, nella dimora dove aveva vissuto tutta la vita e che era un monumento alla perennità della sua famiglia.

Sinossi:

L’affascinante e coraggiosa Almina, che era figlia illegittima di Alfred de Rothschild, sposò, nel 1895 lo spiantato conte di Carnarvon, riscattando così la sua nascita col titolo di contessa e portando una ricchissima dote che consentì di salvare dai debiti il castello di Highclere (oggi familiare a milioni di persone con il nome del suo alter ego televisivo: Downton Abbey). Grazie alla ricchezza del padre, Almina poté assecondare le numerose passioni del marito, che amava viaggiare e sperimentare tutte le novità del progresso; ne finanziò persino le spedizioni in Egitto, che culminarono nella scoperta di numerosi tesori, fra cui la famosa Tomba di Tutankhamon. Durante la Prima guerra mondiale, poi, trasformò generosamente Highclere Castle in un ospedale e divenne lei stessa un’infermiera provetta. Romanzo storico, quadro di costume, dramma famigliare, ma, anche commedia dei caratteri, questo libro segue la linea tracciata dal serial, concentrandosi sulla storia di Lady Almina, vero emblema di una generazione che, attraverso la Grande Guerra, tra i giochi di società con l’alta nobiltà inglese e gli affairs con la semplice servitù, ha segnato il passaggio della vecchia Inghilterra dall’età vittoriana a quella di Elisabetta II.

Work, una storia di esperienze di Louisa May Alcott

Con il saggio introduttivo di Marco Catucci: La storia di Christie Devon. Robin Edizioni.

Questo romanzo mi ha sorpreso in modo inaspettato destando in me un enorme disappunto per gli anni in cui è stato dimenticato in un angolo.

Disapprovo l’opinione comune che relega Louisa a mera autrice di Piccole donne, opinione che questo romanzo smentisce appieno, ma detesto pensare che ci sia stato un preordinato disegno volto a valorizzare solo i romanzi per ragazzi e di chiari intenti pedagogici a discapito delle altre sue opere. Per fortuna di recente molti suoi scritti, sia inediti, sia fuori catalogo, sono stati riscoperti, tradotti e pubblicati da parte di illuminate e giovani case editrici.  

Work appartiene a questa schiera.  Work è stato definito, nel saggio introduttivo di Marco Catucci, un romanzo di formazione femminile perché propone il percorso di esperienze e avventure attraverso cui si è dovuta barcamenare Christie Devon per farsi strada nel mondo e raggiungere una sua emancipazione.  

Come suo solito, Louisa vi lavorò indefessamente e per riscriverlo in tre copie da consegnare all’editore americano, a quello inglese e della rivista “The Christian Union”, riportò la paralisi del pollice destro: le copie in carbone le imponevano di fare pressione con tanta forza sulla penna costituita da una punta d’acciaio, e questo sforzo eccessivo le compromise in modo permanente l’uso del pollice destro; per compensare imparò a scrivere con la mano sinistra.

Work, A Story of experience è un’opera legata all’esperienza biografica di Louisa, quella iniziata nel 1855 a Boston in cui davvero fece di tutto, governante, cameriera, cucitrice, attrice e infermiera. Nel romanzo si nascondono poi altre figure che Louisa ha incontrato realmente sul suo cammino, primo fra tutti dietro al pastore Powers si può riconoscere Theodore Parker, ma anche Hepsey Johnson è ispirata alla figura di Harriet Tubman, un’attivista del movimento abolizionista della schiavitù tra le cui fila erano impiegati anche Bronson e Abba. Diversamente, Mrs Wilkins sembra una macchietta presa in prestito da Dickens mentre l’uomo con le spalle larghe, la barba e gli abiti smessi sembrerebbe adombrare Thoreau.

Work: A Story of Experience - Wikipedia

Conosciamo Christie (questo nome ricorre nei registri della compagnia teatrale di Boston proprio negli anni 1855-56) come una ragazza irrequieta che, come tante altre sue coetanee moderne potremmo dire, smania per trovare la sua strada, raggiungere la sua indipendenza e mantenersi da sola. Comincia facendo la cameriera, si lascia poi tentare dalla scena ed è artista drammatica, ma, non avendo le qualità̀ necessarie, rinuncia per diventare istitutrice in una ricca casa borghese; da lì passa a fare l’infermiera presso una giovane donna malata di mente ma risultandole pesante una convivenza del genere, trova lavoro come cucitrice.

Christie apparteneva a quella ampia categoria di donne moderatamente dotate e con il cuore ardente e sincero che, per necessità, temperamento o questioni di principio, sono spinte ad avventurarsi da sole nel mondo per cercare supporto, felicità e una casa tutta loro. Molte tornavano indietro scoraggiate; un numero ancora maggiore accettava l’ombra per la sostanza, e soltanto troppo tardi scopriva di aver sbagliato; le più deboli dimenticavano i loro propositi e, con essi, se stesse; ma le più forti continuavano a lottare e, dopo aver sperimentato il pericolo e la sconfitta, raggiungevano, alla fine, il successo migliore che questo mondo possa offrire: uno spirito indomito e allegro, profondamente autoconsapevole, ricco di autocontrollo e in grado di agire per se stesso. 

Non vengono taciuti errori, passi falsi e anche momenti bui e di scoramento che portano Christie sull’orlo del suicidio, così come era stato per Louisa.

Impossibile non riconoscerla in questa descrizione:

Adesso Christie aveva la sensazione di ricevere la cultura più elevata, di far propria la lucentezza data dalla compagnia, quel fulgore che diventa davvero ammirevole quando la personalità aggiunge calore e forza al suo fascino. Questo nutrimento dell’anima calmava la vecchia irrequietezza, addolciva i modi della fanciulla e talvolta, le dipingeva in volto un’espressione più bella della bellezza stessa.

Interessante è come di ogni esperienza lavorativa e contesto sociale in cui è inserita, Louisa riesce a dare una descrizione precisa e aderente arricchendola di contributi umani e di storie che come filoni collaterali si uniscono a quella principale di Christie il cui dispiegarsi seguiamo con sempre maggiore coinvolgimento.

Il continuo cambio di situazioni è registrato anche con uno stile fedele e se ogni storia potrebbe vivere di vita propria, come era nelle regole della pubblicazione a puntate, nel complesso dell’eterogeneità delle prove attraverso cui la stessa Louisa si è dovuta cimentare, il risultato è doppiamente sorprendente perché dà la misura del genere di pesante gavetta che ha dovuto affrontare.

Books I Have Known and Loved: Louisa May Alcott's Work: A Story of  Experience

Work quindi, non è solo un libro di gusto romantico e di affresco sociale per giudicare la situazione dell’emancipazione femminile negli Stati Uniti d’America in quel periodo, ma un’opera ricca di informazioni autobiografiche che Louisa ha deciso di farvi confluire.

 Il testo è costellato di massime e citazioni dotte: le prime hanno un sapore un po’ amaro, frutto di una saggezza conquistata a duro prezzo con fatica e sacrifici; le seconde sono immancabili perché da divoratrice di libri, Louisa non mancava di richiamare autori o brani preferiti.

Lungi dal diventare un elenco dei mestieri femminili, la storia di Christie Devon culmina nell’esperienza più drammatica di tutte, tragedia che decreterà la sua maturazione affettiva e personale.  Non ci sono dubbi sul fatto che all’epoca in cui lo scrisse, nel 1872 e cioè quando aveva esattamente 40 anni come Christie nell’ultimo capitolo del libro, Louisa poteva vantare una maturità e un’esperienza di tutto rispetto, ma gli strumenti che attribuisce alla sua eroina per raggiungere questo stesso traguardo sono la fede e l’impegno umanitario. Christie non ha la scrittura a confortarla ma la religione e l’amore e in esse riesce a trovare motivazioni e consolazione alle diverse prove che la vita le riserva.

Louisa si rivela profonda conoscitrice dell’animo umano: a essere scandagliata da lei è una pluralità di sentimenti non necessariamente prerogativa femminile: l’amore, l’onore, la pietà, la fede, il coraggio incarnati dai diversi personaggi.

Sul finale però, accanto al suo impegno per l’emancipazione femminile, a essere sottolineata è quella sorta di sorellanza che unisce in un legame ideale e solidale tutte le donne in una causa comune:

Con un gesto impulsivo Christie allungò le mani verso le amiche che la circondavano e di comune accorto esse adagiarono le proprie sulle sue, una lega di sorelle piene d’amore, vecchie e giovani, nere e bianche, ricche e povere, ciascuna delle quali era pronta a fare la propria parte per velocizzare l’arrivo del lieto fine.

Ringrazio la Casa Editrice Robin che mi ha dato la possibilità di leggere questo interessantissimo romanzo per il quale è stato fatto un grande lavoro di traduzione e a questo punto attendo di conoscere la continuazione di Work che ci fu nel 1875, Beginning Again, Being a Continuation of Work.

Sinossi:

Louisa May Alcott (1832-1888), universalmente conosciuta come autrice di Piccole donne (1868), pubblicò nel 1873 un romanzo in parte autobiografico, Work: A Story of Experience, ancora inedito in Italia. È la storia di Christie Devon, una giovane donna che lotta per affermare la sua indipendenza attraverso il lavoro. Nel suo romanzo più apertamente femminista, la Alcott ha affrontato, in maniera brillante e anticonformista, le tematiche della famiglia, dell’educazione, del lavoro e delle riforme morali e sociali che emergevano in modo nuovo nella società americana della seconda metà dell’Ottocento, prima e dopo la guerra di secessione. Con saggio introduttivo “Lastoria” di Christie Devon di Marco Catucci.

La vita straordinaria di David Copperfield

Ho trovato questa versione assolutamente strabiliante, che contrariamente ad altri adattamenti cinematografici di opere dickensiane, non indugia affatto sulle disgrazie e le situazioni drammatiche vissute dall’infanzia nell’800, nei sobborghi di Londra.

Verso la quale c’era un preciso e attivo impegno sociale e politico da parte dello stesso Dickens ma qui non entrano a distogliere l’attenzione dalla storia vera di David Copperfield e della sua vita straordinaria!

No, in questa versione c’è la positività ottimista dello slancio verso il futuro, c’è la brillantezza di colori e di humour che fanno affrontate la vita con determinazione e piglio.

L’importante non è accusare i colpi che la sorte ha in serbo per ciascuno di noi, ma prendere coraggio e reagire! E non è forse quello che Dickens ha fatto e intendeva trasmettere come messaggio?

La vita straordinaria di David Copperfield, la recensione del film in sala

Ad ogni modo, Armando Iannucci, da grande appassionato di Dickens, ci propone una versione visionaria, smagliante e ironica, che rispecchia profondamente le caratteristiche autobiografiche dell’autore e avvince in una visione libera da patemi. David Copperfield ricalca parte delle esperienze infantili dello stesso Dickens e il film sembra esprimere bene quel confine indefinito e indefinibile tra vita vera e opera letteraria, tra realtà e visione senza dimenticare un’estrema cura per i particolari e una fedele ricostruzione storica.  

Se il protagonista Dev Patel -che ha accettato a occhi chiusi la parte- incarna perfettamente la dualità di narratore e attore della sua stessa vita, gli altri personaggi sono irresistibili nella loro espressione caricaturale, caratterizzati da una mimica e un lessico del tutto personalizzato, interpretano al meglio le intenzioni autorali, in un cast di tutto rispetto: Tilda Swinton, Hugh Laurie, Aneurin Barnard, Darren Boyd.

Questo racconto è molto più di una fantasia, è la vera storia della vita che stavo per iniziare. Mi tornano alla mente personaggi dall’animo audace e il loro ricordo si intreccia al viaggio della mia vita.

Poster di La vita straordinaria di David Copperfield @ ScreenWEEK

Se Darren Boyd, attore che interpreta il patrigno di David ha dichiarato di non aver letto mai il romanzo David Copperfield, Hugh Laurie in un’intervista rilasciata a comingsoon, ha ribadito la sua ammirazione per lo scrittore inglese:

“Secondo me Charles Dickens non è stato solo un romanziere, ma anche un giornalista e un esploratore. Ha compiuto esplorazioni sociali e anche geografiche. Nessuno scrittore lo aveva mai fatto prima. Jane Austen, per esempio, se raccontava di sei personaggi seduti in un salotto a giocare a carte, non descriveva la persona che preparava il cibo né faceva il nome dello stalliere che spazzolava i cavalli. Dickens, al contrario, riusciva veramente ad ampliare gli orizzonti, un po’ come Armando Iannucci, che secondo me è il Dickens moderno… Armando è in grado di entrare, di tuffarsi all’interno delle storie e dei personaggi come nessun altro”.

Fonti:

https://www.cinematografo.it/recensioni/la-vita-straordinaria-di-david-copperfield/

https://www.comingsoon.it/film/la-vita-straordinaria-di-david-copperfield/58145/scheda/

https://www.comingsoon.it/cinema/news/la-vita-straordinaria-di-david-copperfield-abbiamo-incontrato-hugh-laurie/n112493/

Intrighi d’amore a Villa Roseburn

Amazon.it: Intrighi d'amore a villa Roseburn - Angelici, Romina - Libri

Finalmente il mio primo racconto ha una nuova versione cartacea e una nuova veste Regency che ho tanto desiderato!

Nell’augusta dimora di Lady Olivia Roseburn, a Londra, l’arrivo di Miss Trouble, il cui nome è tutto un programma, rompe la monotonia di un’esistenza scandita da regole e piani precisi.

Ecco come mi immagino Villa Roseburn

Roseburn House, Edinburgh

Estratto:

Intanto la carrozza che trasportava Miss Trouble varcava il cancello di Villa Roseburn e Lady Olivia, avvertendo il trambusto dei servitori all’entrata, non poté fare altro che aspettare comodamente seduta sul suo sofà preferito. Ora, dare ospitalità al figlio di sua sorella Margaret, che divideva con lei i dispiaceri di una prematura vedovanza, era già un atto di straordinaria liberalità -a fondo perduto tra l’altro- ma dover aprire le porte di casa sua a questa perfetta sconosciuta, che come credenziali aveva soltanto una lettera di presentazione firmata da Miss Smith, era qualcosa di veramente difficile da sopportare, anche per i suoi saldissimi nervi.

M5053MA_214X03X00035_L_3 | Fashion plates, Dresss, Art music

Sinossi:

Quando poi giunge un mazzo di tulipani screziati, di cui non si conosce il mandante né tanto meno la presunta destinataria, lo scompiglio si propaga tra i diversi corteggiamenti in atto. Miss Charlotte Roseburn comincia a domandarsi se non sia un omaggio di Lord Charming, vecchio amico di famiglia, a sua madre o se suo cugino Henry Stanhope non voglia invece indirizzarlo alla bella Susan Trouble, o se sia infine il timido tentativo di seduzione di Mr Patient, amico di Henry.

L’allegra comitiva si sposterà poi a Bath per la stagione estiva dove, anche grazie all’arrivo di Mrs Stanhope, la rete di equivoci si infittisce sempre di più.

Queen Square dove risiede Lady Olivia:

Solo l’intervento di un formidabile cerimoniere riuscirà a sistemare ogni tessera al posto giusto.

Un romanzo che intrattiene con leggerezza, ma in cui nulla è lasciato al caso, come nella migliore tradizione inglese. Si rivivono le atmosfere dei romanzi di Jane Austen e le situazioni descritte da Georgette Heyer, nella sua scintillante produzione ispirata all’Età Regency. Un omaggio a due grandi scrittrici e alle loro appassionate lettrici.

L’importanza di una biblioteca

Regina Who? and Other Obscure Women Writers........ - Queen Mob's Tea House

Penso a quanto fosse fondamentale per una giovane donna avere a disposizione dei libri e quindi che il padre fosse di mentalità un po’ più aperta o almeno amasse la lettura. E’ infatti proprio il fatto di poter attingere a biblioteche rifornite che dobbiamo ringraziare per avere scrittrici come Jane Austen, le sorelle Bronte, che non hanno avuto l’opportunità di un’educazione scolastica come i colleghi maschi ma hanno raggiunto vette letterarie inarrivabili. Il rev. Austen aveva una biblioteca di ben 500 volumi (che al momento del trasloco purtroppo dovette essere ricollocata) e il burbero rev. Bronte almeno non disdegnava la lettura tra le altre cose che invece aveva da criticare.

Se Jane Austen era una lettrice esigente:

Per quanto mi riguarda, se un libro è scritto bene, lo trovo sempre troppo breve.

Maria Edgeworth trovava consolazione nella lettura e Fanny Burney aveva la disponibilità di poter leggere di tutto. Mary Godwin crebbe con un padre che la introdusse al libero pensiero e ai libri, finanche testi di latino e greco e George Eliot studiò da autodidatta quelle materie dato che in campagna nessuno aveva intenzione di insegnargliele e lei preferiva studiare da sola nella biblioteca della tenuta amministrata dal padre.

È un buon libro quello che si apre con aspettativa e si chiude con profitto.» Diceva Amos Bronson Alcott e la figlia interiorizzò bene quel valore.

Louisa May Alcott divorava ogni libro che le capitasse tra le mani e andava a prestarsene dalla libreria di Emerson introducendosi della finestra in casa del vicino di nascosto, ed Emily Dickinson riuscì a trovare il modo di coltivare il suo genio anche con un padre puritano che però sosteneva e credeva nell’istruzione femminile.

Sua la famosa citazione sul libro come un vascello:

Nessun vascello c’è che come un libro possa portarci in contrade lontane

Tante storie, situazioni diverse, anche condizioni economiche diverse, non necessariamente agiate, anzi, che però non hanno impedito al genio letterario di trovare sbocco. Il loro unico dato in comune sembra essere stato in definitiva l’amore per la lettura.

Nelle loro biografie è rintracciabile questa costante: un contatto continuo con i libri, compagni inseparabili.

Elizabeth Barrett Browning concepiva la sua vita solo in funzione di essi:

Leggere è parte della mia vita e soffro orribilmente quando non leggo – l’anima divora se stessa.

Viaggi letterari

Per la mia ricerca sui viaggi letterari degli scrittori stranieri in Italia sono andata a cercare ora loro resoconto specifici, ora i romanzi in cui hanno trasposto le loro impressioni ed emozioni all’impatto con la grande bellezza custodita in ogni angolo del nostro Paese.

Impressioni italiane - Wikipedia

Dickens ha redatto un vero e proprio rendiconto delle sue impressioni avertendo in lettore che non era qui per soffermarsi sulle opere d’arte ma per cercare ispirazione per i suoi romanzi.

Impressioni italiane - Dickens, Charles, Messina, C. M. - Li - Amazon.it

Qualche decennio più tardi, Louisa May Alcott, nel suo Borse da viaggio, racconto della sua seconda volta in Europa in compagnia di sua sorella May e dell’amica Alice Bartlett, farà sotto le mentite spoglie di Lavinia, la stessa premessa:

la sottoscritta si è astenuta dal fornire le dimensioni di ogni chiesa, la popolazione di ogni città e la descrizione di luoghi famosi, limitandosi a problemi e contrattempi personali, avventure ed esperienze dei suoi vagabondaggi.

Amazon.it: Borse da viaggio. Shawl straps-Piccole donne in viaggio. Le  sorelle Louisa e May Alcott attraverso l'Europa di fine Ottocento - Alcott,  Louisa May, Cavalieri, Raffaella - Libri

George Eliot fisserà per iscritto il ricordo d’Italia rilasciando giudizi un po’ approssimati sulle opere conservate nei musei e meglio disposta a lasciarsi emozionare dagli spettacoli a cielo aperto.

Il viaggio in Italia, il secondo, compiuto da George Eliot e George Henry Lewes, è di quelli che dividono la vita in due “tali sono le idee che suggeriscono e le nuove vene d’interesse che aprono”, per dirlo con le stesse parole della scrittrice che riporta con sé un enorme bagaglio di conoscenze e ricerche storiche per il suo romanzo Romola ambientato nella Firenze del Savonarola.

LaVitaFelice.it

Un’estimatrice incondizionata è stata Edith Wharton, la quale amava molto l’Italia e la visitò diverse volte, in lungo e in largo, conoscendola e apprezzandola molto profondamente e soprattutto meglio di qualsiasi altro turista occasionale.

In Scenari Italiani ci offre delle splendide fotografie scattate con la sapienza e la maestria della sua arte descrittiva che è capace di trasmettere bellezza e ristoro per l’anima. Quello che caratterizza la scrittura di Edith Wharton, nelle piazze aperte delle città d’arte o tra le viuzze del borgo più dimenticato o sulle vette di una landa sperduta, è il compiacimento continuo di cui l’Italia la appaga.

Quello che vale per lo studio dei dipinti italiani vale anche per l’Italia. Il paese è diviso non in partes tres ma in due: un primo piano e uno sfondo. Il primo piano è materia delle guide turistiche e del loro prodotto, il turista meccanico; lo sfondo invece appartiene al perdigiorno, al sognatore e a chi studia davvero l’Italia. La distinzione non implica alcun disprezzo per il primo piano. Lo si deve conoscere a fondo prima di poter apprezzare ciò che appare dietro ad esso: non c’è nessuna scorciatoia per giungere alla parte più nascosta dell’Italia.

https://ipiaceridellalettura.wordpress.com/2020/11/04/scenari-italiani-di-edith-wharton/

Ho notato una singolare ricorrenza della campagna romana tra le location esercitanti un certo fascino, sicuramente pittoresco, sugli scrittori americani e potrei citare Louisa May Alcott, Henry James, Jean Webster che poi lo hanno riversato nelle loro opere.

Louisa May Alcott ai Colli Albani. Fatti, enigmi e curiosità di un breve  soggiorno nella primavera del 1871: Amazon.it: Paolucci, Stefano: Libri

Se Louisa May Alcott si è trovata particolarmente bene a proprio agio sui Colli Albani, Henry James compiva frequenti passeggiate in quella direzione per sottrarsi volutamente al caos della Città Eterna

Dimorare in una città che, per quanto ve ne possiate lagnare, è senza dubbio una città moderna, con folle e negozi e teatri e caffè e feste da ballo e pranzi con invitati e tutta la moderna commistione di piaceri e dolori; avere fuori dalla porta di casa il buono e il cattivo di tutto ciò, eppure essere in grado nel giro di mezz’ora di galoppare via e lasciarla indietro di cento chilometri, di cento anni, e guardare ciuffi di ginestra che risplendono sulla cima di una torre solitaria nell’azzurra aria silenziosa, e gli asfodeli color rosa pallido che nondimeno fremono nella quiete, e i pastori con  le gambe fasciate che si appoggiano al loro bastone in una immota fratellanza con i cumuli di rovine, e le capre che si  arrampicano e i loro piccoli barcollanti che evocano selvaggi odori da deserto dalla cima di montagnole incavate; e poi tornare indietro attraverso un delle grandi porte e, un paio d’ore dopo, ritrovarsi nel “mondo”, vestito, presentato, intrattenuto, a fare domande, a parlare di Middlemarch, a una giovane signora inglese o ascoltando canzoni napoletane da un signore con una camicia di pessimo taglio; tutto ciò significa condurre in un certo senso una doppia vita e ricavare dalle ore frenetiche più impressioni di quante una mente di modesta capacità sappia gestire.

Per Henry James l’Italia sarà quella che ricorderà con maggiore nostalgia fino alla fine dei suoi giorni e che rimarrà sempre legata all’idea di bellezza e giovinezza. La visitò più volte, ben 14, dal 1869 al 1907, arrivando a conoscere bene alcune delle nostre città principali e il nostro patrimonio artistico. Firenze, Roma e Venezia furono elette subito a sue preferite.

Amazon.it: Una vacanza romana e altri scritti - James, Henry ...

Una visione molto realistica e attenta al difficile periodo storico attraversato dall’acerba Italia lo troviamo da parte Jean Webster quando ambienta la sua Principessa del Grano a Palestrina tra le romantiche colline della Sabina. Una storia d’amore molto particolare, tra un uomo e una donna che non potrebbero essere più distanti ma si scoprono ineffabilmente attratti, si consuma sullo sfondo di una grave crisi economica e politica che sta percorrendo l’Italia e agitando in modo particolare Roma e che rischia di travolgere anche le vite degli stessi americani più o meno consapevoli e coinvolti.

https://ipiaceridellalettura.wordpress.com/?s=principessa+del+grano

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Si deve registrare che questi scrittori notano spesso lo stridente contrasto tra la magnificenza del patrimonio artistico detenuto dell’Italia, stratificato attraverso secoli di storia, e la grettezza del suo popolo, rappresentato spesso come inetto, indolente, passionale, assolutamente inconsapevole della fortuna che lo circonda e inadatto a gestirla e a valorizzarla.

Voglio pensare che questo sia solo uno stupido pregiudizio straniero nei nostri confronti da archiviare peraltro, e spero che da parte nostra si possa sempre rispondere con una prontissima e puntuale smentita.

Dacci i nostri undici giorni!

Le rivolte del calendario inglese del 1752.

Gli undici giorni qui menzionati sono gli 11 giorni “persi” del settembre 1752, saltati quando la Gran Bretagna è passata dal calendario giuliano al calendario gregoriano, mettendosi in linea con la maggior parte dell’Europa.

I primi ad adottare il nuovo calendario nel 1582 furono Francia, Italia, Polonia, Portogallo e Spagna, ultima la Turchia 1 ° gennaio 1927. Il calendario gregoriano è il calendario internazionale di oggi, che prende il nome da colui che per primo lo introdusse nel febbraio 1582, papa Gregorio XIII.Prima del 1752, la Gran Bretagna e il suo impero seguivano il calendario giuliano, implementato per la prima volta da Giulio Cesare nel 46 a.C. L’inizio ufficiale dell’anno nel calendario giuliano era il Lady Day (25 marzo), e questo era anche l’inizio ufficiale dell’anno fiscale.

Tuttavia questo calendario aveva un errore intrinseco di 1 giorno ogni 128 anni, a causa di un errore di calcolo dell’anno solare di 11 minuti. Ciò ha influito sulla data di Pasqua, tradizionalmente osservata il 21 marzo, poiché ogni anno che passa ha iniziato ad allontanarsi dall’equinozio di primavera.Per superare questo problema, è stato introdotto il calendario gregoriano. Questo è un calendario solare, basato su un anno di 365 giorni diviso in 12 mesi. Ogni mese è composto da 30 o 31 giorni con un mese, febbraio, composto da 28 giorni. Un anno bisestile ogni 4 anni aggiunge un giorno in più a febbraio facendolo durare 29 giorni.

Rimaneva il problema di allineare il calendario in uso in Inghilterra con quello in uso in Europa. È stato necessario correggerlo di 11 giorni: i “giorni persi”. Si decise che mercoledì 2 settembre 1752 sarebbe seguito giovedì 14 settembre 1752.

Le accuse di disordini civili e di rivoltosi che chiedevano “Dacci i nostri undici giorni” potrebbero essere sorte a causa di un’errata interpretazione di un dipinto contemporaneo di William Hogarth. Il suo dipinto del 1755 intitolato: “An Election Entertainment” si riferisce alle elezioni del 1754 (durante la quale il cambio di calendario fu uno dei temi più dibattuti e accesi) e raffigura una cena in una taverna organizzata da candidati Whig. Uno striscione della campagna Tory rubato con lo slogan “Dacci i nostri undici giorni” può essere visto in basso a destra (sullo striscione nero sul pavimento sotto il piede del gentiluomo seduto).È anche vero che quando il governo britannico ha deciso di modificare il calendario e saltare questi 11 giorni, molte persone credevano erroneamente che le loro vite sarebbero state accorciate di 11 giorni. Le persone erano anche infelici e sospettose per lo spostamento dei giorni dei santi e delle feste, inclusa la data della Pasqua. Molte persone hanno anche obiettato all’imposizione di quello che vedevano come un calendario “papista”.

Non tutti erano scontenti del nuovo calendario. Secondo WM Jamieson nel suo libro “Murders Myths and Monuments of North Staffordshire”, c’è una storia su un certo William Willett di Endon. Sempre appassionato di scherzi, a quanto pare ha scommesso che avrebbe potuto ballare senza sosta per 12 giorni e 12 notti. La sera del 2 settembre 1752 iniziò a girare per il villaggio e continuò per tutta la notte. La mattina successiva, il 14 settembre secondo il nuovo calendario, smise di ballare e rivendicò le sue scommesse!

Elezione di Hogarth WKPD

https://www.historic-uk.com/HistoryUK/HistoryofBritain/Give-us-our-eleven-days/