Dickens e Roma non hanno quindi un incontro esaltante. Lo scrittore è alla febbrile ricerca del simbolo grandioso dell’epoca romana ma deve fare i conti con la prosaica realtà di una città affaccendata e con la disillusione della realtà che cozza con l’immaginario.
Forse era stata la pioggia di quella sera a rovinare l’arrivo; il giorno seguente il bel tempo restituisce San Pietro, la Piazza, le sue elegantissime colonne, le sue zampillanti fontane, alla dovuta ammirazione.
Dickens è rapito dallo spettacolo offerto dai Fori Romani e soprattutto dal Colosseo:
è come vedere il fantasma dell’antica Roma: perfida, meravigliosa antica città, aggirarsi per gli stessi luoghi che il suo popolo calpestò. È lo spettacolo più impressionante, più maestoso, più solenne e grandioso e imponente che si possa concepire.
Non rimane invece impressionato né emozionato dalla Messa del Papa quanto piuttosto dalla cruenta decapitazione di un malvivente cui assiste e durante la quale la sua attenzione è richiamata dalla popolazione intervenuta al crudele spettacolo, molto diversi dai loro nobili avi.
Lo spettacolo umano è quello che più lo attrae e attira, così trova più meritevole descrivere il campionario di modelli di italiano radunati sulla scalinata di Piazza di Spagna:
C’è un vecchio con i capelli bianchi… è il vegliardo, o modello del patriarca… C’è un altro uomo con un mantello blu che finge sempre di essere addormentato al sole… Questo è il modello del dolce far niente… Ce n’è un altro, con un mantello marrone che se ne sta appoggiato al muro… Questo è il modello dell’assassino. Ce n’è un altro che guarda costantemente al di sopra della propria spalla e sta sempre andandosene, ma non si muove mai. Quello è il modello dell’uomo orgoglioso e sprezzante. Per quanto riguarda la Felicità Domestica e la Sacra Famiglia …ce ne sono a mucchi.
Dopo una gita poco entusiasmante nei dintorni di Roma, verso il grazioso lago di Albano, la squallida Tivoli con la sua Villa d’Este abbandonata e cadente, Frascati e le rovine di Tuscolo dove Cicerone visse e scrisse, doverosa è la visita al cimitero inglese, contrassegnato dalla piramide Cestia, dove riposano le ceneri di Shelley e le ossa di Keats “il cui nome è scritto in acqua” ma che brilla luminoso nel paesaggio di una quiete notte italiana.
Da Roma i Dickens passarono per Capua e Napoli, fino a Ercolano e Pompei dove, tra le rovine del Tempo, oggetti e momenti casuali del passato remoto sono fissati per sempre nella pietra. Grande fascino su di lui esercita il Vesuvio sulla cui sommità organizzano una escursione pericolosa.
Anche se non gradisce lo spirito napoletano (“Tutto è fatto in pantomima a Napoli”), deve ricredersi sulle meraviglie che si affacciano sul golfo:
La più bella regione del mondo si estendono intorno a noi. Sia che giriamo verso Miseno, spiaggia dello splendido anfiteatro d’acqua, e passiamo per la Grotta di Posillipo e la Grotta del Cane e aventi fino a Baia: sia che andiamo dall’altra parte, verso il Vesuvio e Sorrento, è un susseguirsi di delizie.
Nel viaggio verso il Nord, risalgono per l’abbazia di Monte Cassino e le cascate di Terni “dove l’intero Velino si butta a capofitto da un’altura rocciosa tra spruzzi splendenti e arcobaleni”, Perugia ben fortificata e Arezzo con la sua bella cattedrale, prima di scorgere finalmente Firenze:
Guardate dove giace laggiù davanti a noi, nella valle illuminata dal sole, con l’Arno che serpeggia lucente, e chiusa all’intorno da colline rigogliose; le sue cupole, le sue torri e i palazzi che sorgono da una terra fiorente, in un insieme scintillante e che brilla al sole come oro!
Lasciarono Genova la seconda settimana di giugno, dopo circa un anno di complessiva permanenza, e tornarono in Inghilterra valicando il passo del San Gottardo.
Il suo saluto all’Italia è comunque comprensivo e cordiale:
Separiamoci dall’Italia, con tutte le sue miserie e i suoi errori, affettuosamente: nella nostra ammirazione delle bellezze naturali e artificiali di cui è piena fino a traboccarne e nella nostra tenerezza verso un popolo per la sua indole ben disposto, e paziente e mite. Anni d’incuria, d’oppressione e di malgoverno hanno esercitato la loro opera per cambiare la natura e piegarne lo spirito; meschine gelosie – fomentate da principi insignificanti per i quali l’unione significava la scomparsa – e la divisione delle forze, sono state il cancro alla radice della loro nazionalità e hanno imbarbarito il loro linguaggio; ma il buono che è sempre stato in loro è ancora in loro, e un grande popolo può, un giorno, sorgere da queste ceneri […] L’Italia ci aiuta ad imprimerci in mente la lezione che la ruota del Tempo gira per uno scopo, e che il mondo è, nei suoi caratteri essenziali, migliore, più gentile, più tollerante e più pieno di speranza a mano a mano che gira.
Suona incredibilmente attuale questo giudizio amaro e attuale sul nostro bellissimo Paese che però rimane unico. Inimitabile.
Brani tratti da Impressioni italiane, Edizioni Robin