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Inseguendo te, ho trovato l’amore di J. Ann

Titolo: Inseguendo te, ho trovato l’amore

Autore: J. Ann

Editore: Literary Romance Edizioni 

Trama

Sapevo quanto fossi in gamba. E proprio per questo ho deciso di farti un regalo. Ma non lo troverai allegato a questa lettera. Lo troverai grazie a questa lettera. Tuttavia devi stare molto attenta: non lasciare nulla al caso, non sottovalutare i dettagli così come il tuo intuito.

Rachel è una curiosa e frizzante giornalista di viaggi; valigia sempre pronta, occhi desiderosi di meravigliarsi e cuore aperto alle bellezze del mondo. Questa volta però Purple, come la conoscono i suoi lettori, deve intraprendere un tour molto diverso che la porta in giro per la Gran Bretagna sulle tracce lasciate dall’amata nonna Grace.

Brian è un investigatore specializzato nella ricerca di opere d’arte trafugate che da tempo indaga su una misteriosa sparizione al British Museum; gli indizi lo conducono a una certa Miss Purple, e forse non solo quelli. Sembra un buffo gioco del destino che si incontrino sul treno per Winchester prima, e nei pressi della prestigiosa Abazia in cui riposa Jane Austen, poi. E dopo qualche tempo nel misterioso Castello di Chillingham in Scozia, famoso per i suoi fantasmi.

Ma il destino spesso siamo noi a crearlo, a guidarlo, e quello che nasce come un inseguimento si trasforma in un rapporto passionale e romantico. J. Ann torna con un nuovo romanzo ricco di atmosfere affascinanti che profumano di storia e seduzione.

RECENSIONE

La scrittura di J. Ann possiede un grande potere catalizzatore sia per le tematiche sia per i registri percorsi.

I suoi passaggi dalle note romantiche alle scene più divertenti svolgono un’attrattiva irresistibile per il lettore che è già ammaliato dalla storia, mai scontata ma sempre più avvincente. 

La narrazione a due voci aggiunge un ritmo variegato e sostenuto oltre che una gradevole alternanza dei punti di vista dei due protagonista che si cercano, si inseguono, si trovano.

Come le due metà della mela, Rachel e Brian scoprono quanto può essere complicato e infinitamente difficile buttare giù le maschere dietro cui si nascondono e riuscire a vivere con sincerità i reciproci sentimenti.

Le emozioni, del resto, non mancano durante la caccia al tesoro ideata da nonna Grace appositamente per Rachel. Lei le era molto affezionata anche senza essere la sua vera nonna, e questa ricerca è un modo per rimanere legata a lei. Peccato che sul suo cammino si metta di traverso proprio lui, George, il Dragone, convinto di dover smascherare una ladra di opere d’arte. 

Lui, che poi sarebbe Brian, è il belloccio della situazione che nasconde, tra gli altri segreti, una laurea in Storia medievale abbastanza improbabile, usa nomi in codice, è istintuale e vive molto alla giornata.

Non potrebbero essere più diversi all’apparenza ma poi conoscendosi meglio scoprono di avere più cose in comune di quelle che credevano.

Ottenendo un effetto assolutamente ipnotico J. Ann ci trascina nel suo mondo alla ricerca del proprio pezzo mancante come viandanti dei viaggi dell’anima.

A chi parte e a chi resta, ai sognatori e agli indecisi, a chi non smette mai di cercare il pezzo mancante, a chi infine lo trova ed è finalmente a casa.

In un mondo che ha pochi ma solidi punti di riferimento, possiamo ritrovarci finalmente a casa e come nella vita, così nelle storie di J. Ann, tutto torna, il cerchio si chiude e ogni tessera si incastra perfettamente con l’altra secondo un disegno più grande che nell’Isola delle Fate magicamente si completa.

Senza spoilerare troppo fidatevi se vi dico che il finale poi, è uno dei più romantici che si possa sognare: il mare d’Irlanda, una giacca di lana, una tazza calda e una panchina. That’s all! 

In Inghilterra con Jane Austen

Giuseppe Ierolli

Giulio Perrone Editore

Descrizione

Jane Austen racconta ciò che conosce: i luoghi e l’ambiente sociale che  frequentava durante i suoi spostamenti dovuti a viaggi o cambi di residenza. A fare da sfondo ai suoi romanzi è l’Inghilterra del sud. Dallo Hampshire rurale dove nacque e trascorse i primi venticinque anni alla scintillante vita mondana di Bath, lasciata
per tornare nella contea nativa, prima sul mare e poi nuovamente in campagna. Senza tralasciare le visite a parenti e amici durante le vacanze estive, il Kent, con la fastosa residenza del fratello ricco, e la capitale, dove Jane mescolava con gioia esperienze editoriali, spettacoli e frequenti visite nei tanti negozi londinesi. Guardare da vicino i luoghi che la scrittrice ha vissuto, rintracciare il suo passaggio in luoghi ormai spariti o totalmente trasformati, diventa allora un modo per rileggere la sua opera con una diversa consapevolezza. Giuseppe Ierolli, attraverso le lettere, le opere e le testimonianze dell’epoca, ci accompagna in un viaggio letterario tra le pagine e la vita di una delle scrittrici più importanti di tutti i tempi.

Commento

Interessante viaggio sulle orme di Jane Austen nei suoi spostamenti/trasferimenti/vacanze per l’Inghilterra meridionale, registrati nelle lettere. Il libro è anche la ricostruzione di una mappa tracciata delle ambientazioni dei suoi romanzi, tutti immaginati svolgersi in contee diverse.

I cambi di residenza hanno scandito le diverse fasi della vita di Jane Austen mentre Londra ha rappresentato un luogo di affari e divertimenti perché sede editoriale e di intrattenimento con spettacoli e teatri, oltre che per lo shopping.

Le località di mare erano molto frequentate dalla famiglia Austen per le vacanze ma quella che ricorre di più in assoluto, anche per essere stata scelta come sede di trasferimento dal padre, è Bath. Verso tale cittadina, famosa, frequentatissima e alla moda già da allora, non è chiara la posizione di Jane Austen. Il silenzio di quegli anni può essere interpretato in modi completamente opposti.

Il testo di Giuseppe Ierolli va seguito tappa per tappa, suffragato da prove precise e circostanziato da puntuali citazioni. Si percepisce che l’intero viaggio di conoscenza è stato compiuto in prima persona dall’autore con opportuni e mirati sopralluoghi. Non ultimo quello commovente e doverosamente pietoso a Winchester dove giacciono le spoglie della nostra amata Jane.

Un viaggio letterario che finisce troppo presto nella vita e nel mondo di Jane Austen, se non per continuare idealmente tra le pagine dei suoi romanzi.

Nei sei romanzi canonici, infatti, i luoghi reali o immaginari in cui si svolge l’azione sono tutti nell’Inghilterra del sud, mai molto distanti da quelli effettivamente frequentati dalla scrittrice. Nello stesso tempo, è interessante notare come le ambientazioni siano quasi sempre in contee diverse, come se JA, pur rimanendo in una zona ben definita, non volesse privilegiare un luogo rispetto a un altro.

Henry James e l’Italia

Henry James e l'Italia - Edizioni di Storia e Letteratura

 

Tra gli innamorati fedeli e sovente sconcertati del Vecchio Continente, è anche Henry James, il quale tuttavia occupa una posizione particolare di “pellegrino appassionato”, come il protagonista del racconto omonimo, più di ogni altro, per usare una sua frase, egli si permeò d’Europa tanto che, facendo propria la squisita raffinatezza delle forme artistiche europee vi eserciterà una influenza che dura ancora oggi.

Si apre così il saggio di Cristina Giorcelli, dedicato a Henry James e l’Italia, che cerca di spiegare come è stato il complesso rapporto dello scrittore anglo-americano e il nostro Paese.

Egli fu un pellegrino appassionato perché ha fatto del viaggiare un’arte: non era il suo l’inconcludente errare di un animo inquieto né l’insensibile smania di affastellare impressioni, ma il modo più legittimo di conoscere, approfondire, risalire dagli oggetti conosciuti all’anima che li ha prodotti.

È vero che James si stabilì per lunghi periodi anche in Inghilterra e in Francia, ma è l’Italia quella che ricorderà con maggiore nostalgia fino alla fine dei suoi giorni e che rimarrà sempre legata all’idea di bellezza e giovinezza. Amò appassionatamente l’Italia che rappresentava per lui la bellezza, l’arte, la tradizione, tutto ciò che rende la vita splendida e piacevole e la visitò più volte, ben 14, dal 1869 al 1907, arrivando a conoscere bene alcune delle nostre città principali e il nostro patrimonio artistico che riteneva a esse indissolubilmente legato. Firenze, Roma e Venezia furono elette subito a sue preferite.

Questo studio si basa principalmente su Italian Hours, la raccolta di saggi che James dedicò espressamente all’Italia e scrisse in diversi momenti della sua vita e abbracciano un periodo che va dal 1872 al 1909. Destinati a un pubblico americano, essi illustrano fedelmente il suo modo di intendere il nostro paese: i suoi giudizi, le minuziose descrizioni di monumenti e opere d’arte, le caratterizzazioni del paesaggio, secondo la più riconosciuta tradizione del viaggiatore-scrittore, nel suo inconfondibile stile elegante e simbolico.

Le vere signore non viaggiano

 

Perché mai una donna rispettabile e appagata dalle gioie familiari e domestiche dovrebbe fare qualcosa di così disdicevole, sconvolgente e inadatto    a una signora come viaggiare all’estero?

Le vere signore non viaggiano.

O così perlomeno si diceva tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento.

Le testimonianze delle autrici dei testi raccolti in questa antologia ci dimostrano invece sino a che punto i limiti imposti dalle convenzioni dell’epoca potessero essere superati con una buona dose di coraggio, di intraprendenza e soprattutto, di ironia.

Ne risulta una serie di quadretti   davvero spassosi che disegnano una mappa “femminile” del mondo e della condizione della donna – viaggiatrice nel corso dei secoli.

 

Si tratta di ben 35 autrici di racconti di viaggio provenienti da tutte le parti del mondo, qualcuna famosa come la Regina Vittoria in persona, qualcuna meno, qualcuna scrittrice affermata, qualcuna improvvisata.  Emily Eden, Frances Elliot, Mary Shelley, Amelia Edwards sono solo alcuni dei nomi che ho riconosciuto e di cui conoscevo la passione per i viaggi.

 

A Roma Mary Berry viene affascinata dalla sontuosità dei drappi di velluto rosso di cui è ornata la basilica di San Pietro durante le celebrazioni del Natale, Mary Shelley lamenta le enormi difficoltà con cui riescono in Svizzera a provvedere alle più elementari necessità materiali come cucinare e riscaldarsi.

Non meno preziosi sono i consigli di Agnes Smith che ci raccomanda di imparare bene le lingue straniere prima di intraprendere un viaggio all’estero e di dividersi bene i compiti tra chi organizza gli itinerari, chi amministra le spese  e chi gestisce l’organizzazione del gruppo.

Naturalmente una signora che intraprenda un viaggio sulle Alpi dovrà indossare un cappello a tesa larga, per evitare l’impaccio di un parasole. Dovrebbe inoltre portare un vestito di lana leggera che, in caso di cattivo tempo, dopo essersi inzuppato e asciugato, non sia in condizioni pietose

Quando si sta all’estero bisogna abbandonare molte buone abitudini e comodità, perciò in Islanda ci si dovrà adattare a cavalcare su una sella maschile, fare buon viso a cattivo gioco durante la corrida in Spagna o una visita alla cripta degli orrori in Austria, avvicinarsi ai monasteri del Monte Athos in Grecia quel tanto per scoprire perché la presenza femminile ne è così severamente bandita, fare amicizia con un cammello che ti odia sin dall’inizio in Egitto, esaminare gli abiti e le acconciature della donne turche, le tediose abitudini delle donne persiane, osservare i modi per sconfiggere i quaranta gradi di Delhi e le rigide temperature dell’Himalaya durante una battuta di caccia.

Tutto questo e molto di più viene raccontato nel piccolo scrigno che dischiude per noi tante interessanti finestre sul mondo.

Perché, se le vere signore non viaggiano, le vere signore poi raccontano!.

 

 

 

 

 

Dickens a Roma e a Napoli – Impressioni italiane II parte

Impressioni di Roma. Ediz. italiana e inglese - Charles Dickens ...

Dickens e Roma non hanno quindi un incontro esaltante. Lo scrittore è alla febbrile ricerca del simbolo grandioso dell’epoca romana ma deve fare i conti con la prosaica realtà di una città affaccendata e con la disillusione della realtà che cozza con l’immaginario.

Forse era stata la pioggia di quella sera a rovinare l’arrivo; il giorno seguente il bel tempo restituisce San Pietro, la Piazza, le sue elegantissime colonne, le sue zampillanti fontane, alla dovuta ammirazione.

Dickens è rapito dallo spettacolo offerto dai Fori Romani e soprattutto dal Colosseo:

è come vedere il fantasma dell’antica Roma: perfida, meravigliosa antica città, aggirarsi per gli stessi luoghi che il suo popolo calpestò. È lo spettacolo più impressionante, più maestoso, più solenne e grandioso e imponente che si possa concepire.

 

Non rimane invece impressionato né emozionato dalla Messa del Papa quanto piuttosto dalla cruenta decapitazione di un malvivente cui assiste e durante la quale la sua attenzione è richiamata dalla popolazione intervenuta al crudele spettacolo, molto diversi dai loro nobili avi.

Lo spettacolo umano è quello che più lo attrae e attira, così trova più meritevole descrivere il campionario di modelli di italiano radunati sulla scalinata di Piazza di Spagna:

 

C’è un vecchio con i capelli bianchi… è il vegliardo, o modello del patriarca… C’è un altro uomo con un mantello blu che finge sempre di essere addormentato al sole… Questo è il modello del dolce far niente… Ce n’è un altro, con un mantello marrone che se ne sta appoggiato al muro… Questo è il modello dell’assassino. Ce n’è un altro che guarda costantemente al di sopra della propria spalla e sta sempre andandosene, ma non si muove mai. Quello è il modello dell’uomo orgoglioso e sprezzante. Per quanto riguarda la Felicità Domestica e la Sacra Famiglia …ce ne sono a mucchi.

 

Dopo una gita poco entusiasmante nei dintorni di Roma, verso il grazioso lago di Albano, la squallida Tivoli con la sua Villa d’Este abbandonata e cadente, Frascati e le rovine di Tuscolo dove Cicerone visse e scrisse, doverosa è la visita al cimitero inglese, contrassegnato dalla piramide Cestia, dove riposano le ceneri di Shelley e le ossa di Keats “il cui nome è scritto in acqua” ma che brilla luminoso nel paesaggio di una quiete notte italiana.

Foto "Dickens, il nostro comune amico" le scene di un grande ...

 

Da Roma i Dickens passarono per Capua e Napoli, fino a Ercolano e Pompei dove, tra le rovine del Tempo, oggetti e momenti casuali del passato remoto sono fissati per sempre nella pietra. Grande fascino su di lui esercita il Vesuvio sulla cui sommità organizzano una escursione pericolosa.

Anche se non gradisce lo spirito napoletano (“Tutto è fatto in pantomima a Napoli”), deve ricredersi sulle meraviglie che si affacciano sul golfo:

La più bella regione del mondo si estendono intorno a noi. Sia che giriamo verso Miseno, spiaggia dello splendido anfiteatro d’acqua, e passiamo per la Grotta di Posillipo e la Grotta del Cane e aventi fino a Baia: sia che andiamo dall’altra parte, verso il Vesuvio e Sorrento, è un susseguirsi di delizie.

 

Nel viaggio verso il Nord, risalgono per l’abbazia di Monte Cassino e le cascate di Terni “dove l’intero Velino si butta a capofitto da un’altura rocciosa tra spruzzi splendenti e arcobaleni”, Perugia ben fortificata e Arezzo con la sua bella cattedrale, prima di scorgere finalmente Firenze:

 

Guardate dove giace laggiù davanti a noi, nella valle illuminata dal sole, con l’Arno che serpeggia lucente, e chiusa all’intorno da colline rigogliose; le sue cupole, le sue torri e i palazzi che sorgono da una terra fiorente, in un insieme scintillante e che brilla al sole come oro!

 

Lasciarono Genova la seconda settimana di giugno, dopo circa un anno di complessiva permanenza,  e tornarono in Inghilterra valicando il passo del San Gottardo.

DICKENS, A NAPOLI SI CELEBRA IL BICENTENARIO - Cultura & Culture

Il suo saluto all’Italia è comunque comprensivo e cordiale:

Separiamoci dall’Italia, con tutte le sue miserie e i suoi errori, affettuosamente: nella nostra ammirazione delle bellezze naturali e artificiali di cui è piena fino a traboccarne e nella nostra tenerezza verso un popolo per la sua indole ben disposto, e paziente e mite. Anni d’incuria, d’oppressione e di malgoverno hanno esercitato la loro opera per cambiare la natura e piegarne lo spirito; meschine gelosie – fomentate da principi insignificanti per i quali l’unione significava la scomparsa – e la divisione delle forze, sono state il cancro alla radice della loro nazionalità e hanno imbarbarito il loro linguaggio; ma il buono che è sempre stato in loro è ancora in loro, e un grande popolo può, un giorno, sorgere da queste ceneri […] L’Italia ci aiuta ad imprimerci in mente la lezione che la ruota del Tempo gira per uno scopo, e che il mondo è, nei suoi caratteri essenziali, migliore, più gentile, più tollerante e più pieno di speranza a mano a mano che gira.

Suona incredibilmente attuale questo giudizio amaro e attuale sul nostro bellissimo Paese che però rimane  unico. Inimitabile.

Brani tratti da Impressioni italiane, Edizioni Robin

Amazon.it: Impressioni italiane - Dickens, Charles, Messina, C. M. ...

 

 

Impressioni italiane di Charles Dickens – Prima parte

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Nel giugno 1844, Dickens si recò in Italia con la famiglia: in realtà si trattava di dodici persone in tutto, compresi i domestici più un cane. Si stabilì a Genova, prima ad Albaro, a Villa Bagnarello, e poi a  Palazzo Peschiere in centro, e da qui si recò nelle principali città della ridente penisola: Bologna, Venezia, Verona, Milano, Roma, Napoli (con il Vesuvio ancora molto attivo), Firenze.

Per trovare casa Dickens aveva chiesto informazioni ad amici e conoscenti e poi si era rivolto direttamente ad Angus Fletcher che si trovava a Carrara il quale aveva preso in affitto per loro una grande casa, Villa Bagnarello, ad Albaro, all’epoca un borgo alle porte della città di Genova. La villa era collocata sul fianco di una collina e vi si accedeva da un piccolo e stretto sentiero che si snodava dalla costa fino in cima alla strada: una grande casa, ma non grandiosa, affacciata sul golfo di Genova, che però non soddisfece Dickens il quale la soprannominò “prigione rosa”.

Sebbene il panorama sia dei più suggestivi, la casa è ritenuta decrepita, tetra, echeggiante e disadorna, perciò esauriti i tre mesi di affitto e aver esplorato a fondo i dintorni circostanti, Dickens pensa a trasferirsi.

Palazzo Peschiere (Genoa)

Riuscì a prendere in affitto un palazzo al centro città, Palazzo delle Peschiere così chiamata per via delle due grandi vasche ornamentali piene di pesci rosse antistanti alla casa. Costruita nel tardo XVI secolo la dimora scelta questa volta aveva dimensioni grandiose: dall’atrio al pianoterra, coperto di affreschi, ai vasti e numerosi ambienti e stanze in cui si dispiegava.

Per consegnare e far pubblicare il libro di Natale di quell’anno, che aveva composto proprio a Genova, intitolato Le campane, Dickens si recò a Londra; compie il primo tratto da solo con il fido Roche, da lui soprannonimato il Bravo Corriere, e dà appuntamento alla moglie a Milano il 2 dicembre. Nel frattempo, attraversa l’Emilia per giungere a vedere finalmente Venezia il cui primo impatto è violentissimo!

Passando per Verona, Mantova e Milano Dickens lascia il confine italiano attraverso il Passo del Sempione per sbrigare gli affari che lo richiamano a Londra.

Dopo questa breve parentesi in cui, Dickens fece ritorno a villa delle Peschiere per festeggiare il nuovo anno (1845) e il 20 gennaio erano di nuovo in viaggio in giro per l’Italia, questa volta diretti a Roma (con un viaggio di ben dieci giorni) e successivamente a Napoli.

Impressioni italiane - Wikipedia

 

Nelle sue Impressioni italiane mette subito in chiaro che non vuole soffermarsi sulle opere d’arte, pur essendone estimatore, ma sulla vita vera perché da quella è venuto a trarre ispirazione e nuova linfa vitale per i suoi romanzi. Di contro, rimaneva sempre molto interessato agli aneddoti e ai tipi caratteristici che incontrava piuttosto che alle opere d’arte inanimate. La sua presentazione dell’Italia complessivamente intesa, e già solo per questo, risulta però estremamente riduttiva e troppo semplicistica. Ma il suo stile è inconfondibile e i suoi giudizi assomigliano più a delle visioni che a dei resoconti di viaggio.  Ripercorriamoli con lui.

Genova è inizialmente stigmatizzata per lo sporco e le puzze, i vicoli strettissimi e il suo disordine anche se Dickens non manca di coglierne l’affascinante colpo d’occhio d’insieme:

Laggiù si stende Genova in bella confusione, con le sue molte chiese, i monasteri e i conventi che additano il cielo soleggiato…

Piacenza è definita come la scura, decadente, vecchia Piacenza”, piena di erbacce sporcizia e pigrizia.

Un luogo deserto, solitario e pieno di erbacce, con delle fortificazioni in rovina; con i fossati seminterrati, che offrono un magro pascolo agli sparuti bovini che si aggirano nei pressi; e strade di austere case, che guardano in cagnesco le case dirimpetto.

Parma riscuote un diverso apprezzamento:

Parma ha strade allegre ed animate, per una città italiana; e di conseguenza è meno caratteristica di molti posti di minor fama. Sempre però eccettuato la Piazza, appartata, dove la Cattedrale, il Battistero e il Campanile -antichi edifici anneriti dal tempo, adorni di innumerevoli mostri grotteschi di figure trasognate scolpite in marmo e pietra rossa – sono radunati in un grandioso e magnifico riposo.

Un tempo piacevolissimo li accoglie a Modena:

dove la penombra degli scuri portici sopra i marciapiedi… era resa gradevole e rinfrescante dal cielo luminoso, così meravigliosamente azzurro. Ed io passai da tutta la gloria della luce del giorno all’interno di una buia cattedrale dove si celebrava messa grande, deboli candele bruciavano, la gente era inginocchiata in tutte le direzioni davanti ogni sorta di altare e i preti officianti borbottavano il solito canto, nel solito basso, sordo, strascicato e melanconico tono.

Di Bologna gli rimane l’immagina di una seria e dotta città, con le due torri spendenti di mattoni, inclinate di traverso, “come se stessero rigidamente inchinandosi l’una all’altra”, piena di turisti, lasciata per la vecchia e tetra Ferrara, solitaria e spopolata, dove l’erba cresce talmente nelle strade silenziose che “chiunque potrebbe far fieno qui, letteralmente, mentre il sole brilla” e meritano una visita la casa dell’Ariosto, la prigione del Tasso e l’insolitamente antica cattedrale gotica.

Oltrepassato il Po, Dickens si imbarca in direzione di Venezia dove arriva direttamente in barca la sera dell’11 novembre 1844. Venezia lo affascina, con la sua insuperabile bellezza, la maestosità della Piazza e la grandiosità della cattedrale. Nondimeno Dickens rimane attratto dalla visita alle Prigioni, le strette viuzze, i canali e i ponti che li attraversavano come balconi in pietra.

Ritratti di Venezia

Verona come già prima Venezia fa parte delle reminiscenze shakespeariane:

Avevo un certo timore ad andare a Verona, per tema che potesse lasciarmi completamente insoddisfatto di Romeo e Giulietta. Ma non avevo fatto in tempo ad arrivare nella vecchia piazza del mercato che la mia apprensione svanì. È un posto così fantasmagorico, singolare e pittoresco, formato da una varietà così grande e straordinaria di edifici fantastici, che nulla di meglio potrebbe trovarsi nel centro di una città, anche romantica come questa: scenario di una delle più belle e delle più romantiche storie.

 

A Mantova si affida a un cicerone sui generis che, dopo sommarie spiegazioni della Basilica di Sant’Andrea, sotto la quale è conservato il Santo Graal degli antichi romanzi cavallereschi, la Piazza del Diavolo, costruita dal Diavolo in persona in una sola notte senza una particolare ragione, la Piazza Virgiliana con la statua del poeta, si dirigono verso Palazzo Te dove gli affreschi di Giulio Romano colpiscono per le figure dilatate ed esagerate. Nessun rimpianto quindi per la paludosa città nel dirigersi verso Milano fermandosi a dormire a Cremona, da ricordare per le sue scure chiese di mattoni e la torre immensamente alta, il Torrazzo, per non parlare dei suoi violini.

A Milano “la nebbia è così fitta che la guglia del famoso Duomo poteva anche essere a Bombay per quel che se ne vedeva in quel momento” ma la vista dell’Isola Bella sul Lago Maggiore ricompensa di tutte le visioni confuse della città.

Quando poi i Dickens ripartono da Genova verso Roma, passano per “Spezzia” che è un buon posto per sostarvi per il suo bellissimo golfo, il suo albergo abitato da fantasmi e l’acconciatura delle donne.

Carrara, tutta circondata da alte colline, è una città chiara e pittoresca; la torre pendente di Pisa  è meno alta  di quella vista sui libri scolastici; diversamente,

l’insieme degli edifici raggruppati sopra ed intorno a questo tappeto verdeggiante, compresi la Torre, il Battistero, la Cattedrale e la Chiesa del Camposanto, è forse il più bello ed il più notevole che ci sia al mondo.

 

Da Pisa si muovono per visitare i dintorni toscani; la bella e antica città di Siena è definita “come un pezzetto di Venezia senza l’acqua”, Bolsena avvolta nella malaria, Viterbo famosa per le sue fontane, l’arrivo nella Campagna Romana fa da anticamera quieta e desolante alla Città Eterna che avvolta in una densa nuvola, con innumerevoli torri, e campanili, e tetti di case, che si ergevano nel cielo e alta sopra tutti, una Cupola. somiglia incredibilmente a Londra.

 

Il viaggio in Italia di Charles Dickens rivela un acuto ...