Archivio | giugno 2018

C’è sempre il sole dietro le nuvole. Vita e opere di Jean Webster

C'è sempre il sole dietro le nuvole. Vita e opere di Jean Webster eBook :  Staffolani, Sara: Amazon.it: Kindle Store

Colpisce subito, insieme all’incantevole copertina fiorita, il titolo scelto per questa biografia che, oltre a essere molto poetico, è altamente espressivo del ritratto che emerge da questo studio dedicato a Jean Webster, alla sua vita e alle sue opere, da Sara Staffolani, edito da Flower-ed.

Lei è, per chi non lo sapesse, l’autrice di Papà Gambalunga che credo molti di noi hanno letto da piccoli, ma di cui si sapeva poco o niente se Sara Staffolani e la casa editrice Flower ed non avessero deciso di facilitarcene la conoscenza attraverso questa illuminata -e illuminante- biografia.

Scorrendo le pagine ben scritte di questa ricostruzione, Sara Staffolani ci consegna il ritratto di una bella persona e di una bella scrittrice, che conquista nella e per la sua semplicità, portavoce attiva di nobili ideali.

Tu credi nel libero arbitrio? Io sì, senza riserve. Non sono per niente d’accordo con quei filosofi che ritengono che ogni azione sia inevitabile… Io invece credo fermamente nella mia libera volontà e nel mio potere di agire in piena autonomia. È questa la forza che smuove le montagne.

Il racconto delle sue vicende personali, durante l’infanzia formata nell’alveo di un gruppo matriarcale, e dei rapporti interfamiliari -tra cui spicca la rilevante (e scomoda?) relazione di parentela con il turbolento scrittore Mark Twain-, detta le condizioni e pone le basi per la formazione di una personalità sensibile alla questione dell’emancipazione femminile, ai diritti dei più deboli e altre ingiustizie sociali meritevoli di essere riformate.

Ingiustamente etichettata come autrice per ragazzi, Jean Webster scrive romanzi per tutte le età ma la cui profondità e ricchezza di valori può essere compresa proprio da lettori più grandi, a cominciare da quelli appartenenti al filone iniziale, le cosiddette “storie di collegio” (When Patty went to college e il prequel Just Patty).

Non si rimpiange quello che non si è mai avuto, mentre è terribilmente difficile dover rinunciare a certe cose dopo che si sono considerate proprie per diritto naturale […]. Il mondo, è questo che pensano, deve loro tutto ciò che desiderano. Forse è giusto che sia così, ma a ogni modo bisogna saper riconoscere il debito ed essere pronti a ripagarlo. Quanto a me, il mondo non mi deve nulla e me lo ha detto con chiarezza fin dall’inizio.

Quello realizzato da Sara Staffolani si rivela subito come uno studio ricco di approfondimenti, di collegamenti intertestuali, di citazioni letterarie di riferimento e interessante legame con l’Italia, tappa obbligata del grand tour americano, ma anche oggetto di attenzione particolare e fonte di ispirazione per il racconto Villa Gianini poi ampliato nel romanzo The Wheat Princess e successivamente anche per Jerry Junior.

Sa com’è l’Italia. È una sorta di malattia. Una volta che ci si è affezionati, non la si dimentica mai più e non si può tornare a essere felici finché non ci si ritorna…

La rete di parallelismi con altre scrittrici, europee e non, contemporanee o meno, intesse una rete di virtuale eppure così palpabile complicità che delizia e, mentre appaga una sete di curiosità e conoscenze, ne stimola l’ulteriore approfondimento in una continua ricerca. Le somiglianze suggerite con la Alcott conterranea, la coeva Montgomery, fino alle sorelle Bronte e alla compassata Jane Austen d’oltreoceano, sono come sassi lanciati in un mare di riflessi infiniti e affascinanti.

Attraverso questa esauriente carrellata delle opere veniamo a scoprire che Jean Webster ha messo un poco di sé in ciascuno dei suoi romanzi regalandoci emozioni ed esperienze di cui evidentemente fece sempre tesoro e a Sara Staffolani va riconosciuto il merito di avercele fatte condividere.

Non sono i grandi piaceri quelli che contano di più nella vita. È il saper approfittare delle piccole cose. Io, Papà, ho scoperto il vero segreto della felicità, che consiste nel vivere l’adesso, nel non rimpiangere in continuazione il passato o nell’anticipare il futuro, ma nel trarre il massimo possibile proprio dall’istante che stiamo vivendo. […] La maggior parte della gente non vive, ma corre freneticamente di qua e di là tentando di raggiungere obiettivi lontani, all’orizzonte, e nell’ansia di rischiare di perdere qualcosa rimane senza fiato; quasi ciechi, queste persone non vedono tutte le belle cose che le circondano; poi, la prima cosa di cui si rendono conto, è che sono invecchiate e logorate, e che non c’è alcuna differenza se hanno raggiunto o meno il loro obiettivo finale.

Daniel Deronda di George Eliot

Fazi riscopre i classici e riporta alla luce un capolavoro troppo a lungo dimenticato e che merita invece un posto in primo piano sugli scaffali delle librerie. Grazie alla scrittura della sua autrice, George Eliot, una scrittura profonda, mai scontata, pregna di significati e piena, Daniel Deronda deve considerarsi un classico a buon diritto anche perché evade tutti i criteri elencati da Calvino per rientrare in tale categoria, in modo particolare quello di essere una ricchezza inesauribile.

Pubblicato nel 1876, ultimo dei suoi romanzi, Daniel Deronda non esaurisce il soggetto principale della storia nel protagonista eponimo, ma nel grande e placido alveo del fiume della sua vicenda personale -che comunque rimane centro della scena, movente delle altrui azioni- scorrono come rigagnoli, affiancandolo, affluenti esterni rappresentati dalle storie degli altri personaggi di questo imponente dramma.

Seguendo un modulo narrativo caro alla scrittrice ormai affezionata al suo pseudonimo maschile, in Daniel Deronda procedono due storie su doppio binario, due storie che vengono a incontrarsi apparentemente per mere coincidenze fortuite.

Era bella o no? E quale segreta forma o espressione conferiva al suo sguardo quella qualità dinamica? Nel brillare dei suoi occhi dominava il genio del bene o quello del male? Forse il secondo, altrimenti l’effetto non sarebbe stato di irrequietudine, bensì di tranquillo sortilegio. E perché la brama di tornare a guardarla sapeva di costrizione e non di spontaneo assenso al desiderio da parte di tutto l’essere? La donna che evocava tali domande nella mente di Daniel Deronda era tutta presa dal gioco.

Questo è il famoso incipit del romanzo che si apre proprio con l’incontro tra Gwendolen e Daniel Deronda e farebbe pensare a un’insondabile attrazione tra i due che il lettore, anche se segretamente, non smette di augurarsi. Invece l’autrice si impegna a dimostrare che appartenendo a mondi e valori troppo diversi, i due ragazzi non potranno mai incontrarsi e ancor meno stringersi in una relazione sentimentale.

La giovane e viziata Gwendolen deve ridimensionare le sue aspettative e se stessa dopo che la sua famiglia cade in rovina e accettare un matrimonio con cui sistemarsi. I suoi piani di ottenere autonomia economica e personale si devono presto scontrare contro un marito prepotente e vessatorio. Dall’altra parte c’è il giovane Daniel che, allevato da sir Hugo Mallinger, è alla ricerca di se stesso e delle sue origini. Di nobili principi e animo, egli salva una giovane ebrea dal suicidio, Mirah, ridotta in miseria e disperata per la ricerca del fratello, affidandola alle cure di una famiglia di suoi fidati conoscenti. L’incontro, apparentemente casuale di Deronda con il filosofo ebreo Mordecai segnerà l’inizio della vera conoscenza, nell’ambito di un disegno superiore perfetto che dà conto di tutte quelle che sembravano a un primo sguardo solo coincidenze.

Il libro ha l’onere di affrontare anche il tema del sionismo, da Eliot volutamente trattato dopo aver assistito a una lezione del prof. Immanuel Oscar Menahem Deutsch in Germania, per sconfiggere i pregiudizi inglesi sull’ebraismo, ma la gravità degli argomenti toccati è stemperata dalle storie dei personaggi che gravitano intorno a esso nella complessità delle relazioni umane e nel loro -sempre sorprendente- reticolato di coinvolgimenti tra casualità e destino.

Leggere George Eliot è un’esperienza totalizzante, è come entrare in un mondo di cui sentirsi parte, per tutto il tempo della lettura e anche oltre, la cui influenza rivive nelle pieghe della memoria. Oltre che nella sua impalcatura, quest’opera trasuda erudizione da tutti i pori (vedi le citazioni premesse a ogni capitolo a scandire la narrazione) ma allo stesso tempo è un pregevole studio anche della psicologia umana per come scandaglia l’animo e i pensieri dei vari personaggi che in definitiva non si può fare a meno di amare così come sono, con i loro limiti e i loro difetti.

Pubblicato nel 1876, “Daniel Deronda” è l’ultimo, brillante romanzo di George Eliot, e forse il più controverso. In questo libro, infatti, la celebre autrice di “Midllemarch” offre uno dei più lucidi e feroci ritratti della politica e dell’imperialismo di età vittoriana, della discriminazione sessuale e razziale, della tolleranza religiosa e del pregiudizio. Daniel Deronda è un giovane benestante di bell’aspetto, la cui natura sensibile e altruista lo spinge ad aiutare chiunque intorno a lui si trovi in difficoltà: da una sala da gioco alla riva del Tamigi, fino a un piccolo negozio di antiquariato, Daniel incontra così l’altezzosa Gwendolen, la giovane Mirah e l’erudito Mordecai. Tra coincidenze ed eventi mondani, le loro vite si intrecciano a quella di Deronda, che cercherà di risollevare le loro sorti e che ne verrà a sua volta inaspettatamente trasformato. Affidato fin da piccolo a Sir Hugo Mallinger, Daniel non ha mai saputo chi fossero i suoi genitori, ma un incontro accidentale getterà nuova luce sulle sue origini. Le contraddizioni della bella e viziata Gwendolen, i difficili trascorsi della delicata Mirah e i sogni religiosi di Mordecai accompagnano Daniel Deronda verso la consapevolezza di sé e verso un’insperata felicità, sullo sfondo dei costumi dell’aristocrazia inglese. Attraverso una variegata galleria di personaggi umani, Eliot affronta in maniera esplicita il tema del sionismo e dell’antisemitismo, con tinte vivide a metà tra l’indagine morale e il tono satirico. Con una storia avvincente, dalle situazioni dirompenti e dai personaggi indimenticabili, viene qui riproposta una delle più importanti scrittrici britanniche che, al pari di Jane Austen e Virginia Woolf, rientra a pieno titolo tra i classici della letteratura.

Nel cuore di Jane – Ri-leggendo Persuasione

Nel cuore di Jane ri-leggendo Persuasion : Battaglia, Beatrice: Amazon.it:  Libri

Eros e passione in Jane Austen? Sì, anche l’ultimo pezzo della maschera vittoriana della scrittrice si sgretola con questo saggio “Nel cuore di Jane ri-leggendo ‘Persuasion'”. Guidata dalle voci critiche e poetiche di Reginald Farrar, Virginia Woolf. Edmund Blunden, Harold Bloom, l’analisi testuale della nota studiosa austeniana ci mostra non semplicemente che “Jane Austen aveva amato e che non aveva più paura di dirlo”, ma che Jane Austen continuava ad amare; ed è in questa viva presenza di Eros la ragione della grandezza della sua arte.

Ritratto di famiglia. La fine di un’epoca di Simona Friio

Ritratto di famiglia: La fine di un'epoca di [Friio, Simona]

Questa volta Simona Friio ci introduce nella realtà ottocentesca dell’Italia del Nord e, nello specifico, nell’ambiente della provincia di Milano con incursioni finanche in città, trasportandoci in quello che sembra uno spaccato raccontato da un romanzo manzoniano.

In una società prevalentemente agricola, in mano alla prepotente nobiltà terriera, maschilista e retrograda, la scrittrice milanese sceglie di raccontare la storia minore del ramo femminile di una casata locale. Si tratta di tre donne. Tre generazioni. Tre modi di vivere l’amore in modo assoluto e perdutamente. Eccole.

Carola: travolta dall’attrazione irresistibile per il fratellastro, conosce l’amore per la prima volta sotto forma di passione totale, con coinvolgimento di tutti i sensi e a cui non si può resistere. Purtroppo questa relazione clandestina consumata sotto il tetto del padre di entrambi sarà fatale soprattutto alla donna, macchiata e bollata dal disonore più grande.

Allontanata e costretta a espiare la colpa che viene concepita come solo sua, Carola può fare affidamento esclusivamente sulla sua forza d’animo che l’aiuterà a superare quel forzato isolamento ed esilio. Due sono gli artefici della sua condanna: il padre Edoardo Castellani e lo zio, don Angelo che incarnano perfettamente la spietata, ipocrita e meschina mentalità maschilista dell’epoca.

La vita sembra avere in serbo per lei e per il suo giovane cuore ancora delle tenere speranze quando incontra Augusto Viviani, un ragazzo di nobili origini, diseredato perché ha scelto di fare il pittore. Ma l’amore comporta un prezzo alto da pagare quando è vissuto in modo completo e ancora una volta è Carola a scontarne le conseguenze.

Blanca: trascorre la sua infanzia con il nonno che adora perché lui l’ha sempre viziata e coccolata facendola vivere negli agi di Villa Castellani e perché ignora quanta parte egli abbia avuto nella perdita dei suoi stessi genitori.

La superba Blanca non rimane però indifferente alle provocazioni del giovane Sebastiano Galli che con le sue idee democratiche cerca di dimostrare l’arretratezza dei sistemi dei signorotti locali che si ostinano ad opporsi a quelle innovazioni che potrebbero migliorare le condizioni lavorative e di vita dei contadini che lavorano le terre da cui traggono tutti sostentamento.

Quei sentimenti di giustizia sociale e primo innamoramento risvegliati in Blanca da Sebastiano sono destinati a essere subito soffocati da Castellani che ha già stabilito chi dovrà sposare la nipote.

Il matrimonio con il rude Riccardo Casati servirà a rafforzare una Blanca trattata poco più che come merce di scambio, considerata e usata come moglie da ostentare, la signora raffinata e di nobili origini che deve far fare bella figura al marito.

L’unica sua grande consolazione è la piccola Rosa che, per quanto nata da questa infelice unione, è l’unica ragione di vita cui lei sceglie di aggrapparsi.

Rosa è la terza discendente femmina della prepotente casata Castellani e sembra aver ereditato il meglio di quel ramo della famiglia: la tenacia e la determinazione nel portare avanti i suoi obiettivi e seguire i suoi principi, con passione. Ma voglio lasciarvi scoprire che cosa il destino le ha riservato…

Sono tre le storie a essere raccontate ma è anche la storia della donna a dipanarsi lungo i decenni più difficili dal punto di vista della sua esigenza di emancipazione. Simona Friio riesce a cogliere bene sia il dramma individuale di una singola esistenza condannata da angherie e soprusi, sia a stigmatizzare con essa un tipo di società che legittimava questo trattamento.

Un romanzo storico che sa grandemente emozionare.

Vi lascio il link:

 

Sigismondo e Isotta. Una storia d’amore

Sigismondo e Isotta, una storia d’amore di Maria Cristina Maselli, edizioni, Piemme, è un affascinante affresco di storia rinascimentale con dovizia di testi e documenti dell’epoca, saldamente ancorato alle reali vicende politiche e personali di Sigismondo dei Malatesta, Signore di Rimini.

Se l’autrice. Maria Cristina Maselli, si fosse limitata a raccontare le gesta del capitano di ventura Sigismondo, come in un poema epico celebrativo, questo romanzo non avrebbe avuto quel potere evocativo e catalizzante che esercita sul lettore, rapito dalla luce di nobiltà e magnificenza splendenti alla corte malatestiana.

Esso si dimostra subito una imponente opera di ricostruzione di storia, politica, arte e letteratura cui la totalizzante e anticonformista relazione amorosa con Isotta degli Atti, figura tutta ingenuità e devozione, conferisce un significativo valore aggiunto.

Puntuali e precise citazioni del Liber Isottaeus che chiude quasi ogni capitolo accompagnano il racconto dell’amore che tenne avvinti per sempre Sigismondo Pandolfo de Malatestis e Isotta degli Atti:

E infatti benché la nostra città abbia molte fanciulle

Che potrebbero tentare persino gli dei

tu sola sempre sei piaciuta ai miei occhi,

tu sola hai le spoglie mortali del mio cuore.

La storia di Sigismondo e Isotta è la perfetta compenetrazione tra vita e arte, storia e romanzo in una intrigante alchimia.

Come nella miglior tradizione dell’amore cortese-cavalleresco assistiamo qui alla nobilitazione di un rude condottiero, stratega senza scrupoli e mercenario, che finisce per piegarsi sotto il giogo di Isotta che con la sua purezza d’animo e idealo lo costringe a ravvedersi e ad adottare una nuova morale. Purtroppo la ragion di stato impone scelte dolorose e difficilmente comprensibili, soprattutto in un’ottica moderna, e spesso deve sacrificare i sentimenti a una logica feroce di sopravvivenza. L’Italia del Quattrocento è lacerata da continue lotte, intervallate da mutevoli alleanze, tra la miriade di signorie locali in cui è frastagliato il potere politico mentre il Papa recita la sua parte da prepotente alla stessa stregua. Un mondo spietato, attraversato da guerre, tradimenti, crimini efferati  dove la vita degli esseri umani vale davvero poco. 

Ma in mezzo a tanta crudeltà sboccia come perla rara la storia di Sigismondo e Isotta.

Questa è una storia vera, d’amore e di guerra, talmente bella e intensa che doveva essere raccontata.

Ne è diventata cantore Maria Cristina Maselli e ne sono testimoni immoti ed eterni il Tempio Malatestiano e Castel Sismondo, che sono ancora lì, a Rimini, monumenti alla memoria di Sigismondo e Isotta.

La storia di un amore impossibile e struggente. Il racconto di uno dei momenti più vivi e memorabili della nostra storia. È il 1437 quando per la prima volta Isotta degli Atti posa lo sguardo su Sigismondo Pandolfo Malatesta. Lui, ventenne, è il turbolento e ambizioso signore di Rimini e di Fano, lei, una bambina di soli cinque anni, figlia di un piccolo nobile della zona. Isotta cresce nel mito di Sigismondo e grazie alla carica del padre, consigliere economico del signore di Rimini, ha la possibilità di rivederlo. Dopo sette anni dal primo incontro comincia a nascere in loro un sentimento fortissimo. Ma Sigismondo è sposato con Polissena Sforza, e Isotta è stata cresciuta per essere moglie e non amante. Questo il conflitto che renderà tortuoso il percorso di due anime complementari, lei nella perenne ricerca di conferme, lui disposto a dimostrarle i propri sentimenti attraverso l’arte, la parola e l’idea. Quando, dopo la morte di Polissena Sforza, la ragion di Stato sembra volere una nuova nobile moglie accanto a Sigismondo, anche le ultime certezze dei due innamorati paiono vacillare. Inoltre, la vita e lo stesso ruolo del signore di Rimini sono ostacolati da intrighi, avidità, inganni, legami di sangue e di morte, a cui si aggiunge l’odio dei suoi due più acerrimi e potenti nemici: Federico da Montefeltro e papa Pio II, che usa lo splendore umanista del Tempio Malatestiano per condannare il signore di Rimini. Sarà proprio nel momento più difficile della vita di Sigismondo – abbandonato anche dai più fedeli alleati – che l’amore incondizionato e gratuito di Isotta si rivelerà salvifico e porterà a cambiare il destino delle loro vite.