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Un pomeriggio a Orchard House Intervista a Louisa May Alcott di Romina Angelici e Margherita Valery

Intervista a Louisa May Alcott di Romina Angelici e Margherita Valery

 

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Sei passata alla storia come l’autrice di Piccole Donne. Ma il tuo vissuto suggerirebbe che la visione del mondo del reverendo March ti andasse stretta. Che sai dirci di questa dicotomia?

Ho dovuto conviverci una vita! Tutta la vita sono stata dietro alle aspettative che avevano su di me, considerata sempre la pecora nera della famiglia, e mai ho avuto da mio padre la soddisfazione di essere accettata per quella che ero.

 

Louisa May Alcott - Amos Bronson Alcott - Famous Homeschoolers ...

 

C’è un prezzo da pagare per la ribellione, a questo mondo?

Mi è sempre sembrato che Jo fosse emblematica di questo messaggio.

Se ti ribelli all’ordine costituito il prezzo che rischi di pagare è quello di esserne esclusa e restarne fuori per sempre.

A casa mia funzionava così: o ti adeguavi (o facevi finta di adeguarti) alle regole, oppure ti mettevano all’angolo additandoti come un essere spregevole da emendare di tutti i suoi difetti di superbia.

 

La domanda che ci siamo fatte tutte.

No, non perché Marmee non abbia già soffocato col cuscino quel rompiscatole del Reverendo March. 

Perché Amy e Laurie. Perché.

Perché era il finale che vi aspettavate tutte e mi avevate stancato con tutte quelle lettere in cui mi pregavate di far sposare Jo e Laurie.

Dovete ficcarvi bene in testa che per una donna non c’è solo il matrimonio come scopo nella vita!

 

In Piccole Donne, l’educazione non pare avere un ruolo centrale nella vita delle giovani sorelle. Tu hai frequentato scuole superiori?

Io avevo la scuola in casa e con mio padre era una lezione continua. Semmai sono state scuole inferiori, le mie, nel senso di infime, legate a esperienze di bassissima qualità, come il periodo di Fruitland può far ben capire.

In compenso ho conosciuto così tante personalità che entravano e uscivano dal salotto di casa mia che mi facevano girare la testa (anche troppo)

 

Piccole Donne per i soldi, lo sappiamo. Le altre opere perché?

Piccole donne si è rivelata la mia gallina dalle uova d’oro e i libri che sono seguiti, tutti sulla stessa scia, hanno proseguito quel filone d’oro.
Avevi qualche autore inglese preferito? O come tutti noi hai scoperto JA solo con Colin Firth che emerge ignudo dal laghetto?

Amavo Dickens, conoscevo i suoi romanzi a memoria ma poi quando lo incontrai a Londra fu per me la fine di un mite. Era un leziosissimo dandy, vestito in modo sgargiante e chiassoso, del tutto diverso da come lo avevo sempre immaginato.

La signora con l’uomo nudo che nuota nel laghetto la vorrei conoscere perché io andavo a sbirciare Thoreau nei boschi…

 

Andiamo sul pettegolezzo becero. Qualche avventura piccante per la sezione rosè?

Di avventure ne ho avute diverse, pare che avessi un particolare talento per cacciarmi in situazioni scabrose o disdicevoli, ma non ditelo a mio padre altrimenti potrebbe rivoltarsi nella tomba. “Quando andai a servizio” il padrone voleva da me molto più che lucidargli le scarpe e quella volta a Parigi, be’, ero stanca di stropicciare cuscini per Anna Weld: l’ho piantata in asso e me ne sono andata in giro con Ladislaw…

Mi innamorai anche di un giovane attore, sempre più piccolo di me… con il quale appunto non avevo un futuro…

Non so perché, ma avevo un debole per i ragazzi più giovani di me… Oggi non farebbe tanto scalpore!

 

 

Sappiamo che l’azione non ti spaventa, sei stata infermiera in guerra. Qualche aneddoto?

Avrei voluto tanto essere un uomo per andare a combattere ma ho dovuto accontentarmi di lavorare per chi poteva farlo e così sono partita come infermiera. da campo. Durante il mio servizio ho conosciuto un giovane John Sulie, un ragazzo semplice, devoto alla madre… gli stetti vicino fino alle ultime ore della sua vita.

 

Seppi solo dopo al mio ritorno che alla mia partenza, mio padre disse: “E’ partito il mio unico figlio maschio”. Questo vi può far capire chi era mio padre e che considerazione avesse di me. Come potevo venire con un padre così?

 

Facile facile. Garibaldi o Napoleone III?

Beh, ti stupirò… né l’uno né l’altro… Vado su un giovane e romantico Mazzini che incontrai per caso a Londra e mi affascinò con il fervore delle sue idee (e anche altro)!

 

Come andò il soggiorno a Roma?

Durante il mio secondo viaggio in Europa, quello fatto insieme alla sorella May e ad un’amica, ci spingemmo oltre la Svizzera, scendendo in Italia e passando per il lago di Como, Milano, Bologna e Firenze, fino ad arrivare a Roma. Qui, ci stabilimmo per sei mesi in un appartamento di Piazza Barberini dove May prendeva lezioni di disegno e pittura e io cercavo di proseguire la saga di Piccole Donne con una nuova puntata, nel frattempo però ho trovato anche il tempo di posare per un ritratto a olio che mi fece  il pittore George Healy.

Purtroppo il clima spensierato e riposante del soggiorno europeo fu rovinato dalla notizia della morte improvvisa di mio cognato John Pratt: non facevo altro che pensare ad Anna e ai suoi ragazzi e a loro mi sono ispirata nello scrivere Piccoli uomini.

Ho raccontato questa esperienza nel racconto Shawl Straps (Borse da viaggio) dove potrete riconoscermi sotto le mentite spoglie della vecchia zitella Lavinia!

 

Louisa May Alcott – Liber Liber

Cime Tempestose o Jane Eyre?

Dopo aver letto la Biografia di Charlotte Brontë scritta dalla Gaskell sono rimasta affascinata dalla vita della scrittrice inglese (con cui ravvisavo delle affinità

Solo che, nonostante avessi un debole per Jane Eyre, non posso perdonarle “di aver sposato quell’uomo” (che le aveva taciuto di essere già sposato).

 

I libri sono come figli e una mamma non ha i preferiti. Ma il tuo, qual è?

Il primo, Mutevoli umori, quello che si sono rifiutati di pubblicare all’inizio e che poi, una volta diventata famosa, ho potuto riproporre prendendomi la mia rivincita. Nessuno mi ha capito, nemmeno quell’intelligentone di Henry James

 

Hai dei rimpianti, Louisa?

Sì, diversi, non ho fatto la vita che volevo ma quella che il dovere e rispetto hanno deciso per me.

Louisa May Alcott. Una biografia di gruppo” di Martha Saxton ...

 

 

Fonti

 

Martha Saxton, Louisa May Alcott. Una biografia di gruppo, Jo March Edizioni

Romina Angelici, Non ho paura delle tempeste, Vita e opere di Louisa May Alcott, Flower-ed

 

Non ho paura delle tempeste. Vita e opere di Louisa May Alcott ...

Un pomeriggio ad Amherst Con Emily Dickinson

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di Romina Angelici e Margherita Valery

 

 

Perdona subito questa domanda sciocca: vuoi  bene più al babbo o alla mamma?

 

Forse dovrei rispondere a zia Lavinia! 

La mamma pensa solo alle faccende domestiche, il papà un po’ di più alla mia felicità! Non ama la poesia perché ha deciso che è meglio la vita reale. La vita reale di papà e la mia a volte entrano in collisione, ma finora tutti illesi.

 

Ti piaceva studiare? Quali erano le tue materie preferite?

 

Sicuramente non religione! Ero brava in tutto ma avevo una speciale predilezione per le scienze naturali Ho pure iniziato a tenere un mio erbario…

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Quando cominciasti a compilare un erbario?

 

Presto, quando andai a scuola e cominciai a studiare le scienze naturali. I fiori hanno sempre esercitato un fascino indescrivibile su di me, ognuno di essi ha un significato, una simbologia, un valore che mi sarà sempre caro e poi sono creature immortali!

 

Non è un caso allora che il tuo nomignolo fosse Daisy?

 

Esatto, Daisy, come una graziosa e umile margherita, facile ad essere calpestata ma altrettanto difficile da scacciare.

 

Perché hai lasciato il college?

 

Perché quel posto era pieno di orchi; certo, non era la scuola di Jane Eyre, ma volevano farmi il lavaggio del cervello e ho cercato di resistere con tutte le mie forze, ma ero completamente sola. 

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In che modo la morte di Sophia ti ha influenzato?

 

Lei non era solo mia cugina ma la mia amica del cuore, avevamo la stessa età e mi è stata crudelmente strappata senza che io potessi dire o fare nulla.  È stata la prima volta che ho incontrato faccia a faccia la Morte: 

“Poiché non potevo fermarmi per la Morte

Lei gentilmente si fermò per me

La Carrozza non portava che Noi Due

E L’Immortalità”

 

Chi ti regalò l’amato cane?

 

Il babbo, che in realtà mi capiva meglio degli altri, me lo regalò per il mio diciannovesimo compleanno: ero da sola a casa, i miei fratelli ancora al college e avevo finalmente un compagno a cui confidare i miei pensieri più segreti. 

Ho letto che pure Miss Brontë, l’autrice di Cime Tempestose, ne aveva uno. Ma quel romanzo è così cupo…

 

Perché pensasti di chiamare il cane Carlo?

 

Carlo come il pointer di John Rivers in Jane Eyre o come il protagonista di Reveries of a Bachelor di Ik Marvell oppure anche il cane in Cranford di Elizabeth Gaskell! Scegli tu…

So solo che quando mi ha lasciato il povero Carlo, non mi sono più ripresa, mi sono rinchiusa in casa e non uscivo nemmeno per le consuete passeggiate perché mi ricordavano troppo la sua amata compagnia. 

 

Il signor Newton è sempre stato solo un amico precettore per te o c’è stato qualcosa di più?

 

Vedi che le malelingue amano spettegolare anche a così grande distanza di tempo… Durante il periodo in cui studiò presso lo studio legale di mio padre, mi introdusse alla conoscenza di molti scrittori e testi che fino ad allora mi erano ignoti, mi insegnò molte cose, ad ammirare tutte le cose belle che c’erano in natura e a credere in me stessa. Non posso dire che fui felice quando seppi che si era sposato e quando appresi la triste notizia della sua morte mi consolai solo al pensiero di saperlo in gloria nei cieli.

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Quali erano i tuoi autori preferiti?

 

Shakespeare, George Eliot, Elizabeth Barrett Browning, suo marito Robert Browning e le sorelle Brontë. Ma no, non ho mai pensato di andare in Italia a trovarli, non mi sarei allontanata così tanto da casa mia, a malapena scendevo in salotto.

 

Perché iniziasti a vestire di bianco?

 

Sono una sposa in attesa del suo sposo!

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Come eri fisicamente?

 

Non ve lo dico, ma sappiate solo che sono piccola come lo scricciolo, ho i capelli ribelli come il riccio della castagna e gli occhi come lo sherry che l’ospite lascia nel bicchiere. Può andar bene così?

 

Emily, c’è una tua fotografia che è passata alla storia, quella che abbiamo usato anche in copertina. Puoi dirci di più?

 

Intende quel vecchio dagherrotipo? avrei voluto che ne facesse uno anche papà, mi pareva una bella cosa da tenere in salotto, vicino al camino. Credo sia andato a mio fratello Austin, e infine alla mia cara nipotina, Lavinia!

 

 

Ma poi è vero che eri così sola?

No, in realtà ho avuto sempre tanti amici ed amiche, anzi ho avuto tante “migliori amiche”, così tante che qualcuno ha ipotizzato anche che avessi delle tendenze omosessuali. La verità è che sia in amore che in amicizia sono pronta a dare tutta me stessa e spesso ho pagato lo scotto di questo mio coinvolgimento totale.

 

Emily, devo dire che inquadrarti come personaggio è difficile. Hai rimpianti? Se avessi potuto vivere una vita avventurosa, l’avresti intrapresa?

 

No, ho avuto la vita che ho voluto. Nessun rimpianto.

 

Se potrò impedire
A un cuore di spezzarsi
Non avrò vissuto invano
Se allevierò il dolore di una vita
O guarirò una pena
O aiuterò un pettirosso caduto
A rientrare nel nido
Non avrò vissuto invano

 

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Fonte: Le colline, il tramonto e un cane. Vita e poesia di Emily Dickinson. di Sara Staffolani, flowered

 

Un pomeriggio alla Canonica

di Romina Angelici e Margherita Valery

 

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Le sorelle Bronte sono uno straordinario concentrato di talento e unicità.

Lassù tra le brughiere spazzolate dai venti freddi del Nord, sperdute nello Yorkshire, relegate in una canonica che per tre lati affacciava su un cimitero, potevano impazzire o diventare eccezionali. Questo hanno scelto di essere. E se qualche volta la disperazione ne ha guidato la corsa trafelata attraverso le distese sperdute o l’ossessivo rifugio nella fede, ebbene la sera tornavano tutte e tre intorno al tavolo, mettevano via il cucito e si dedicavano a coltivare i loro sogni e le loro fantasie. Perché se il progetto dichiarato era quello di aprire una scuola, quello inconfessabile, inizialmente anche tra loro, era quello della scrittura. Storie su storie affidate a fogli di carta minuscoli e nascosti in ogni ricettacolo di casa perché fossero custoditi e dimenticati allo stesso tempo.

 

Incontrare delle ragazze del genere potrebbe essere un’esperienza davvero piacevole e chi ne ha avuto il privilegio l’ha considerato un evento indimenticabile.

La ritrosia accomunava tutte e tre e la timidezza era presto superata una volta entrati in confidenza con loro. In ogni caso nessuna avrebbe mai messo da parte la propria fierezza e la propria dignità, caratteristiche ben impresse nello sguardo e nei modi, e che possiamo ritrovare anche qui, nelle loro risposte.

 

Come venne l’idea di realizzare una rivista casalinga? 

 

Dovevamo pur inventarci qualcosa e poiché in casa circolavano i numeri della Blackwood Magazine, abbiamo pensato di realizzarne una nostra, la Branwell’s Blackwood Magazine.

 

Come tutto ebbe inizio?

 

Tutto iniziò con un regalo del padre che fece dono a Branwell di una scatola con dodici soldatini di legno ribattezzati “I Dodici”. Intorno a essi sbocciarono le storie di Glass Town, Angria, Gondal, articolate in vere e proprie saghe.

 

Quali erano le alleanze in casa? 

 

Inizialmente Charlotte-Branwell ed Emily-Anne, come poi nella scrittura delle saghe di Angria e di Gondal, poi le carte si sono mischiate. Una cosa è certa, tutti andavano d’accordo con Anne!

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(foto by Be Right Back)

Qual era il sogno delle sorelle Bronte? 

 

Per noi sorelle, il sogno era quello di aprire una scuola per ragazze in cui lavorare come insegnanti e direttrici. Nessuna di noi osava augurarsi un matrimonio e una famiglia, anche se nei recessi del nostro animo non era vietato desiderarlo.

 

 

Per te, Charlotte, la vocazione letteraria non era una ipotesi da verificare in futuro?

No, la scrittura ha sempre fatto parte di me come delle mie sorelle, è stata la nostra salvezza, il nostro bisogno interiore, la valvola di sfogo dei sentimenti che si agitavano in noi, la voce che abbiamo potuto dare ai nostri pensieri.

 

 

Perché gli pseudonimi, Emily? Li hai voluti tu? Chi vi conosceva lassù nel Nord?

 

A nessun costo avrei voluto dare in pasto alla gente la mia persona.

Non abitiamo esattamente a Londra. Qui abbiamo vicini, creditori, i curati amici di nostro padre, chi ha voglia di combattere giorno dopo giorno?

E se poi dovessimo tornare a servizio? Un conto è fare l’istitutrice sulla carta, un altro andare ad elemosinare un impiego.

 

 

Rimanesti male, Charlotte, quando furono pubblicati Wuthering Heights e Agnes Grey, mentre The Professor venne respinto?

 

Certo non mi ha fatto piacere ma a questo rifiuto ho reagito con tenacia e la tenacia mi ha fatto scrivere Jane Eyre, perciò tutto sommato è andata bene così!

(n.d.a.: The Professor è stato pubblicato in seguito, anche se postumo).

 

Perché Anne sei andata sempre al traino delle tue sorelle?

 

Sono l’ultimogenita, è la più mite e gentile di noi, non ho una personalità dirompente ma al momento giusto ho saputo tirar fuori la forza di carattere che serviva. Mi sono allontanata poche volte da casa, per andare a lavorare come governante per aiutare in famiglia e ho cercato di resistere alle vessazioni subite. Sono rimasta accanto a Branwell fino alla fine, nella sua discesa agli inferi e non l’ho abbandonato alla rovina che si era procurato.

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Cosa pensavi, Charlotte, di Cime tempestose? 

 

Non mi faceva impazzire, né quando fu pubblicato, né in seguito quando, anni più tardi, lo rilessi. Trovai «immatura» quell’opera meravigliosamente compiuta ed eseguita.

«La forza di Cime tempestose — ho scritto in una lettera — mi colma di rinnovata ammirazione: tuttavia sono oppressa: al lettore non viene quasi mai concesso di gustare un piacere puro; ogni raggio di sole si fa largo tra nere sbarre di nubi massicce; ogni pagina è sovraccarica di una specie di elettricità morale».

 

 

Emily, amavate gli animali? 

In casa avevamo Keeper, il mio mastino, Flossy, lo spaniel bianco di Anne, regalo di una delle signorine Robinson, e il piccolo Dick, il canarino. Io non ho mai nascosto di preferire gli animali agli esseri umani.

(n.d.a.: Keeper la ricambiò e le fu fedele sempre anche dopo la sua morte. Il giorno del suo funerale, accompagnò il corteo, rimanendo quieto per tutto il tempo del servizio funebre: poi andò ad accucciarsi davanti alla porta della camera della sua padrona).
Charlotte, ti sei sentita gravata sempre di troppe responsabilità? 

 

Voglio bene alle mie sorelle. Questo suppongo sia chiaro. Ma di fatto ho dovuto sempre fare loro da madre, padrona di casa e inoltre tenere testa a mio padre non è stato facile.

 

Come fu, Anne, la tua esperienza come istitutrice?

 

Partii per andare a fare l’istitutrice in una casa privata, dagli Ingham, e a questa esperienza si ispira il mio primo romanzo Agnes Grey, che ne costituisce il diario. Nonostante fossi partita con le migliori delle intenzioni, convincendomi che fosse l’inizio di una nuova vita, insistendo per non essere accompagnata, benché estremamente timida, fui infelice e resistetti pochissimi mesi: i due ragazzi più grandi erano dispettosi e maliziosi e la madre non faceva che coprire le loro malefatte viziandoli oltremisura

 

 

Perché, Anne, volesti essere portata a Scarborough?

 

Volevo tornare a vedere il mare; ero stata a Scarborough mentre lavoravo per i Robinson e pensavo che il cambiamento d’aria mi potesse giovare. Avevo ricevuto da poco un’eredità di duecento sterline dalla mia madrina di battesimo e chiesi a Charlotte e alla nostra fidata amica Ellen Nussey di accompagnarmi. Amavo le passeggiate sulla spiaggia con un calesse trainato da un asino, ma non potei fare mai più ritorno a casa!

 

Charlotte, Jane Eyre può essere considerato il tuo capolavoro? 

Jane Eyre arriva dopo anni di lavoro ed è frutto della mia maturazione, sia personale che letteraria. Certo è il romanzo nel quale ho riversato tutti i miei pensieri e sentimenti provando a dare un’altra prospettiva alle cose e ai rapporti uomo/donna.

 

Emily, cosa rispose Charlotte a chi paragonò la sua Jane Eyre a David Copperfield?

Charlotte aveva letto David Copperfield e le era sembrato molto efficace, persino ammirevole in alcune parti. Riconosceva che avesse delle affinità con Jane Eyre, qua e là, ma va considerato quanto Dickens fosse avvantaggiato rispetto a lei, dalla sua variegata conoscenza degli uomini e delle cose.

 

Charlotte, che cosa puoi dirci dell’affare Thackeray?

 

Più ci penso e più mi convinco che farmi chiamare con uno pseudonimo in fondo era una buona idea. La gente pensa che ci scrive voglia appendere la propria vita privata come un lenzuolo, perché ciascuno veda e commenti da lontano, come più gli aggrada.

Il viaggio a Londra è stato molto istruttivo a riguardo. Erano tutti lì ad aspettarmi, pronti a giudicare cosa avevo scritto e perché, a chi mi ero ispirata e poiché il mio romanzo aveva avuto successo, volevano attribuirlo a Thackeray, il più grande romanziere del momento.

 

 

“L’ho sposato, lettore mio!” oggi hanno scritto una raccolta di racconti su questa frase emblematica, in realtà a chi era rivolta?

 

Non nascondo che ho pensato a una certa Madame di mia conoscenza a Bruxelles, ma è più giusto dire che lo dedico a tutte le donne del mondo, da ora in avanti!

 

 

 

 

 

 

 

 

Intervista doppia ad Amalia & Amaryllis

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Sono già usciti Polaris, dalla penna di Amaryllis, e Il Prezzo della Sposa scritto da entrambe: volete illustrarci il piano dell’opera?

La saga del Sestante di Amaryllis L. Medlar è composta da quattro romanzi: i primi tre coprono temporalmente il periodo dal 1853 al 1856, mentre il quarto è un Regency.

Dall’incontro fortuito di Amelia e Jacob, nel bel mezzo di una sala da ballo gremita di ospiti, prendono forma tutta una serie di vicende che coinvolgono quanti a loro più cari: Alek, Pasha, Effie, Alek, Kristoff…

Per quanto concerne le ambientazioni, il primo volume è interamente ambientato a Londra, nel secondo siamo in Scozia, il terzo varca la Sublime Porta. Sul quarto, per ora, silenzio stampa.Risultati immagini per polaris amaryllis

(l’immagine è di Antonia Romagnoli)

La saga della Sposa di Amalia&Amaryllis è una serie di quattro romanzi in forma epistolare corale, ambientati fra il 1870 e il 1888 in varie nazioni, partendo dalla Svezia e dalla Russia e allargandosi parecchio, fino a toccare altri continenti.

Si parte da un nucleo di personaggi vincolati da legami familiari e affettivi (ereditati dal primo volume del sestante) e ci si espande in un frattale di relazioni sociali che esplora una grande varietà di eventi, interazioni e sentimenti.

Ne “Il Prezzo della Sposa” (pubblicato a ottobre 2018) il tema portante è quello dell’amor vincit omnia, ossia del prezzo che si deve pagare per superare una serie di ostacoli e barriere al coronamento di un sentimento vero.

Ne “L’Onore della Sposa” (pubblicato a marzo 2019) si esplorano in modo più polifonico diverse forme di amore e il tema portante è quello delle apparenze in conflitto con la sostanza, con una serie di declinazioni davvero molto varia.

Nel terzo volume (in uscita entro l’estate 2019) il tema portante sarà quello dell’amore travolgente.

Nel quarto e ultimo volume (in uscita entro l’inverno 2019) il tema portante sarà quello dell’amore salvifico.

…e poi…e poi sorpresa, ci piace mischiare le carte in tavola!

C’è un ordine in cui vanno letti i vostri libri?

Idealmente, le due saghe, del Sestante (Amaryllis) e della Sposa (Amalia&Amaryllis), pur condividendo personaggi e situazioni, sono distaccate. Come collocazione temporale anzitutto, visto che il Sestante copre dal 1853 al 1856 (con un’incursione nel mondo Regency) mentre  la Sposa dal 1870 al 1888. Ma anche e soprattutto come forma narrativa, perché Polaris e i suoi seguiti inediti, sono romanzi narrativi, mentre i libri della Sposa sono tutti in forma epistolare e corali, ossia con un gran numero di personaggi, senza che sia sempre facile identificare i protagonisti.

I personaggi, con il distacco temporale di cui sopra, sono in gran parte gli stessi, ma le due saghe possono essere lette in modo indipendente senza perdersi nulla.

Cronologicamente si dovrebbe leggere prima Polaris e poi attaccare la Sposa, ma noi pensiamo, come opinione personale, che renda di più leggere il primo volume della Sposa e poi andare a scoprire il passato dei personaggi in Polaris, per proseguire con la Sposa.

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Come avete fatto a scoprire che la formula a quattro mani era vincente? Interessi, formazione comune o semplicemente è il caso che vi ha fatto incontrare?

Ci siamo incontrate per caso nel meraviglioso gruppo Regency&Victorian, decisamente galeotto, e scrivere insieme è stata si potrebbe dire una deriva naturale.

Non abbiamo fatto grandi speculazioni, è venuto da sé ed è stata – e continua ad essere – un’esperienza fantastica, perché come interessi siamo complementari e stilisticamente, pur nella diversità, estremamente compatibili.

 

 

Come recita il famoso interrogativo, è venuto prima l’uovo o la gallina? Ossia, qual è stata la scintilla che ha innescato tutto: l’idea di Polaris o de Il Prezzo della Sposa?

Polaris è stato terminato due giorni prima che iniziassimo a scrivere Il Prezzo della Sposa, che ha preso il via con una velocità impressionante e un’energia trascinante che ci hanno un po’ distolto dai rispettivi progetti in singola e portato a concludere la saga, come prima stesura, nel giro di pochi mesi. Ora le revisioni e pubblicazioni dei volumi successivi della Sposa procedono in parallelo con la scrittura del Sestante da parte di Amaryllis e le mille idee in cantiere di Amalia.

Ma di recente anche a quattro mani abbiamo iniziato (finito, ormai :P) qualcosa di nuovo.

Per molti aspetti, gli avvenimenti della Sposa hanno condizionato i seguiti di Polaris e, viceversa, i profili caratteriali che negli epistolari presentano i “magnifici sette” (Amelia, Jacob, Stiva, Alek, Pasha, Marfa, Effie) dovevano in qualche modo trovare riscontro nel passato. Passato e presente si sono influenzati a vicenda e i personaggi, scrivendosi si può dire da soli, ci hanno svelato moltissimo di se stessi. Speriamo riescano a sorprendervi come hanno sorpreso noi.

 

Che rapporto avete con gli pseudonimi?

Gli pseudonimi, avendo pubblicato singolarmente, erano già lì quando ci siamo conosciute e prima che decidessimo di imbarcarci in questa avventura.

Ma poi Amalia&Amaryllis suonava così bene, così vittoriano, che abbiamo deciso di abbandonare le nostre firme complete per dare vita a questa specie di marchio per gli epistolari, che amiamo moltissimo.L'immagine può contenere: testo

Da dove nasce la vostra passione per i Paesi dell’Est?

Ci piace molto il contrasto riscontrabile, nell’Ottocento, tra la Svezia, che per diritto, politiche sociali e cultura era tra le nazioni più avanzate d’Europa, e la Russia, dove tutto il potere era nelle mani di pochissimi ed il divario socio-economico era tragicamente ampio. Senza l’aiuto e l’appoggio dei Principi Kuragin, Ivan, un mezzadro affrancato, non sarebbe mai riuscito a sposare Ann, la figlia di un Pari di Svezia, per quanto si fosse sforzato di migliorare la propria posizione.

 

Ogni romanzo ha un tema predominante: in Polaris è la crittografia, ne Il Prezzo della Sposa il gioco degli scacchi, nel prossimo cosa dobbiamo aspettarci? In base a cosa li decidete?

Allora, per quanto riguarda la Saga della Sposa, abbiamo cercato di evocare nel titolo di ogni volume quella che sarebbe stata una delle particolarità della storia: il prezzo di un singolo pezzo, negli scacchi, rappresenta il valore del suo sacrificio, mentre l’onore, in ambito ottocentesco, speravamo richiamasse al modo più classico in cui questo veniva smacchiato, ossia sul filo della lama.

E per il terzo…aspettatevi Tempesta.L'immagine può contenere: 1 persona, persona seduta e spazio al chiuso

A cosa dovete la scelta del genere epistolare? Quali sono i maestri a cui vi ispirate?

Amalia si era già lanciata nel genere con Mia cara Jane e sicuramente ha saputo dare ad Amaryllis un abbrivio sulle modalità, che certamente differiscono dal narrativo puro.

I personaggi erano tanti, ansiosi di esprimersi, e visto che volevamo che parlassero con le loro parole e pensassero i loro pensieri, la forma epistolare era l’unica che rendesse loro giustizia e al contempo che esprimesse un aspetto così fondamentale del mondo ottocentesco come la corrispondenza, con le sue latenze temporali e i suoi sottintesi sopra, sotto e fra le righe.

I maestri sono molti, e vari e non so se siamo degne di chiamarli maestri, nel senso che ogni autore, qualsiasi cosa scriva e a qualunque livello, ha per maestri tutti gli autori che ha amato. E noi ne amiamo tanti. Citiamo solo Jane Austen, quella di Lady Susan e delle Lettere, che da sola basterebbe a fare genere.

 

Per quanto mi riguarda, siete riuscite a creare dei personaggi cui è difficile non affezionarsi, con uno stile accattivante e assolutamente originale. Quali sono gli altri vostri punti di forza?

 

Lavoriamo molto bene insieme, il che rende lo scambio di idee e opinioni estremamente fluido e articolato. In parallelo al romanzo pubblicato ci sono centinaia di pagine di parti tagliate, conversazioni e commenti, piccoli brani, note, per cui i personaggi hanno tutti anche una parte sommersa che noi chiamiamo “a uso interno” che li esplora più a fondo e che rende più facile e credibile renderli “vivi” nelle parti che poi passano l’esame e vengono approvate.

Cerchiamo innanzitutto di essere realistiche e di non violare lo spirito dell’epoca esplorata, pur creando anche personaggi che si scontrano duramente con la rigida morale vittoriana. La credibilità e la coerenza psicologica dei personaggi sono aspetti ai quali attribuiamo moltissima importanza e però ne attribuiamo anche, opportunità questa offerta dalla forma epistolare, alle diverse visioni che hanno, del medesimo personaggio, tutti gli altri che gli sono intorno e non smettono di scrivere.

Uno dei personaggi “storici” che ha assunto particolare rilevanza nella saga è Aleksandr Porfirevich Borodin, noto principalmente oggi per le sue composizioni musicali (Principe Igor tra tutte) era ai suoi tempi stimato e conosciuto principalmente come professore di chimica all’università di San Pietroburgo – quella dove Lena, per quanto meritevole, faticherà non poco per essere ammessa – e per essere stato il principale, strenuo sostenitore del primo corso aperto alle donne in medicina (con specializzazione in ostetricia) di tutta la Russia. Anche il buon Tchaikovsky, che non ha bisogno di presentazioni, lo abbiamo chiamato in causa e, come Borodin, da personaggio marginale, ha guadagnato i suoi spazi nei volumi successivi al secondo.

Il vostro pregio è aver dimostrato che si possono allargare gli orizzonti e le latitudini, e parlare di amore e corteggiamento dell’Ottocento anche al di fuori dei salotti inglesi. Qual è il messaggio che intendete lanciare?

Indubbiamente il mondo vittoriano, dove l’aggettivo si deve intendere in senso lato, ha superato ampiamente i confini dell’Impero Britannico, il quale, pur mantenendo una posizione strategica, non era certamente l’unica realtà che si potesse incontrare nell’Europa di quel tempo. Ci siamo divertite, letteralmente, a viaggiare in varie epoche e immergerci in mentalità diverse, dalla corte dei Romanov alle vicende matrimoniali di Francesco Giuseppe fino ai monti del Tirolo e a sconfinare, nell’ultimo volume, in terre molto lontane.

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Avete poi uno speciale modo di raccordare i vostri romanzi -sulle vostre pagine autore nei social- con immagini, per lo più opere pittoriche, rappresentative: è secondo me un bellissimo percorso, attraverso le varie forme dell’arte, che potenzia la capacità espressiva della parola scritta.  Era questo l’intento?

 

Pensiamo che l’iconografia sia uno strumento essenziale per entrare nello spirito dei romanzi che scriviamo, perché permettono di entrare in un mondo diverso dal nostro e ormai molto lontano, per molti aspetti. Ciò non toglie che ci siano anche quadri temporalmente successivi che rispecchiano perfettamente scene o personaggi del romanzo.

Un grande aiuto ci viene anche dalle fotografie, specialmente per la parte finale de La Saga della Sposa.

 

Qualche anticipazione sul prossimo romanzo? La data di uscita?

Il secondo volume de La Saga della Sposa, intitolato L’onore della Sposa, è uscito a marzo 2019 e sta avendo un successo insperato: è bellissimo vedere la grande famiglia di A&A crescere ed espandersi.

Per il terzo, abbiamo in progetto di pubblicarlo entro la prossima estate e la saga si chiuderà col quarto volume entro l’anno

.L'Onore della Sposa (Saga della Sposa Vol. 2) di [Frontali, Amalia, Medlar, Amaryllis L.]

Un affascinante proseguo del 2019 ci aspetta, non solo per farci emozionare ma anche per imparare. Grazie e complimenti a voi per l’originalità, l’inventiva, le competenze e le capacità.

 

Romina