Intervista a Louisa May Alcott di Romina Angelici e Margherita Valery
Sei passata alla storia come l’autrice di Piccole Donne. Ma il tuo vissuto suggerirebbe che la visione del mondo del reverendo March ti andasse stretta. Che sai dirci di questa dicotomia?
Ho dovuto conviverci una vita! Tutta la vita sono stata dietro alle aspettative che avevano su di me, considerata sempre la pecora nera della famiglia, e mai ho avuto da mio padre la soddisfazione di essere accettata per quella che ero.
C’è un prezzo da pagare per la ribellione, a questo mondo?
Mi è sempre sembrato che Jo fosse emblematica di questo messaggio.
Se ti ribelli all’ordine costituito il prezzo che rischi di pagare è quello di esserne esclusa e restarne fuori per sempre.
A casa mia funzionava così: o ti adeguavi (o facevi finta di adeguarti) alle regole, oppure ti mettevano all’angolo additandoti come un essere spregevole da emendare di tutti i suoi difetti di superbia.
La domanda che ci siamo fatte tutte.
No, non perché Marmee non abbia già soffocato col cuscino quel rompiscatole del Reverendo March.
Perché Amy e Laurie. Perché.
Perché era il finale che vi aspettavate tutte e mi avevate stancato con tutte quelle lettere in cui mi pregavate di far sposare Jo e Laurie.
Dovete ficcarvi bene in testa che per una donna non c’è solo il matrimonio come scopo nella vita!
In Piccole Donne, l’educazione non pare avere un ruolo centrale nella vita delle giovani sorelle. Tu hai frequentato scuole superiori?
Io avevo la scuola in casa e con mio padre era una lezione continua. Semmai sono state scuole inferiori, le mie, nel senso di infime, legate a esperienze di bassissima qualità, come il periodo di Fruitland può far ben capire.
In compenso ho conosciuto così tante personalità che entravano e uscivano dal salotto di casa mia che mi facevano girare la testa (anche troppo)
Piccole Donne per i soldi, lo sappiamo. Le altre opere perché?
Piccole donne si è rivelata la mia gallina dalle uova d’oro e i libri che sono seguiti, tutti sulla stessa scia, hanno proseguito quel filone d’oro.
Avevi qualche autore inglese preferito? O come tutti noi hai scoperto JA solo con Colin Firth che emerge ignudo dal laghetto?
Amavo Dickens, conoscevo i suoi romanzi a memoria ma poi quando lo incontrai a Londra fu per me la fine di un mite. Era un leziosissimo dandy, vestito in modo sgargiante e chiassoso, del tutto diverso da come lo avevo sempre immaginato.
La signora con l’uomo nudo che nuota nel laghetto la vorrei conoscere perché io andavo a sbirciare Thoreau nei boschi…
Andiamo sul pettegolezzo becero. Qualche avventura piccante per la sezione rosè?
Di avventure ne ho avute diverse, pare che avessi un particolare talento per cacciarmi in situazioni scabrose o disdicevoli, ma non ditelo a mio padre altrimenti potrebbe rivoltarsi nella tomba. “Quando andai a servizio” il padrone voleva da me molto più che lucidargli le scarpe e quella volta a Parigi, be’, ero stanca di stropicciare cuscini per Anna Weld: l’ho piantata in asso e me ne sono andata in giro con Ladislaw…
Mi innamorai anche di un giovane attore, sempre più piccolo di me… con il quale appunto non avevo un futuro…
Non so perché, ma avevo un debole per i ragazzi più giovani di me… Oggi non farebbe tanto scalpore!
Sappiamo che l’azione non ti spaventa, sei stata infermiera in guerra. Qualche aneddoto?
Avrei voluto tanto essere un uomo per andare a combattere ma ho dovuto accontentarmi di lavorare per chi poteva farlo e così sono partita come infermiera. da campo. Durante il mio servizio ho conosciuto un giovane John Sulie, un ragazzo semplice, devoto alla madre… gli stetti vicino fino alle ultime ore della sua vita.
Seppi solo dopo al mio ritorno che alla mia partenza, mio padre disse: “E’ partito il mio unico figlio maschio”. Questo vi può far capire chi era mio padre e che considerazione avesse di me. Come potevo venire con un padre così?
Facile facile. Garibaldi o Napoleone III?
Beh, ti stupirò… né l’uno né l’altro… Vado su un giovane e romantico Mazzini che incontrai per caso a Londra e mi affascinò con il fervore delle sue idee (e anche altro)!
Come andò il soggiorno a Roma?
Durante il mio secondo viaggio in Europa, quello fatto insieme alla sorella May e ad un’amica, ci spingemmo oltre la Svizzera, scendendo in Italia e passando per il lago di Como, Milano, Bologna e Firenze, fino ad arrivare a Roma. Qui, ci stabilimmo per sei mesi in un appartamento di Piazza Barberini dove May prendeva lezioni di disegno e pittura e io cercavo di proseguire la saga di Piccole Donne con una nuova puntata, nel frattempo però ho trovato anche il tempo di posare per un ritratto a olio che mi fece il pittore George Healy.
Purtroppo il clima spensierato e riposante del soggiorno europeo fu rovinato dalla notizia della morte improvvisa di mio cognato John Pratt: non facevo altro che pensare ad Anna e ai suoi ragazzi e a loro mi sono ispirata nello scrivere Piccoli uomini.
Ho raccontato questa esperienza nel racconto Shawl Straps (Borse da viaggio) dove potrete riconoscermi sotto le mentite spoglie della vecchia zitella Lavinia!
Cime Tempestose o Jane Eyre?
Dopo aver letto la Biografia di Charlotte Brontë scritta dalla Gaskell sono rimasta affascinata dalla vita della scrittrice inglese (con cui ravvisavo delle affinità
Solo che, nonostante avessi un debole per Jane Eyre, non posso perdonarle “di aver sposato quell’uomo” (che le aveva taciuto di essere già sposato).
I libri sono come figli e una mamma non ha i preferiti. Ma il tuo, qual è?
Il primo, Mutevoli umori, quello che si sono rifiutati di pubblicare all’inizio e che poi, una volta diventata famosa, ho potuto riproporre prendendomi la mia rivincita. Nessuno mi ha capito, nemmeno quell’intelligentone di Henry James
Hai dei rimpianti, Louisa?
Sì, diversi, non ho fatto la vita che volevo ma quella che il dovere e rispetto hanno deciso per me.
Fonti
Martha Saxton, Louisa May Alcott. Una biografia di gruppo, Jo March Edizioni
Romina Angelici, Non ho paura delle tempeste, Vita e opere di Louisa May Alcott, Flower-ed