Archivio | febbraio 2019

Jane va in città

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Ah Londra, adoro andare in città e mi do anche una certa aria di importanza quando posso affermare, senza tema di smentita nella nostra cerchia, che vado a Londra per i miei affari. Difficilmente il viaggio mi crea noie e le locande di posta presso la quali sostiamo, sono un vero coacervo di umanità interessante e laboriosa; quando poi giungo a destinazione, ci pensa Madame Bigeon, la governante di Henry che si occupa di lui da una vita (dai tempi della povera Eliza), ad alleviare qualsiasi imbarazzo di stomaco e a rendermi pronta e in forze per affrontare la città.

Non che i viaggi in diligenza siano una passeggiata: devo ammettere che più di una volta abbiamo rischiato di perdere una ruota e addirittura persino il mio bagaglio. Fortunatamente le mie cose sono state recuperate e il baule è giunto a destinazione con un solo giorno di ritardo.

D’altro canto ho uno stomaco di ferro che mi permette di affrontare con grande stoicità l’ondeggiare dell’abitacolo e le lamentele di nostra madre, almeno in quelle felici occasioni in cui è lei la mia compagna (qui ci sarebbe voluto uno svolazzo della penna per sottolineare l’ironia della mia espressione, cosa che voi oggi fate con una di quelle faccine impertinenti!)

 

In sostanza mi ritengo molto fortunata ad avere un fratello che abita a Londra, in città gli svaghi sono molto più numerosi e ricercati rispetto a quelli che può procurare un Vicinato pettegolo.

Infatti, mi domando spesso: Per cosa viviamo a fare se non per far divertire i nostri vicini, e ridere di loro a nostra volta?

 

Comunque, quando sono in Henrietta Street, adoro andare a teatro e fare acquisti, anche se quando sono da sola mi devo accontentare di sbrigare commissioni per nostra madre e acquistare mussolina a buon mercato, mentre quando sono in visita con mia nipote Fanny non badiamo a spese e frequentiamo i migliori negozi.

L’economia femminile può fare molto, ma non può cambiare un piccolo reddito in uno grande.

Di mussola c’è sempre bisogno in una casa, come del tè, perché la mussola si presta sempre per qualche uso. Non si può mai dire che la mussola vada sprecata.

 

Devo ammettere che passerei intere giornate alla Grafton House dove potrei trovare di tutto. Le mercerie sono molto pericolose per me.

Ultimamente mi sono rovinata per un nastro di raso nero con un bordo di perline; e ora sto cercando di applicarlo con un motivo a Roselline, invece di metterlo in una semplice doppia treccia.

 

Non sempre però le visite in città con le mie nipoti sono così piacevoli. Dal parrucchiere non si sa mai come andrà a finire mentre dal dentista sono sempre dolori. Durante le sedute, pianti e strepiti arrivano fin dietro la porta del suo studio, tanto da farmi decidere di riportare a casa il mio mal di denti al quale sono ormai affezionata. Ho già avuto una brutta esperienza con il parrucchiere che, se possibile, è altrettanto impietoso. É stato molto puntuale e mi ha arricciato i capelli a un ritmo eccezionale. Pensavo di essere orribile e desideravo un cappellino, ma le mie compagne mi hanno zittito con la loro ammirazione. Avevo solo un po’ di velluto intorno alla testa.

 

Tutto sommato i miei soggiorni a Londra sono sempre piacevoli, ma con poco da dire di essi in fatto di novità rilevanti; due o tre cene a casa, alcuni deliziosi giri in calesse, e tranquille bevute di tè con i nuovi conoscenti: questa può esserne la loro eloquente sintesi.

Ciò nonostante servono a movimentare la mia vita e a farmi sentire meno sola, oltre che a fornirmi nuovi spunti per i miei romanzi. E poi, confesso che nutro la segreta speranza di incontrare Robert Ferrars da Gray mentre sceglie un astuccio per stuzzicadenti: non me lo perderei per niente al mondo!

 

 

 

 

 

 

 

Jane e la brava governante

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È piuttosto impertinente dare consigli sulla cura domestica a una donna di casa. E non mi sognerei mai di farlo, proprio io poi.

Dico solo che una parte considerevole della nostra felicità domestica è una buona torta di mele.

Lo dico sempre alla cara Cassandra ma lei sembra non pensarla allo stesso modo; nostra madre, poi, ha stabilito di votarsi solo alle carni e si dedica ai prosciutti come se non ci fosse un domani.

Quelli che ha preparato per mio fratello Frank e consorte avranno costituito la loro provvista per tutto l’inverno, imbarcati su quel vascello, a largo delle Indie Occidentali, perché i prosciutti certamente non soffrono il mal di mare né c’è motivo per cui debbano temere la salsedine.

 

Una volta ho provato a cimentarmi con il montone, portandone in tavola un bel pezzo fumante seppure cotto al sangue, ma il nostro ospite non deve averlo apprezzato per via della sua dentiera e le mie velleità di perfetta padrona di casa finirono lì, in quel giorno.

 

Se ai fuochi non posso dire di avere spiccate doti culinarie, riconosco di essere più brava nella gestione domestica.

Sono una brava governante: mi preoccupo sempre di procurare cose che soddisfino il mio appetito, cosa che considero il principale merito in questo ruolo.

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Mi sono sentita importante quando mia madre mi ha consegnato le chiavi della dispensa e ho cercato di non pensare che le avevo ricevute solo perché in quel periodo Cassandra non era a casa con noi. Ho cercato di essere il più parca e oculata possibile nel dosaggio di burro e zucchero, ma se c’è una cosa a cui posso rinunciare volentieri è solo il latte nel tè.

Non posso sopportare chi mette il latte nel tè, il tè è sacro e il suo aroma non andrebbe rovinato con alcuna aggiunta ma è un mondo vile, siamo tutti concentrati su noi stessi e non mi aspettavo di meglio da nessuno di noi. Ma anche se il meglio non me lo aspetto, il burro potrebbe arrivare, almeno dalla mucca della signora Clement, dato che ha venduto il suo vitello.

 

Il tè. La mia bevanda preferita; non a caso l’ho citato circa una cinquantina di volte nei miei romanzi, non può mai mancare negli snodi strategici della narrazione e della vita. Il momento del tè è il momento della giornata attorno al quale le mie famiglie preferite organizzano la loro vita, sociale e non, è quello che mette d’accordo tutti, in campagna e in città e Mrs Bennet sarebbe contenta di poter sbandierare a Mr Darcy che “quelli di  Longbourn” si servono da Twinings tanto quanto “quelli di Pemberley”.

Non disdegno il gelato e il vino francese ma non faccio la difficile:  nel bel mezzo di Porto & Madeira trovo il modo di pensare molto spesso alle bottiglie di Idromele e devo assolutamente procurarmi la ricetta di un ottimo vino all’arancia prodotto, interamente o principalmente, con arance di Siviglia.

Sono ormai giunta a una felice considerazione: poiché devo smettere di essere giovane e spesso devo anche fare da chaperon, cercherò di trarne tutti i vantaggi possibili come per esempio, sedermi sul divano vicino al fuoco e bere tanto vino quanto voglio.

 

Jane Austen di Chawton

Solitudine

amoreSiamo soli alla nascita

soli nelle prove

soli finanche nelle gioie.

Soli nei letti d’ospedale

soli nella difficoltà

o nella gloria.

Cerchiamo sollievo nell’amore di qualcun altro

ma il destino ci inchioda

da soli

Poesie 1992-2018 di Giulio Di Fonzo

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Le parole sono gemme preziose nelle mani del prof. Giulio Di Fonzo che con cura le cesella affinché sprigionino il loro bagliore più rilucente. Incastonate sulla pagina bianca, come un ricamo di filigrana finemente lavorato, realizzano un disegno complesso nella cui trama ogni filo è irrinunciabile.

Ecco quindi che sia letto sia decantato, nella compiutezza del verso, la loro musicalità è suadente come velluto dalla carezzevole morbidezza.

Le poesie di Giulio Di Fonzo dischiudono un mondo sospeso, senza categorie di tempo e di uno spazio solo suggerito attraverso immagini forti, di gioie e di dolori espresse con intensità vivida e disarmante, con la durezza repentina di un diamante e l’incanto di una tenerezza. I versi dedicati alla madre ne sono un eloquente esempio:

Tu che sciogli i grovigli delle stelle

La maestria stilistica con cui sono dosate pause e figure retoriche creano un paesaggio tematico e pieno di suggestioni: le allitterazioni sonore evocano struggenti emozioni che rimandano alle esperienze contemplative e fantasie vissute da cui il poeta attinge l’ispirazione.

Particolarmente incisivi gli incipit capaci di evocare atmosfere sublimi ed efficaci le liriche brevi da cui sgorga puro e concentrato il melos cantato dagli antichi poeti greci.

Si sciupa questo giorno col suo esistere

oppure

Tutto la sera disfa e acqueta

 La narrazione interiore del poeta non inizia con il primo verso né con la prima pagina; il poeta è qualcuno che non finisce mai di perfezionare il suo percorso perché alla continua ricerca di una risposta a sé, all’esistenza, all’amore. Più che da dati oggettivi la verità arriva attraverso le ali di una visione che perturba l’animo e lo conduce a vette di meravigliose intuizioni:

Radioso mattino. Diffuse

Di luce acque cullate.

 

E del mare placato la gran quiete.

 

Giulio Di Fonzo
POESIE 1992-2018

Giulio Di Fonzo è nato a Roma, città in cui vive. Qui insegna Letteratura italiana moderna e contemporanea presso l’università di Tor Vergata. È uno dei maggiori studiosi della poesia di Sandro Penna, ma si è occupato a lungo e diffusamente anche della lirica del Cinquecento e del fenomeno del petrarchismo italiano ed europeo. Fra gli altri, ha in particolar modo studiato l’opera di Giacomo Leopardi e di Ugo Foscolo. Tra le sue numerose pubblicazioni, si ricordano le monografie: Sandro Penna. La luce e il silenzio (Roma, 1981); La negazione e il rimpianto. La poesia leopardiana dal “Bruto minore” alla “Ginestra” (Roma, 1991). La poesia di Albino Pierro (Galatina, 2008) e Immagini di natura e ritualità classica. Studi sui “Sepolcri” e sulle “Grazie” del Foscolo (Soveria Mannelli, 2008). Infine, ha scritto ampi saggi su d’Annunzio, Ungaretti, Montale, Manganelli, Amelia Rosselli e altri contemporanei italiani.

Titolo: Poesie1992-2018
Autore: Giulio Di Fonzo
Editore: Edizioni Croce

http://www.edizionicroce.com/libro.asp?idLibro=816&autore=1

 

Anne di Tetti Verdi

 

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Anne di Tetti Verdi

di Lucy Maud Montgomery

Traduzione di Enrico De Luca

Edizioni: Lettere animate

Quanto vorrei ritrovare il gioioso stupore che brilla negli occhi di Anne alla vista delle più piccole meraviglie della natura. Vorrei bearmi come lei del miracolo che si rinnova ogni giorno sotto i nostri occhi ormai spenti, perché disabituati a vedere veramente.

Anne è incantevole, una ragazzina ingenua, già provata dalla vita, ma che si stupisce ancora di ogni cosa e si nutre della bellezza di ciò che la circonda. Anne ci ricorda di non dare nulla per scontato e che la bellezza è nelle piccole cose. Ella è la positività personificata.

Provenendo dalle edizioni per ragazzi, non ricordavo affatto la poesia estatica delle descrizioni della natura che circonda Tetti Verdi o la fine ironia che rende così divertenti i dialoghi tra la (finta) dura Marilla e l’entusiasta Anne.

I personaggi sono caratterizzati in modo estremamente realistico e la resa linguistica permette di apprezzarne le particolarità caratteriali e comportamentali e figurarseli concretamente.

Ogni frase di Matthew inizia con un “Beh, ecco” che già lo descrive, timoroso e insicuro, ma all’occorrenza anche tenacemente caparbio.  A Marilla sono riservate battute sarcastiche che nel contenere gli slanci esaltanti di Anne producono un effetto molto spassoso.

L’edizione è di indubbio pregio perché oltre a restituirci un capolavoro della letteratura universale nella sua versione integrale originale, si distingue per l’estrema cura e attenzione che riserva al lettore, assistito da mille preziose informazioni e spiegazioni, e accompagnato attraverso il fitto intreccio di citazioni letterarie disseminate nel testo.

Le sottolineature dell’autrice non sono mai pedanti e la lettura è piacevole e coinvolgente nella forma e nella sostanza, per lo stile e per i contenuti. Spesso l’apertura di capitolo schiude una sinfonia di colori e di profumi inebriante:

Ottobre fu un mese meraviglioso a Tetti Verdi, quando le betulle nella valle divennero dorate come la luce del sole e gli aceri dietro al frutteto erano di un regale cremisi e i ciliegi selvatici lungo il viale indossarono le più belle tonalità di rosso scuro e verde bronzo, mentre i campi si crogiolavano al sole.

Potrei definirlo un romanzo di formazione al contrario: seguendo la crescita e la maturazione dell’eroina, è il lettore a crescere a sua volta e ad imparare un inestimabile insegnamento di vita.

Quando ho lasciato la Queen’s il mio futuro sembrava distendersi davanti a me come una strada dritta. Pensavo di poterla vedere chiaramente per miglia di distanza. Ora c’è una curva in essa. Non so cosa ci sia dietro la curva, ma voglio credere che ci sia il meglio. Ha un suo fascino quella curva, Marilla. Mi domando come sia la strada al di là… cosa ci sia di verde splendore e delicato alternarsi di luci e ombre… quali nuovi paesaggi…. Quali nuove bellezze…. Quali altre curve e colline e valli più in là

Il suo candore estatico è contagioso, la sua capacità di reagire alle storture della vita sorprendente e i suoi difetti trascurabili. Assolutamente non conosce mezze misure e si nutre solo di grandi passioni: lo sconfinato amore per Diana, la sua amica del cuore, e il profondo astio per Gilbert che ha osato prenderla in giro per i suoi odiati capelli rossi.

La signorina Barry, la bisbetica zia di Diana, è rimasta però conquistata dai modi spontanei e franchi di questa singolare ragazzina e così la definisce:

Anne ha tante sfumature quante l’arcobaleno e ogni sfumatura è la più bella finché dura.  

E da lei desidero fortemente continuare a lasciarmi incantare.

 

 

Mamma Natale. Racconti di scrittrici tra Otto e Novecento. Edizioni Croce

 

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Si tratta di un’antologia tutta al femminile, firmata da autrici che ci regalano il loro dono più prezioso, quello della scrittura. Ciascun racconto reca di ognuna le caratteristiche inconfondibili e mostra come i loro occhi vedono e il loro cuore vive il Natale, dal modo più crudo a quello più poetico. Otto racconti cui si va ad aggiungere una preziosa appendice costituita dalla cartolina di Beatrix Potter (purtroppo, poco illustrata).

Otto modi di narrare i tanti significati del Natale: storie, spaccati di vita quotidiana, tradizioni e usanze, recando impresse le cifre stilistiche o descrittive di ognuna di loro a distinguerle e identificarle. Louisa May Alcott applica alla vecchia cavalla Rosa l’antica leggenda per cui la vigilia di Natale gli animali riacquistano per una notte l’uso della parola e ne “Il racconto di Rosa” ripercorre le alterne vicende che ha attraversato, dagli onori delle corse vinte quando era agile e giovane al rovesciamento di sorte in seguito a un incidente che la rende dipendente e bisognosa delle cure altrui: una parodia dell’esistenza umana?

Rosa vive come una donna indipendente, nel suo grande box e ha a disposizione un cortile privato che dà su un lato soleggiato del fienile. A occuparsi di lei ci pensa un gentile stalliere, e quando ha voglia di compagnia c’è la crema della società del luogo. Cos’altro potrebbe desiderare un cavallo giudizioso?

Un intento ancora più edificante si ripropone Elizabeth Gaskell con “Il cuore di John Middleton”: un ragazzo destinato, per tara ereditaria, a diventare un fuorilegge e redento dall’amore salvifico di una donna di fede. Ogni dualismo, che potrebbe degenerare in contrapposizione e ambiguità, viene risolto nell’ottica di una prospettiva evangelica di trionfo del Bene. Le scrittrici italiane si riconoscono all’interno di questa antologia per il loro crudo realismo e la concisione espositiva. Nella nicchia scavata dalla loro prosa asciutta e disadorna rappresentano il Natale dei miseri e dei semplici che si sforzano partecipare al messaggio gaudioso della Lieta Novella.

Lo fa con maggiore ironia “cittadina” la Marchesa Colombi che intitola il suo brano con un detto popolare che è tutto un programma: “Chi prima non pensa in ultimo sospira” e lascia il lettore a constatare l’inutilità delle recriminazioni sul passato.

Nella sua vita galante e senza pensieri, non aveva trovavo, come la nonna, tante gioie, da fargli dimenticare quell’una perduta.

E la cantilena del suo amaro pentimento: “Ah se avessi sposato Anna!”, accompagna il signor Loreni fino al suo freddo e inesorabile declino solitario. Il vero cuore pulsante del volume Mamma Natale è costituito dal racconto di Selma Lagerlof che racchiude l’incanto di questa festa ne “Il libro di Natale” visto con gli occhi di una bambina che desidera più di ogni altra cosa ricevere in regalo un libro. Esso diventa simbolo dell’affrancamento culturale della donna e veicolo di pura gioia:

Bisogna sapere che a Marbacka, la Vigilia di Natale c’è la consuetudine che, quando si va a dormire, si ha il permesso di portarsi accanto al letto un tavolino, di mettervi sopra una candela e poi di leggere quanto si vuole. E questa è la gioia di tutte le gioie del Natale.Niente è paragonabile al piacere di starsene là, sdraiati con un bel libro avuto in regalo, un libro che non si è ancora visto e che nessun altro in casa conosce, e sapere che lo si può leggere, pagina per pagina, fino a quando non si riesce più a stare svegli.

Questa raccolta non ha scadenza, Natale è stata l’occasione di dare voce a scrittrici che rimangono preziose e impareggiabili.