Archivio | gennaio 2019

Edith Wharton e Thomas Hardy

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Dai ricordi di Edith Wharton (in Uno sguardo indietro):
Thomas Hardy, comunque, lo incontrai parecchie volte, e sebbene fosse distante e riservato come la maggior parte dei nostri poco socievoli uomini di lettere americani, il suo silenzio sembrava dovuto a una invincibile timidezza più che al disprezzo del grande uomo per l’umile prossimo. Qualche volta, a pranzo da Lady St Helier, mi capitò di essere seduta accanto a lui, e mi fu relativamente facile sviluppare una moderata conversazione su argomenti letterari. Una volta ricordo di avergli chiesto se era vero che il direttore della rivista americana che aveva avuto il privilegio di pubblicare Jude The Obscure aveva insistito perché facesse apparire i figli illegittimi di Jude e Sue come figli adottivi. Egli sorrise e disse di sì, che era vero; ma aggiunse filosoficamente che questo non lo sorprendeva molto, perché il direttore della rivista scozzese che aveva pubblicato il suo primo racconto, aveva protestato perché egli aveva fatto uscire di domenica la coppia, cioè i due protagonisti, per una passeggiatina, costringendolo a spostare quel giretto a un giorno feriale!
Egli mostrava di interessarsi poco dei movimenti letterari del momento o di qualsiasi discussione critica del suo mestiere, ed ebbi la sensazione che fosse completamente chiuso nel suo sogno creativo, attraverso il quale immagino che poche voci o influssi mai lo raggiungessero.

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Piccole ironie della vita di Thomas Hardy

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Thomas Hardy racconta.

Raccolta di racconti legati da una situazione iniziale: uno straniero a bordo di un mezzo pubblico chiede notizie dei suoi ex compaesani ai compagni di viaggio e da loro gli vengono narrati gli aneddoti che riguardano le sue vecchie conoscenze.

Il filo conduttore comune è il pensiero hardiano che proclama l’ineluttabilità del destino, le ironie della vita, le situazioni grottesche a cui sono portati gli uomini, sciocchi e illusi, che sono solo zimbelli del Tempo.

Prefazione curata da Anne Messina, nipote della grande Maria. Piccole coincidenze della vita.

 

Vissi con le mie visioni. Vita di Elizabeth Barrett Browning. Di Carmela Giustiniani Flower-ed

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Una lettura istruttiva e affascinante, dal titolo evocativo, quella in cui mi conduce Carmela Giustiniani, la cui scrittura sa spiegare ed entusiasmare allo stesso tempo, con semplicità ed efficacia convincenti.

 

La vita di Elizabeth Barrett Browning (1806-1861) è una vita appassionata e appassionante, a cui non si può restare indifferenti ma anzi guardare con grande partecipazione emotiva.

 

Vivere di e con la poesia è una scelta che colpisce comunque, tanto più quando appartiene a una giovane ragazza che ha tutte le circostanze contro: di età, genere, epoca, estrazione sociale. Dalla sua, solo una determinata sensibilità e intelligenza che costituiscono la sua forza straordinaria nel mostrarle sempre la via giusta.

 

Minata nel fisico, indomita nello spirito, Elizabeth riesce a mettere in pratica il suo ideale di vita e a tradurre in realtà le sue visioni; sentì fin da subito quanto la forza della sua immaginazione fosse potente per controllarla e che l’ambizioso scopo della sua vita fosse fare qualcosa di importante.

 

Leggere è parte della mia vita e soffro orribilmente quando non leggo – l’anima divora se stessa.

 

Nella sua solitaria esistenza condotta in una torre d’avorio cesellata di letture e versi ricamati, irrompe con la sconvolgente urgenza di un anelito da sempre nutrito, il poeta Robert Browning che da valente cavaliere espugna quella stanza all’ultimo piano in cui la principessa si nasconde nell’oscurità. Da questo incontro organizzato dal destino e suggellato da profonde e definitive dichiarazioni d’amore, scaturisce una delle più belle storie romantiche di tutti i tempi.

 

“Mi avete toccata più nel profondo di quanto pensassi che perfino voi poteste. D’ora innanzi sono vostra per tutto”.

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Tra Elizabeth Barrett e Robert Browning si stringe un’unione che travalica le istituzioni sociali: il loro è un esempio di vita intimamente connessa all’arte, connubio d’amore e di poesia, niente di più sublime e vicino alla perfetta felicità raggiungibile da due anime su questa terra.

La biografia edita da flower-ed mi mostra un’Elizabeth Barrett Browning anticonformista per mentalità e per necessità, nemica degli orpelli imposti dall’ipocrisia sociale, paladina del vero e della libertà, unici principi ispiratori della sua condotta.

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Il legame con L’Italia, gli anni vissuti in Toscana, la causa dei moti del 1848 sposata con fede veemente, rappresentano un motivo di interesse in più per lei, anche se ad innamorare sono le sue poesie d’amore che parlano direttamente al cuore con un linguaggio universale e senza tempo.

 

Se devi amarmi, non sia per altro

Che per amore. Non dire:”L’amo

per il sorriso… lo sguardo… per il modo

gentile di parlare… per la mentalità

che si abbina alla mia e che certo un giorno

mi arrecò un senso di dolce sollievo” –

Perché queste cose, mio diletto, potrebbero mutare

per se stesse, o forse per te… e un amore siffatto

potrebbe disfarsi. E non amarmi

per la cara pietà che mi asciuga le guance: 

poiché chi sentì a lungo il tuo conforto,

potrebbe ben dimenticarsi di piangere,

e perdere quindi il tuo amore!

Ma amami per la gioia di amare, che possa sempre

Rinnovarsi in un’eternità d’amore!

Le impressioni di Berthe di Stella Stollo. Graphofeel edizioni

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La lettura si conferma un viaggio meraviglioso con compagni sempre nuovi da scoprire e il romanzo di Stella Stollo si rivela un mezzo di trasporto straordinario in questo senso.

Berthe Morisot, tormentata dalla ricerca di se stessa nella pittura e combattuta tra il desiderio di amare e di essere amata, è stata ricordata più per il suo legame con i fratelli Manet che per i suoi meriti intrinseci e le spiccate doti artistiche  che ne hanno fatto una delle pochissime esponenti femminili del movimento degli Impressionisti francesi.

Le impressioni di Berthe ci conduce alla scoperta di un mondo noto, quello degli Impressionisti, e di un mondo meno noto, al loro interno, fatto di relazioni e legami interpersonali dai risvolti umani determinanti prima che artistici.

Berthe è una ragazza benestante, appartenente alla buona società borghese, cresciuta al Louvre tra i quadri dei classici da studiare e copiare, innamorata dell’arte e smaniosa di emanciparsi attraverso di essa facendone la sua professione. La conoscenza con Edouard Manet, già famoso, segna l’inizio del suo risveglio. Il sodalizio con il pittore e maestro, di cui è alternativamente musa, modella e allieva, è intenso, burrascoso e altalenante. Berthe è alla ricerca della sua verità nell’arte, nella vita e nell’amore. 

Passerei tutti i miei giorni a guardarlo e ad ascoltarlo, a setacciare con lui il pulviscolo di istanti in sospensione nell’eternità…

Edouard è sposato e l’attrazione irresistibile che li spinge l’uno verso l’altra può trovare manifestazione solo sulla tela, attraverso colori e sfumature degli innumerevoli ritratti per cui lui la prega di posare.

Le violette significano costanza, mi hai detto un giorno. Sono il simbolo del nostro legame, ostinato e cieco, sentimento selvatico che non vuol sentir ragioni.

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Berthe è combattuta tra questa passione disdicevole, un fatale sentimento di odio-amore per Edouard e la tenerezza e l’affidabilità dimostratele dal fratello di lui, Eugene, che da sempre la ama e la ammira.

Se l’occhio trasmette al pennello le infinite nuances di colori che si rispecchiano nell’acqua o nel candore di un viso, il tumulto di sentimenti e di passioni che albergano il suo cuore non trovano via d’uscita.

So captare la luce e la sua impressione più suggestiva ovunque essa si posi: sugli abiti di Edma, sull’acqua del fiume, sulla foglia di un albero.

La sensibilità di Berthe, la sua reattiva emotività, l’amore speso nei rapporti con i suoi familiari e amici, sono la chiave di lettura dei suoi quadri e dei suoi acquerelli che meglio rimandano le impressioni delle sue visioni nel suo cuore.

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Dopo il grigiore della guerra franco prussiana del 1870, un’artista più matura e consapevole si impone sullo scenario della pittura parigina per tecnica e ideologia artistica assolutamente non convenzionali, ritagliandosi il suo spazio di celebrità accanto ad artisti del calibro di Monet, Degas, Renoir…

Degas è nel giusto quando afferma che se si parla di arte non si devono nominare né uomini né donne ma solamente artisti. Tuttavia, dobbiamo tener presente una cosa: per indurre il mondo ad accettare questa grande verità, come donna, avrai bisogno di un gruppo di amici, affini per intenti e disposizione d’animo, la cui stima e il cui affetto ti sia di sostegno e aiuto. E io credo che tu abbia già acquisito questa consapevolezza.

In questo libro non si parla solo di Berthe Morisot come pittrice impressionista, ma anche e soprattutto di lei come giovane donna, svelando e approfondendo il suo lato più intimo e umano.

 

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Lo stile utilizzato per la narrazione che ricorre a punti di vista diversi e compie frequenti incursioni nella sfera più privata di Berthe in particolare (ma anche leggendo i pensieri reconditi di Edouard) riportando brani epistolari, ma ancora di più con il flusso di coscienza libero, offre una visione a tuttotondo della protagonista mettendo il lettore in diretto contatto con i personaggi che hanno contornato il mondo di lei. La cronologia della storia procede attraverso  l’alternanza dei momenti dell’allestimento della mostra retrospettiva curata, nel 1896, presso la galleria Durand-Ruel da Degas, Renoir e Monet con la figlia Julie e la sorella Edma Morisot, e il racconto della circostanza effettiva che ha originato la singola opera, fungendo da collegamento continuo tra passato e presente; il tutto raccordato da una circolarità che fa aprire il libro con il capitolo intitolato “La festa del fidanzamento – Parte prima” e lo fa concludere con il capitolo dal titolo “La festa di fidanzamento – Parte seconda”.

Una lettura che mi ha emozionato e arricchito enormemente e che consiglio